Un titolo con il punto di domanda, per non sembrare – non è – uno slogan. La tentazione c’è sempre stata: prima i veneti, con il conseguente dibattito. Quali veneti? Nati qui? Arrivati da almeno un certo numero di anni? Di terza generazione? Se ne parlava quando c’era da fare il nuovo Statuto veneto, ma anche a ogni assegnazione di casa popolare o graduatoria per l’asilo.
Adesso, più che sui diritti, l’attenzione si è spostata sul lavoro: prima le venete, cioè le aziende. Gli ultimi sono stati gli artigiani di Venezia (Cgia): il restauro del ponte di Rialto deve diventare l’occasione per "restaurare" anche l’economia della città, dove si trovano capacità altissime, ma in grave difficoltà a causa sia della crisi che dei ritardi di pagamenti. Una richiesta formalizzata direttamente al Comune, e in attesa di risposta.
LAVORI PUBBLICI – Prima di loro ci avevano pensato i costruttori padovani: perché i lavori a sant’Antonio, una delle sole quattro basiliche pontificie situate al di fuori della capitale, dovrebbero essere affidati a imprese romane? E ancora: la progettata torre di Pierre Cardin a Marghera (che ancora è sulla carta, ma avrà arredi solo Made in Veneto, dalle lenzuola alle forchette – è la promessa – con tanto di accordo già firmato per l’utilizzo solo di vetro di Murano garantito dal consorzio Promovetro), l’attacco dell’Ance per i lavori alle strade di Mestre («nelle gare d’appalto in terraferma il Comune tende a prediligere imprese che hanno sede fuori provincia», segue stizzita replica dell’assessore), fino all’invocazione del governatore del Veneto Luca Zaia per la Valdastico (e altri): nei cantieri voglio sentire parlare veneto. Fra disegni e proposte di legge, spicca quella per l’innalzamento della soglia per gli appalti pubblici da 500mila a un milione di euro, firmata Pdl, un principio poi recepito dal Governo: «Le imprese venete non hanno le dimensioni per competere con i grandi gruppi europei: così si potrebbe garantire un occhio di riguardo». A sollecitare corsie preferenziali anche le mozioni presentate in tema di pesca costiera e di trasporto malati (testualmente: gli enti con sede al di fuori del territorio veneto, muniti di autorizzazione rilasciata da altra regione, non sono tenuti a rispettare gli standard di qualità qui previsti).
BANDI E CONCORSI – Lo scorso ottobre la "guerra dell’aranciata" ha messo di fronte i lavoratori veneti e quelli bergamaschi di Sanpellegrino: in Lombardia anche uno sciopero contro la nuova linea di produzione di lattine prevista in terra padovana.
Il Comune di Venezia è finito nel mirino del M5S per la (presunta) discriminazione contenuta in un bando: privilegiati coloro che hanno maturato esperienze lavorative al comune di Venezia rispetto a chi abbia lavorato in altre amministrazioni pubbliche. La Regione invece ha deciso che i 9 milioni destinati agli specializzandi in medicina andassero solo ai laureati in Veneto (Padova o Verona). A Jesolo lo scontro ha riguardato i limiti contenuti nel bando comunale per le protesi dentarie, a Vittorio Veneto il sindaco si è discusso della priorità agli italiani per l’assegno di assistenza mensile (e per gli immigrati senza lavoro un biglietto per tonare a casa).
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI – Cavallo nelle lasagne? Uno come Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord alla Camera, la risolve così: «I veneti mangino veneto: solo così potranno difendere le tradizioni e il lavoro della nostra comunità». «Io compro italiano e difendo il mio lavoro», aveva annunciato a Natale l’assessore (al lavoro, appunto) Elena Donazzan, facendo due conti: «Su 10 euro spesi in un centro commerciale, spesso di proprietà straniera, 80 euro finiscono all’estero, mentre la situazione si inverte se si comprano prodotti italiani e veneti, che fanno rimanere nel territorio denaro da rienvestire nel lavoro e nella produzione locale».
COME STANNO LE COSE – Sono sostanzialmente due le possibilità di assegnazione diretta per i lavori pubblici a imprese locali, cioè quelli in cui la legge consente la procedura negoziata o l’assegnazione diretta. Altrimenti, nelle gare pubbliche, la "preferenza" di una azienda sulla base dell’appartenenza territoriale sarebbe incostituzionale (esattamente come le dentiere o i posti di lavoro). Dunque, o si tratta di subappalti nei project financing, o di procedura negoziata sotto la soglia comunitaria. Nel 2010 il Veneto ha avviato un piano di "piccole opere" sotto la soglia (allora 500mila euro), per rilanciare l’edilizia.
L’IDEA DEL TRENTINO – Dagli stati generali (26 marzo) sull’edilizia la proposta di appalti pubblici più veloci: «La Provincia vuole snellire l’iter e favorire le imprese trentine», ha titolato l’Adige. Sul piatto 10 milioni di incentivi, e un meccanismo chiamato Irler messo a punto in due anni di lavoro. Si tratta di un sistemone nel quale tutti i dati inseriti – tempistica, materiali, numero di operai – verrebbero elaborati per rilevare eventuali anomalie dell’offerta. Con tutti i parametri sotto controllo, il "massimo ribasso" non diventerebbe più quello preponderante. Non solo: per le imprese locali sono già pronti i corsi di formazione sul nuovo metodo, per metterle in condizione di usarlo al meglio.
LO SPEZZATINO ALTOATESINO – Giusto un anno fa la pubblicazione sul bollettino ufficiale della nuova legge provinciale sugli appalti pubblici, nata per favorire le piccole imprese locali (e prontamente impugnata dal Governo). Le nuove disposizioni miravano a «facilitare l’accesso agli incarichi per l’esecuzione di opere pubbliche anche alle piccole ditte specializzate locali in modo da garantire posti di lavoro e ricadute economiche positive in Alto Adige». Oggi il dibattito continua.
Un ente pubblico attivo nell’area metropolitana di Bolzano ha recentemente indetto una gara d’appalto dal valore di 990mila euro. «Legalmente ci sarebbe stata la possibilità di utilizzare una procedura negoziata – spiega il presidente dell’APA, Associazione provinciale dell’artigianato, Gert Lanz – invece l’ente ha deciso di indire una gara pubblica: a quest’ultima hanno partecipato circa 90 imprese, la maggior parte delle quali proveniente da fuori Alto Adige».
Procedure negoziate e bandi con il criterio dei lotti e delle lavorazioni sono due opportunità su cui gli enti pubblici locali possono contare per favorire l’andamento dell’universo economico provinciale, è la tesi: «Questo concetto é chiaro giá dal 2012: le gare d’appalto possono, anzi dovrebbero, essere assegnate in base al criterio dei lotti e delle lavorazioni. Una distribuzione dei lavori basata su questo duplice criterio è decisamente significativa per le 13mila imprese artigiane altoatesine, che a conti fatti continuano a garantire un posto di lavoro ad oltre 44mila persone» prosegue Lanz.
Le imprese artigiane altoatesine hanno in media 3,3 dipendenti: «Sono spesso impossibilitate ad accollarsi da sole incarichi di entità superiore ad una determinata soglia. Gli enti pubblici dovrebbero sfruttare tutte le chance esistenti da un punto di vista organizzativo, in modo tale che alle gare possano partecipare più imprese con i medesimi standard a livello qualitativo – insiste Anton Maier, presidente della sezione di mestiere delle imprese movimento terra – In caso contrario le aziende non potranno reggere a lungo».
LE OCCASIONI ALL’ESTERO – Ma gli appalti sono una partita importante alla quale guardare anche oltre i confini. L’Eos – Organizzazione Export Alto Adige della Camera di commercio di Bolzano – organizza tre manifestazioni informative sugli appalti pubblici in Austria, Germania e Svizzera. La prima si è già svolta alla presenza di 21 imprese, ed era dedicata agli appalti in Austria. I prossimi appuntamenti sono in calendario il 17 aprile per parlare del sistema in Germania e il 30 maggio per illustrare gli appalti in Svizzera.
«In tempo di crisi i lavori pubblici assicurano entrate certe: l’amministrazione pubblica paga spesso in ritardo, ma comunque paga. Questo permette alle imprese una pianificazione più sicura». L’amministratrice della società di consulenza Pronorm Consulting di Bolzano, Paulina Schwarz, assiste numerose imprese locali nelle pratiche per appalti pubblici, soprattutto in Alto Adige e nel Nord Italia, ma anche all’estero. «Le gare pubbliche spaventano a volte le imprese per il loro elevato onere burocratico, ma di fronte alla situazione economica attuale anche le Pmi dovranno cercare nuovi settori di attività. La partecipazione a progetti pubblici all’estero apre nuove prospettive», spiega Schwarz.