Il sogno di ogni genitore, abituato a minacciare l’impossibile per staccare i figli dal gioco al computer. Una app che trasforma la matematica in un gioco, e più il bambino ci si applica, più impara: alla fine, proprio perché l’impegno cognitivo è notevole, smetterà da solo senza capricci.
Little smiling minds – piccole menti sorridenti – è il progetto che unisce il gioco e il digitale: obiettivo, sviluppare nel modo più divertente le funzioni fondamentali dell’intelligenza umana, iniziando ben prima della scuola. Il primo prodotto si chiama Contabosco, ma sono in preparazione anche Contamare e Contasavana: perché la noia e l’apprendimento non vanno d’accordo – è la tesi degli sviluppatori: una teoria che è una sciabolata agli esercizi ripetitivi e alle poesie imparate a memoria da generazioni.
PIU’ GIOCA PIU’ IMPARA – Alle spalle delle Little smiling minds c’è Digital Accademia, la società che all’interno di H Farm (incubatore e acceleratore di aziende a Roncade, Treviso) si occupa di formazione in ambito digitale per aziende e per privati, dai più piccoli agli anziani, con una attenzione particolare verso i cosiddetti digital native (cresciuti in un mondo popolato di computer, internet, cellulari). E c’è Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’università di Padova, membro del comitato scientifico dell’Accademia mondiale delle scienze di ricerca nelle difficoltà di apprendimento. Perché insegnare ai bambini solo dopo i sei anni? E perché non usare le nuove tecnologie, oggi così presenti nelle vite di tutti, bambini – nativi digitali – inclusi?
IL METODO – La app (a 3,99 euro su Apple store, link https://itunes.apple.com/it/app/contabosco/id673101369?mt=8) asseconda il modo in cui apprendono i bambini, e sfrutta le potenzialità del gioco, con colori e animali buffi e coinvolgenti. Perché l’intelligenza numerica – la capacità di vedere il mondo in termini di quantità – è innata: l’abbiamo ereditata dai nostri antenati, che per sopravvivere dovevano riconoscere dove il cibo era più abbondante, i pericoli più numerosi. Così le basi della matematica vengono insegnate assecondando abilità naturalmente presenti. E il ruolo dei genitori? Sostituiti dal tablet? Macchè: la app permette di seguire i progressi raggiunti dal proprio bambino grazie agli strumenti forniti nell’area riservata; ogni volta che il bimbo supera un livello di gioco, una mail comunica i progressi e offre consigli per proseguire, sempre divertendosi. Così è anche possibile rendersi conto di eventuali disturbi di apprendimento, e iniziare a correggerli. Il metodo – spiega Daniela Lucangeli – dà per scontato che un adulto incoraggiante e sorridente è un enorme stimolo per un bambino che impara: dire “adesso ti aiuto” è 89 volte più efficace di una sgridata. Se si cerca un passatempo per parcheggiare per un po’ il pargolo, insomma, meglio cercare altro.
QUELLO CHE C’E’ DIETRO – Lo sviluppo dei processi cerebrali dipende dal corredo genetico e dalle esperienze post natali. Sul primo non si può agire, sulle seconde sì. Parte da qui Daniela Lucangeli per spiegare perché un team di ricerca si è concentrato su un gioco, ma non uno dei tanti. “Chi ha figli a scuola sa che c’è un enorme aumento dei casi di dsa, disturbi specifici dell’apprendimento. Ovvero dislessia (lettura), discalculia, disgrafia e così via”. C’è una patologizzazione dell’apprendimento? “La natura è rigorosa, alle regole della distribuzione statistica non si sfugge. Dunque, a un certo numero di casi di bambini con problemi di lettura, scrittura o calcolo, dovrebbe corrispondere un incremento di quelli con eccezionali capacità rispetto alla media. Il che non accade”.
Lucangeli – che nei suoi studi in Italia e all’estero ha “ascoltato” il rumore che fanno le cellule cerebrali quando, stimolate, si attivano e creano collegamenti, punta sui giusti input per creare il maggior numero di connessioni, e anche battere sul tempo i disturbi dell’apprendimento. Un tema molto sentito viste le difficoltà, i riflessi sull’autostima, i costi delle terapie per difficoltà che tendono a presentarsi più frequentemente se in famiglia c’è già un caso.
La riflessione coinvolge anche l’attuale sistema scolastico: “Un sorriso è il più potente acceleratore dell’apprendimento”, spiega.
Il sogno? Mettere a punto applicazioni simili per ogni fascia di età, per ogni materia, lingue straniere incluse, mettendo in contatto la ricerca finora chiusa nei laboratori e le famiglie, e magari rubando un po’ di spazio alla marea di giochi per pc che oggi fanno leva su presunte capacità di far fare ginnastica ai neuroni. Un traguardo su cui lavorare senza perdere tempo: l’accelerazione cui siamo soggetti è in rapporto di 2 a 8, vale a dire che negli ultimi otto anni ci sono state tante modifiche ambientali, economiche, sociali quante ce ne attendono per i prossimi due.
Daniela Lucangeli