Ha 5mila anni, e una storia da raccontare: dal 1998 Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio, è esposto al Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano con tutto il suo equipaggiamento.
Cosa rende Ötzi così affascinante? La percezione che abbiamo di lui quasi come di un viaggiatore nel tempo. Venne ucciso oltre 5300 anni fa, mentre stava attraversando il Giogo di Tisa, in Val Senales (Alto Adige). Il suo corpo si è conservato naturalmente nel ghiacciaio. Più antico delle piramidi egizie e di Stonehenge, è il risultato di una serie di incredibili coincidenze. Ötzi visse nell’Età del rame, un’epoca inquadrabile nella fase finale del Neolitico. Utilizzava ancora oggetti in pietra, ma possedeva già anche un’innovativa e preziosa ascia di rame.
Dalla sua scoperta nel 1991, Ötzi fornisce a molte discipline di ricerca, sia naturalistiche che umanistiche, nuove informazioni sulla vita dell’uomo della preistoria. E con i mezzi moderni (un sito, una pagina Facebook con oltre 19mila fan) continua a raccontarsi e ad essere al centro di eventi.
In programma c’è ora una visita al “paziente” Ötzi, martedì 22 agosto e martedì 12 settembre al museo archeologico dell’Alto Adige. A svelare gli aspetti medici della ricerca sulla mummia sarà il professor Oliver Peschel. Il medico legale dell’Università di Monaco, da un anno incaricato della conservazione della mummia, condurrà la visita guidata. Per la prima volta i visitatori interessati agli aspetti medici avranno la rara occasione di porre domande specialistiche e di confrontarsi con l’esperto sullo stato di salute della mummia, sugli aspetti patologici e sulle sfide della conservazione.
Dopo una breve introduzione di Oliver Peschel e un piccolo rinfresco avrà luogo una visita guidata alla cella frigorifera. A seguire una breve visita archeologica in compagnia della direttrice del museo archeologico Angelika Fleckinger. Entrambi gli appuntamenti avranno inizio alle 17.30 e si svolgeranno in lingua tedesca. Il costo di partecipazione è di 9 euro a persona (inclusi ingresso, visita guidata e rinfresco). Non è necessaria la prenotazione.
Quando l’anno scorso Ötzi ha “compiuto” 25 anni al museo, di lui si sono occupati articoli e servizi su WallStreet Journal, The Guardian, Time, Daily Mirror, Forbes, Washington Post, Discovery, BBC, NBC, Arte, The Teleghraph, Daily Mail, Huffington Post, ecc. Analoga eco anche sui media europei come Neue Züricher Zeitung, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Bild, Geo, Die Welt, Stern, Der Standard, Le Figaro, El Pais, ecc. Non solo: di Ötzi hanno parlato anche media turchi, indiani, dell’America Latina, Canada, Russia ed Egitto. L’altoatesino più famoso al mondo, praticamente, “una vera e propria celebrità ed ha fatto conoscere l’Alto Adige nel mondo aprendo una sorta di finestra verso l’età della pietra” come ha detto l’assessore Mussner.
Anche la ricerca prosegue: recentemente una scoperta del team di ricercatori di Archeometallurgia ha mostrato che la provenienza dell’ascia in rame dell’Uomo del Similaun è l’area della Toscana meridionale. Fino a oggi si riteneva invece che la produzione e la circolazione del rame in area alpina nel IV millennio a. C. avessero origine solo da depositi centro-europei e balcanici
Sempre a Padova, lo scorso aprile, un seminario organizzato dalla Scuola di Dottorato in Storia, critica e Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Padova ha discusso delle conoscenze attuali su Ötzi. In particolare si sono esaminate due diverse ipotesi sull’origine del corpo di Ōtzi: la cosidetta “teoria del disastro”, secondo la quale il guerriero sarebbe caduto ad alta quota in un agguato, morendo sul posto e venendo immediatamente ricoperto da coltri ghiacciate con tutto il suo equipaggiamento di montagna, e la “teoria della tomba”, secondo la quale, al contrario, si tratterebbe del crollo di una sepoltura formale e del suo corredo funebre posta sul passo del Similaun per segnalare e sacralizzare il confine politico di una locale tribù.
La prima ipotesi, sinora accettata dalla maggioranza degli studiosi e dai mass media, tende a considerare la scena del rinvenimento alla stregua della scena di un antico delitto, al punto che recentemente un profiler della polizia di Monaco è stato invitato dal gruppo di ricerca sulla mummia a identificare modalità, moventi e colpevoli dell’uccisione preistorica. L’ipotesi alternativa, sostenuta da studiosi di Padova, dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Università del Kansas (USA) e del Museo Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma, considera piuttosto la tomba crollata un antecedente dei siti dell’età del Rame posti sull’arco alpino nei quali imponenti stele scolpite in pietra con immagini di guerrieri armati rendevano sacri i confini e i passi di montagna.
L’uomo del ghiaccio ha ispirato anche un film: proprio l’8 agosto c’è stata l’anteprima di “Iceman”, diretto da Felix Randau, presentato in prima mondiale al Festival di Locarno. Il film, con Jürgen Vogel nel ruolo del protagonista, immagina che cosa può essere accaduto sul Giogo di Tisa 5300 anni fa – quando Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio, fu assassinato a tradimento con un colpo di freccia – e, soprattutto, perché. Il regista ripercorre gli ultimi giorni della vita di Ötzi e gli avvenimenti che potrebbero aver portato alla sua morte misteriosa.