Un trattamento innovativo, basato sull’azione di principi attivi di derivazione naturale per raddoppiare la durata dei sostituti valvolari cardiaci di origine animale. BCI, BioCompatibility Innovation, è una startup innovativa padovana che coinvolge due biologi con esperienza accademica e che ha già ottenuto 700mila euro di finanziamenti. A settembre prenderà il via una prima sperimentazione ufficiale della procedura messa a punto, con la collaborazione del Policlinico Universitario Gemelli di Roma.
A metà del 2018 è in programma uno studio pre-clinico europeo della durata di due anni. Se tutto andrà secondo i piani, nel 2021 la tecnologia sarà utilizzata per trattare le valvole da impiantare nell’uomo.
Il problema da risolvere
Alessandro Gandaglia e Filippo Naso hanno messo alla base del procedimento l’inattivazione di una molecola (alpha-Gal) che scatena le reazioni avverse nelle attuali protesi valvolari cardiache di tipo biologico (bioprotesi). «L’antigene alpha-Gal è una piccola molecola espressa in tutti i mammiferi ad eccezione dell’uomo. Anche i tessuti animali utilizzati per la fabbricazione degli attuali sostituti valvolari cardiaci (principalmente suino e bovino), presentano questa caratteristica – spiega Filippo Naso – Tale molecola è la principale responsabile dell’instaurarsi di reazioni immunologiche che portano alla degenerazione e alla disfunzionalità della bioprotesi valvolare impiantata. L’organismo umano produce grandi quantità di anticorpi diretti contro questa molecola allo scopo di eliminarla e con essa eliminare la fonte che la origina, ovvero il tessuto animale di cui la valvola è costituita».
La reazione avversa all’antigene alpha-Gal colpisce tutti i portatori di bioprotesi: nel 50% dei casi induce calcificazioni che costringono alla sostituzione della valvola mediamente dopo 10 anni dall’impianto.
La calcificazione inoltre si sviluppa più rapidamente se il paziente trapiantato è giovane. Le bioprotesi attualmente in commercio vengono trattate chimicamente in modo da creare uno scudo tra alpha-Gal e sistema immunitario senza tuttavia riuscire a risolvere efficacemente il problema. La calcificazione, quindi, procede lenta ma inesorabile. Sotto i 35 anni di età infatti la sostituzione è necessaria dopo solo cinque anni dal primo impianto per il 100% dei pazienti; sopra i 35 anni, nel 50% dei casi è necessario effettuare un nuovo intervento dopo circa dieci/dodici anni. Se si conta che nell’arco di una vita media il numero massimo di sostituzioni valvolari effettuabili è di 2 o 3, si capisce come questo problema abbia effetti diretti sulla qualità di vita di questi pazienti.
La soluzione: un trattamento innovativo
BCI ha sviluppato una metodica di trattamento delle valvole – chiamata FACTA – oggetto di una domanda di brevetto internazionale i cui risultati sono stati presentati alla comunità scientifica attraverso una pubblicazione sulla rivista «Tissue Engineering Part A» lo scorso 10 maggio. La particolarità di questo trattamento risiede nella sua capacità di disinnescare l’antigene alpha-Gal e di conseguenza inibire di oltre l’85% i processi di calcificazione. Nei test eseguiti in laboratorio il trattamento ha dimostrato anche la capacità di rendere i tessuti maggiormente resistenti da un punto di vista meccanico.
Il team di BCI è costituita da: Filippo Naso, Direttore scientifico, laureato in Biotecnologie con esperienze di ricerca decennale all’Università di Padova nel campo della Ingegneria dei Tessuti e della Medicina Rigenerativa Cardiovascolare e Alessandro Gandaglia, Direttore generale, già ricercatore scientifico in università italiane e statunitensi che ha in seguito sviluppato esperienze manageriali in diverse aziende del biomedicale e Ugo Stefanelli, medico di base di Padova ed imprenditore.
I tempi della sperimentazione
Il progetto FACTA è ora arrivato a un punto chiave del suo sviluppo: partirà infatti a settembre, grazie alla collaborazione scientifica col professor Massimo Massetti, Direttore dell’Area Cardiovascolare della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e Ordinario di Cardiochirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, uno studio pilota per valutare un’eventuale tossicità del trattamento messo a punto da BCI.
«I risultati di questo studio pilota saranno determinanti per la valutazione dell’applicabilità della metodica FACTA. Questo trattamento ha un potenziale che, se confermato dalle varie fasi sperimentali in programma, è in grado di garantire un futuro più sereno ai pazienti che soffrono di valvulopatie» spiega il professo Massimo Massetti.
Conclusa questa prima sperimentazione che dovrà dimostrare la buona tollerabilità della valvola così trattata, a metà del 2018 è previsto l’inizio della fase preclinica vera e propria con un progetto europeo, che vedrà la partecipazione del Policlinico Gemelli e dell’Ospedale Universitario di Hannover. Al progetto europeo, che necessita di un finanziamento di due milioni di euro.
Le ricadute sanitarie ed economiche
Le ricadute delle applicazioni di tale processo sono molto importanti sia dal punto di vista economico che sanitario. Le protesi di origine animale sono infatti molto più utilizzate sia rispetto a quelle meccaniche che a quelle ricavate da donatori deceduti. «Lo scorso anno, nel mondo, sono state vendute 400mila protesi valvolari cardiache di origine animale. La spesa complessiva per la gestione dei pazienti è stata calcolata in circa 14 miliardi di dollari nel 2016, dovuta ai nuovi interventi di sostituzione valvolare e a quelli necessari per il deterioramento delle bioprotesi già impiantate. La tecnologia sviluppata da BCI, finalizzata al prolungamento della durata delle bioprotesi stesse, oltre che garantire un sensibile abbassamento del tasso di re-intervento chirurgico, garantirà un sensibile risparmio della spesa sanitaria pubblica» conclude Alessandro Gandaglia.
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