La Regione Veneto è la prima in Italia che ha strutturato un programma di eliminazione dell’Epatite C che intende ridimensionare in maniera importante l’epidemiologia della malattia (del numero dei soggetti infetti) e delle conseguenze cliniche.
Nel modello veneto ‘eliminare’ significa ridurre del 90% la prevalenza e l’incidenza dell’infezione. Per arrivarci, però, è necessario conoscere l’attuale prevalenza dell’infezione nei diversi serbatoi. Attualmente si stimano, con il gruppo di lavoro istituito ad hoc a livello Regionale, circa 5-6 mila soggetti a rischio, ancora da trattare, e circa 15-20 mila soggetti della popolazione generale.
Per rendere efficace la presa in carico del paziente e, allo stesso tempo, per mettere in ‘rete’ tutti i protagonisti (dai Ser.D, ai medici di medicina generale, ai centri specialistici), la Regione Veneto ha strutturato la piattaforma informatica online “Navigatore 2”, una delle maggiori novità del progetto “eliminazione dell’Epatite C in Veneto”, una rete web di integrazione ‘territorio’-ospedale per la presa in carico del soggetto Hcv positivo nei diversi setting epidemiologici.
Di Epatite C si è parlato al convegno organizzato da Motore Sanità, a Vicenza. Sono intervenuti Giovanna Scroccaro, Direttore della Direzione farmaceutica, protesica e dispositivi medici della Regione del Veneto, presentando il programma regionale di eliminazione dell’infezione da Hcv; il professor Alfredo Alberti, epatologo dell’Aou di Padova e Professore di gastroenterologia del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova, che ha approfondisce il passaggio dall’eliminazione dell’Epatite C alla presa in carico del paziente e le novità circa le cure; sul tema dall’eradicazione del virus alla presa in carico del paziente Anna Maria Cattelan (in foto), direttore Uoc Malattie Infettive Aou Padova e Felice Alfonso Nava, responsabile SSD Sanità Penitenziaria Ulss 6 Euganea.
Rispetto alla prima piattaforma online “Navigatore”, che fino ad ora ha collegato tra di loro solo i centri specialistici che trattavano soggetti con malattia di fegato, “Navigatore 2” si allarga ai Ser.D, al territorio, alle carceri offrendo così la possibilità di registrare il soggetto infetto su tale piattaforma e di adottare da parte di tutti i protagonisti della rete algoritmi e “comportamenti” standardizzati affinché ci sia per il paziente un accesso equo e omogeneo nelle diverse fasi della filiera di presa in carico, di trattamento e di follow up per gestire gli esiti a medio e lungo termine del paziente. Sono stati così sviluppati dal Gruppo di Lavoro vari algoritmi di presa in carico dei soggetti Hcv positivi, nei diversi setting epidemiologici. In Regione Veneto sono stati trattati dal 2015 ad oggi circa 9.000 pazienti.
L’impegno regionale si è focalizzato dall’inizio sulla programmazione annuale dei trattamenti per singola Azienda Sanitaria e assegnazione dei finanziamenti necessari a garantire l’acquisto dei farmaci. Alla programmazione è seguito un controllo puntuale non solo del numero di pazienti effettivamente trattati, bensì dei pazienti in attesa di trattamento. Per fare questo Regione Veneto ha affiancato già da subito al sistema di monitoraggio nazionale rappresentato dai Registri Aifa, il Registro Regionale Navigatore creato per censire i pazienti già valutati dai Centri e in attesa di trattamento. Regione e Aziende Sanitarie, in stretta sinergia monitorano costantemente le informazioni contenute nel registro Navigatore e si adoperano per evitare ritardi ingiustificati dei trattamenti. «Il nuovo programma di eliminazione dell’Epatite C – ha spiegato la dottoressa Giovanna Scroccaro (in foto) – prosegue nel solco tracciato, ma si spinge oltre per rilevare il sommerso (pazienti infetti non noti) nella popolazione generale e in due aree particolarmente a rischio, quali i tossicodipendenti e i carcerati».
Secondo Anna Maria Cattelan, direttore Uoc Malattie Infettive Aou Padova, “attualmente il problema riguardante l’epatite C è far emergere il sommerso che interessa non solo le categorie a rischio che non sanno ancora di essere infette, ma anche le persone “sane” che non sono consapevoli di avere l’infezione. Si deve pensare di offrire il test di screening per Hcv in più ambienti, sia intraospedalieri che extraospedalieri – ha spiegato – con l’obiettivo di catturare il maggiore numero di soggetti con Hcv. In questo, la Regione del Veneto sta attuando dei progetti pilota che vogliano raggiungere la più ampia fetta di popolazione in accordo a quelli che sono gli obiettivi dal Who per il 2030: 90% dei pazienti diagnosticati e 80% trattati».
Felice Alfonso Nava (in foto), responsabile SSD Sanità Penitenziaria Ulss 6 Euganea ha aggiunto: «Includere special population (consumatori di sostanze e popolazione detenuta) come ha fatto la Regione Veneto, è un aspetto strategico che permette di raggiungere l’obiettivo di eliminazione dell’Hcv nella popolazione generale. Infatti, i consumatori di sostanze rappresentano al momento il maggior serbatoio della malattia e le nuove infezioni».
Secondo il professor Alfredo Alberti, l’eradicazione completa è un obiettivo troppo ambizioso quando la si intende come scomparsa definitiva del virus dell’Epatite C. «Sicuramente le prospettive sono molto valide per un controllo dell’infezione con riduzione di oltre il 90% della diffusione di questa infezione, sia in termini di incidenza che di prevalenza. A livello nazionale e regionale noi siamo molto convinti che il nostro programma possa essere un esempio di “micro eliminazione del virus” cioè di una eliminazione in un territorio ben definito. L’Organizzazione mondiale della sanità auspica che ci siano programmi locali e decentrati di “micro eliminazione” che diventino veri e propri modelli da imitare. Noi abbiamo un approccio di “micro eliminazione” a livello regionale che potrebbe essere un ottimo modello da esportare a livello nazionale. Ne siamo fermamente convinti».
Sul fronte delle cure dell’epatite C, ci sono novità. «Oggi disponiamo di farmaci di “terza generazione”, farmaci pan-genotipici che funzionano contro tutti i genotipi dell’Epatite C, che quindi permettono di curare con la stessa efficacia tutti i pazienti – ha proseguito il professor Alberti -. Le loro caratteristiche sono innovative: sono farmaci di grande maneggevolezza perché non hanno effetti collaterali importanti, possono essere anche combinati con altri farmaci senza troppe interferenze; sono efficaci con brevissimi cicli di trattamento, di 8 o 12 settimane (con un enorme vantaggio dei centri di cura che hanno meno carico di lavoro e quindi possono aumentare il numero dei trattamenti) eliminando definitivamente il virus nel 95%-98% dei casi. Inoltre costano un decimo di quello che costavano all’inizio. Oggi questo approccio terapeutico “più allargato” alla popolazione, indipendentemente dal grado di patologia raggiunto, permette di curare non più la malattia, ma l’infezione: l’approccio non è più solo di salute individuale (“ti curo perché sei malato”) ma anche di salute pubblica (“ti curo per non diffondere l’infezione”)».
A proposito di innovazione in sanità: a Verona i primi risultati della macchina che attenua i tremori del Parkinson.