Capita sempre più spesso alle aziende sanitarie (italiane e non solo) di non trovare nuovi medici da assumere. Ma perchè è così arduo trovare risposte affermative? Se lo è chiesto l’Ulss 6 Euganea che ha puntato la lente d’ingrandimento sul Pronto Soccorso, ascoltando la voce di chi ci lavora dentro, approfondendo stati d’animo, valutando suggerimenti e approntando una lista di possibili interventi per rendere questo mestiere di prima linea più “appealing”, più attraente, quindi più desiderabile e per così dire più entusiasticamente popolato.
I problemi sono sostanzialmente di due tipi: l’attrattività dell’attività svolta dal Pronto Soccorso, soprattutto nei confronti dei giovani medici con conseguente fatica delle istituzioni a individuarne di nuovi, e l’abbandono del posto di lavoro di chi ha svolto il mestiere per tanti anni ma sarebbe ancora ben lontano dalla pensione. “Nell’ultimo anno le abbiamo provate tutte – rendiconta Aldo Mariotto, Direttore sanitario dell’Ulss 6 Euganea -, dai concorsi a tempo indeterminato e determinato agli avvisi per medici in libera professione, dalle richieste di mobilità da altre aziende all’acquisto di prestazioni all’interno della nostra azienda, fino al ricorso a cooperative che attualmente riguarda il Pronto Soccorso dell’ospedale di Cittadella, il punto di primo intervento di Montagnana, e presto sarà allargato ai PS di Piove di Sacco e Camposampiero”.
Dunque, per contribuire ad avere un quadro più chiaro delle motivazioni che hanno reso la Medicina di Emergenza e Urgenza una professione sempre meno attrattiva per i giovani medici, esaminando l’esistente nell’ottica del miglioramento continuo, l’Ulss 6 ha tenuto tre focus group coinvolgendo una ventina tra medici, infermieri, operatori sanitari in servizio nei quattro poli di Pronto soccorso aziendali (Cittadella, Camposampiero, Piove di Sacco, Schiavonia).
“Il focus group ha consentito di ascoltare e comprendere in profondità non solo le opinioni, ma anche le idee e i sentimenti personali dei dipendenti attraverso un confronto anziché un’unidirezionalità delle informazioni. Dai lavori è emerso – illustra il dr. Mariotto – che l’attività di Pronto Soccorso è naturalmente particolarmente impegnativa, talvolta usurante per turnistica, scarsa gratificazione, difficili avanzamenti di carriera, un certo scollamento con i reparti, scarso riconoscimento della categoria da parte della comunità scientifica, assenza di sbocchi a fine carriera, appesantimento del lavoro per via di adempimenti non sanitari prettamente burocratici, non ultimo il rischio di trovarsi davanti un’utenza aggressiva o violenta”.
Le soluzioni emerse dai tavoli di lavoro sono multifattoriali: prevedere più personale amministrativo per adempiere alle pratiche di ordine burocratico, creare protocolli operativi omogenei e condivisi in tutti i poli di Pronto soccorso per il tramite delle Direzioni mediche ospedaliere, assicurare una maggiore regolarità nella turnistica, potenziare i programmi di aggiornamento per tutte le figure professionali operanti in PS, far conoscere il ruolo fondamentale del medico di PS incentivando una maggiore gratificazione professionale ed economica e la possibilità di avanzamenti di carriera, e ancora: introdurre una formazione di tipo motivazionale e d’équipe, incentivare la relazione con i colleghi di altri reparti, considerare anche gli aspetti strutturali come adiuvanti un sereno svolgimento della professione.
“Abbiamo approntato questa analisi, per certi versi innovativa e coraggiosa, per tentare di trovare delle soluzioni condivise – commenta il direttore generale dell’Ulss 6, Paolo Fortuna –, alla luce di dati oggettivi a livello italiano: nel corso del 2021 sono state assegnate 456 borse di studio di specializzazione in Medicina di Emergenza e Urgenza su 1.323 totali (dati MIUR). Il tasso di abbandono nel 2020 è stato del 18 per cento: molti medici hanno lasciato la MEU per specializzarsi in altri settori, tanto che attraverso i normali canali istituzionali non si è riusciti a reperire circa un terzo degli organici medici. Il nostro vuole essere un primo contributo per avviare una discussione sull’argomento, molto sentito non solo a livello locale o veneto, ma su scala internazionale e mondiale. La carenza di medici è infatti un tratto comune della sanità, non solo di casa nostra”.