Il 22 giugno sono stati condannati in Corte d’Appello a Venezia quattro ammiragli della Marina Militare ritenuti responsabili della morte per mesotelioma e patologie asbesto correlate di sei militari in servizio sulle navi della Marina Militare. La sentenza, il cui dispositivo è arrivato nella tarda serata di ieri, ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Padova.
”E’ una sentenza storica – ha dichiarato Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica e AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto, parti civili nel processo – dopo un lungo periodo dall’inizio del processo, possiamo dire finalmente un po’ di giustizia per le vittime di amianto della Marina Militare, finalmente il riconoscimento delle responsabilità dei vertici di questa Istituzione, colpevoli di non aver provveduto a proteggere la salute dei lavoratori, esposti per anni sulle navi militari proprio alla terribile fibra dell’amianto, di cui le navi erano cariche, senza le necessarie misure di sicurezza! Sono stati ritenuti responsabili di non averli informati dei rischi cui erano sottoposti, secondo, quanto previsto del DPR n° 303 del 1956, che prescrive la necessità di rendere “edotti” i lavoratori dei rischi, dovuti alla presenza delle fibre killer!”
Una doppia vittoria per le parti civili perché è stata proprio l’avvocata di parte civile di MD e AIEA a presentare ricorso, in quanto in primo grado il PM dr. Dini aveva chiesto l’assoluzione. È stata infatti la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ad impugnare la sentenza di primo grado, in unione all’avvocata Laura Mara per le Parti Civili MD, AIEA e AFEA e ad altre Parti Civili. “Si andra’ facilmente in Cassazione – ha aggiunto Fulvio Aurora – e di fatto i tempi ancora si allungheranno, ma non possiamo fare altro che ritenere e sperare che la sentenza d’Appello di Venezia venga confermata”
Originariamente gli Ammiragli inquisiti erano nove, ma nel frattempo tre di essi sono deceduti e quindi è decaduto anche il procedimento nei loro confronti, mentre per altri è intervenuta le prescrizione: “E’ assurdo- ha aggiunto Fulvio Aurora – che i processi per amianto, a ogni latitudine in Italia, debbano durare un tempo infinito, che comporta troppo spesso il decadimento dei procedimenti per morte degli inquisiti e per prescrizione! Le pene comminate sono certamente lievi, quasi irrisorie, 1 o 2 anni, ma vi è pure stata la condanna ai risarcimenti per i familiari dei militari vittime dell’amianto, al pagamento delle spese di giudizio e al risarcimento delle parti civili costituite, fra cui Medicina Democratica e l’Associazione Italiana Esposti Amianto”.
Questa sentenza può aprire la strada a sentenze giuste nelle decine di processi in corso per le vittime di amianto nei luoghi di lavoro: “Cosa aspetta il Governo – ha concluso Fulvio Aurora – ad attuare un grande piano di bonifiche per eliminarlo definitivamente dal territorio e dai manufatti dove e’ presente, e dove continua a rappresentare un grave pericolo per la salute di tutti? Quando potremo scrivere definitivamente la frase basta amianto”?