Cantina Ramuscello raddoppia i vini vegani (niente letame in vigna)

Una certificazione volontaria e rigorosa: fra le prescrizioni, divieto di uso del letame (animale) nei vigneti.
Cantina Produttori Ramuscello e San Vito raddoppia la produzione di vino vegano. Dalla vendemmia 2022, infatti, sono stati prodotti e certificati 10mila ettolitri rispetto ai 5.400 dell’anno precedente. Di fatto, si tratta della maggior quantità di vino vegano prodotto e certificato in Friuli Venezia Giulia.

Dal Prosecco alla Ribolla

I dati Eurispes 2022 fotografano in Italia un 1,3% che si dichiara vegan (e 6,7% della popolazione vegetariano), ma i numeri sono anche più alti in alcuni paesi quali il Regno Unito. Le certificazioni vegane sono di tipo volontario e, dunque, non normate, non standardizzate (non hanno nulla a che vedere con le Doc, Dop, Igp): questo rende difficile trovare statistiche puntuali. Quello che si sa è che è un mercato in crescita: Il protocollo di certificazione è stato predisposto dal Ceviq (Certificazione Vini e Prodotti Italiani di Qualità) che ha provveduto, nei giorni scorsi, a consegnare il documento ufficiale alla Cantina. I vini certificati sono il Pinot grigio, il Prosecco, il Merlot, la Ribolla gialla e il Refosco dal peduncolo rosso.

«Da molti anni la nostra Cantina cooperativa – spiega il presidente Gianluca Trevisan – è impegnata sulla costante ricerca della salubrità, sia delle uve che dei vini prodotti. Oltre al vino vegano, lo scorso anno abbiamo ottenuto anche la certificazione per la produzione del vino biologico. Inoltre, l’80 per cento dei nostri soci, aderisce volontariamente alla difesa integrata, denominata SQNPI e seguendone, scrupolosamente, il disciplinare ministeriale. Sul tema della sostenibilità ambientale, siamo sempre attenti alle sensibilità del mercato e alle diverse richieste degli imbottigliatori, per questo abbiamo intrapreso un percorso di assistenza tecnica in campagna, fatta di controlli e verifiche, che dovrebbe portarci all’obiettivo di un vino a “residuo zero”».

Che cosa significa vegano?

Per ottenere la certificazione, con la menzione a produttore di “vino vegano”, la cantina (e i suoi soci) deve ottemperare a un rigido protocollo che il Ceviq ha elaborato al fine di evitare qualsiasi contaminazione con prodotti di origine animale e i relativi derivati.

Partendo dal vigneto, si devono evitare concimazioni a base di letame e pollina per sostituirle con sovesci (concimazioni vegetali) di leguminose e composti a base di humus, da compiere durante l’anno, a seconda delle esigenze colturali. Per quanto riguarda il processo di trasformazione in cantina, si devono eliminare tutti i derivati animali che servono per la stabilizzazione e chiarificazione del vino per sostituirli con estratti di origine vegetale. In questo modo si eliminano anche le tante problematiche derivate dall’assunzione di sostanze allergeniche le quali, tra le altre cose, in ottemperanza alla legislazione in vigore in alcuni Paesi esteri, devono essere riportate in etichetta.

Inoltre, grazie alle lunghe soste del vino sui lieviti di fermentazione, si riesce a conferire ulteriore stabilità e completezza aromatica al vino. Per ottenere la certificazione a “vino vegano”, ancora, non si possono utilizzare le colle, a base di caseina, per etichettare le bottiglie e, quindi, vanno utilizzate esclusivamente etichette adesive. Infine. per ottenere la certificazione vegana il vino deve essere analizzato da un laboratorio accreditato che stabilisca l’assenza totale del Dna animale (bovino, suino e ittico).

Numeri in crescita

«Quello del quale stiamo parlando è un mercato in crescita – aggiunge il direttore della Cantina, Rodolfo Rizzi -, al quale noi dedichiamo circa il 20 per cento della nostra produzione che, dalle nostre previsioni, sarà destinata ad aumentare ancora negli anni futuri. I principali imbottigliatori, per ora, sono dislocati nel Nord Italia, ma il nostro vino vegano viene già distribuito in tutta la Penisola».