Un telo esteso più di 50 metri quadrati, usato per coprire i lavori di restauro della pala de L’Assunta – capolavoro di Tiziano Vecellio ora tornato a impreziosire l’abside della Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia – recuperato e affidato alle mani dei detenuti del carcere maschile di Venezia che, con il supporto della cooperativa sociale Rio Terà dei Pensieri, hanno realizzato più di 100 borse shopper. È una iniziativa di economia circolare e al tempo stesso sociale quella messa in atto a Venezia.
Lo scorso autunno era tornata allo scoperto l’opera, con la pala d’altare e la cornice marmorea che la circonda, per quattro anni nascosti da un telone in plastica PVC che ne riportava una copia fedele e occultava il ponteggio necessario per il restauro che è stato interamente finanziato da Save Venice.
Ora quella riproduzione dell’Assunta è stata reimpiegata per produrre borse, ognuna delle quali riporta stampato un pezzetto del dipinto di Tiziano o della cornice. Ogni borsa è un pezzo unico, in vendita all’interno della basilica dei Frari a un prezzo che va da 40 ai 60 euro in base ai motivi riportati nella stampa.
Economia circolare
In un’ottica di upcycling – non semplice riciclo, ma recupero e riutilizzo virtuoso secondo i migliori principi della sostenibilità – i proventi dalla vendita delle borse saranno destinati a contribuire ai costi degli interventi di manutenzione annuali della pala d’altare tizianesca. Non solo; la loro realizzazione ha comportato una mole di lavoro che ha contribuito a sostenere l’operato dei detenuti del carcere veneziano che le hanno prodotte, nell’ambito di un più ampio progetto di inclusività sociale.
Il capolavoro tizianesco era stato oggetto di un complesso intervento il cui obiettivo primario è stata la messa in sicurezza del sito, del dipinto e il restauro sia del dipinto che della cornice lapidea.
La pala dell’Assunta, dipinta su 20 assi di legno di pioppo bianco, è uno dei dipinti su tavola più estesi al mondo, e misura 6,90×3,60 metri. Aveva subito un importante restauro a inizio ‘800, poi ancora a metà degli anni ’70 del ’900: ora si presenta con colori vibranti e luminosi, come probabilmente l’aveva pensata Tiziano nel 1516 quando gli venne commissionata da Frate Germano, superiore del Convento dei Frari.
Da allora i frati della Comunità ne sono custodi vigili e premurosi e negli anni a venire ne avranno in carico la cura. L’intervento di restauro aveva coinvolto in primis Padre Lino Pellanda e la comunità della Parrocchia dei Frari e quindi il Patriarcato di Venezia, la Soprintendenza ai Beni artistici lagunari e la direzione lavori affidata a Giulio Manieri Elia – direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia – e il Laboratorio Scientifico della Misericordia che, assieme, hanno condiviso e sostenuto l’intervento certosino dei restauratori Giulio Bono per la parte pittorica e Egidio Arlango per quanto riguarda la cornice marmorea.
Il restauro, i colori
Tutti gli interventi sono stati eseguiti in situ per non sottoporre il capolavoro ad eventuali stress ambientali. Tra le scelte operative più significative, quella di smontare l’organo Mascioni risalente agli anni Venti del ‘900, che era stato installato dietro alla pala ed ancorato a essa con tutte le conseguenze che ciò comportava: dalle vibrazioni all’invasione di tarli all’impossibilità di rimozione della pala stessa in caso di necessità. L’organo, smontato, restaurato e poi ricomposto, è stato donato alla Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Jesolo.
Altra novità emersa grazie al restauro sono due angeli nei “pennacchi” ai lati della cornice lapidea, quasi del tutto “spariti” prima della pulizia ed ora nuovamente visibili e ben delineati, forse anch’essi opera di Tiziano.
(foto credits Matteo De Fina)