Laureato a Parigi e specializzato in architettura sostenibile a Losanna, Federico Sordini ha fondato Elbec nel 2015 a Col di Rocca, in comune di Rocca Pietore, praticamente l’epicentro della tempesta del mese scorso. Qui – Val Pettorina, nel cuore delle Dolomiti, Sordini è arrivato dopo anni di collaborazione con le principali organizzazioni non governative internazionali in progetti di emergenza, post urgenza e sviluppo fra Africa e Centro America.
Dalla passione per le attività sportive che lui stesso pratica in alta quota, unita all’amore e al rispetto della montagna e delle sue tradizioni, è nata una linea di prodotti di abbigliamento tecnico, etico e naturale: la sua è una ditta individuale a gestione familiare, “produciamo differenziandoci principalmente per la qualità dei materiali e per l’attenzione all’ambiente in tutte le fasi di produzione. Cerchiamo di promuovere un rapporto con il consumatore basato sull’onestà e la trasparenza. La manifattura è interamente italiana perché pensiamo che sia ancora possibile, nonostante tutto, realizzare un prodotto made in Italy. Non cavalchiamo le mode del momento e non cerchiamo di stupire con operazioni di marketing accattivanti. Non cerchiamo il profitto a qualsiasi prezzo abbassando al massimo i costi di produzione ma cerchiamo un giusto equilibrio favorendo la qualità del prodotto finito”, spiega Sordini.
Oggi la metà della produzione di Elbec viaggia online, tramite e commerce: il resto va nei negozi. Sono calzini pensati per Alpinismo, Ice climbing, skimo, vie ferrate, trekking, ma c’è anche un progetto di “manifattura diffusa” affidata a donne e ragazze della zona che lavorano fasce e berretti. “Pagarle il giusto significa avere pochi margini: ecco perchè vogliamo crescere sul web e farci conoscere”. Tutta la lana merino utilizzata è certificata no mulesing, che significa che il filato proviene da animali che non sono stati sottoposti a mutilazioni né a trattamenti antiparassitari nocivi per la salute degli animali (tutti vivono sopra la quota 1.500, dove non arriva il parassita più temuto), ma anche degli operatori e degli utilizzatori finali della lana.
Il giorno della tempesta Federico era di turno con l’ambulanza del paese (1.400 abitanti, un centinaio nella sua frazione) e racconta la difficoltà vissute: “I primi tre giorni in totale assenza di comunicazioni eravamo tagliati fuori dal resto del mondo, con le case scoperchiate, le strade inagibili, senza acqua nè luce. Quelli sono stati forse i momenti più difficili dopo la paura della lunghissima notte passata ad arginare fiumi di fango sperando che i tetti reggessero. Quando il sole ha illuminato all’alba la devastazione che ci circondava non è stato facile capire come affrontare la situazione, ma da subito ci siamo organizzati in gruppi ed abbiamo iniziato a sgomberare le strade per permettere ai volontari del Soccorso Alpino,dei Vigili del Fuoco e dell’Ambulanza di svolgere al meglio il loro lavoro (uomini e donne che non hanno dormito per giorni per assicurare la sicurezza di base prima che arrivassero gli aiuti).
Federico e gli altri hanno dovuto “fare dei ponti radio per comunicare, costruirli fisicamente, poi si sono scaricate anche le batterie. Da noi in laboratorio, l’acqua è stata asciugata, il tetto ha retto: ci consideriamo fortunati. Ora vedremo se sapremo ripartire da qui, come comunità, migliorando anche le cose che non andavano”.
Il lavoro, le imprese, le tipicità: sono una delle chiavi per far vivere – bene – la montagna. Già ben prima della tempesta tre donne bellunesi – (in foto) Paola Paganin, Claudia Soppelsa e Francesca Valente – avevano ideato DDolomiti, un progetto per aiutare le aziende “custodi del territorio” a farsi conoscere e apprezzare, nonostante le difficoltà della montagna e le dimensioni spesso piccole. Ora, dopo la tempesta, è ancora più urgente: nasce così il primo Catalogo solidale degli agricoltori dolomitici e parte proprio dalle aziende che hanno subito i danni maggiori.
C’è il miele dell’azienda agricola Due Valli – “la recente alluvione che ha colpito le nostre valli ha portato alla morte della maggior parte delle mie arnie dopo l’esondazione dei torrenti”, racconta Francesco Pezzè, 38 anni e una passione ereditata dal padre. E c’è l’azienda agricola La Fragola di Riccardo Bonora, nato a Lugo in provincia di Ravenna, laureato in Lingue, mercati e culture dell’Asia all’Università di Bologna, oggi imprenditore agricolo: “Con la prossima stagione le nostre serre saranno finalmente operative per la coltivazione delle fragole, aumenteremo la produzione dei piccoli frutti, in particolare mirtilli e lamponi, cercando di differenziare sempre di più la nostra offerta sia del prodotto fresco che di quello trasformato e ci piacerebbe anche coinvolgere le scuole e i turisti con progetti ludico–didattici. Mi sento assolutamente un custode del mio territorio: io e la mia famiglia cerchiamo di prendercene cura con la nostra attività, preservando la biodiversità del terreno con le nostre colture, invece di lasciare solo prati incolti“.
Di ogni azienda ci sono i contatti, la disponibilità a vendere online, i rivenditori di riferimento, la specificità, al sede, la presenza a mercatini e la disponibilità a spedire i prodotti.
Nel catalogo si possono leggere 18 storie-interviste curate da sei collaboratori (Nicola Dall’Agnol, Silvia Ganz, Elison Ongaro, Tara Riva, Claudia Soppelsa, Katia Tormen), seguite dai riferimenti aziendali e dall’elenco dei prodotti disponibili, anche per la spedizione. Il concept grafico e l’impaginazione sono stati curati da Antonella Schena. Il tutto a titolo completamente gratuito, per dare un contributo fattivo ad affrontare i postumi dell’emergenza bellunese. “Il lavoro – spiegano gli organizzatori – è per ovvi motivi incompleto, per l’oggettiva impossibilità a coprire in così poco tempo ogni area della provincia. C’è la possibilità di segnalare altre aziende colpite e/o interessate a info@ddolomiti.eu (oppure al 351 9344810) entro il 15 dicembre. Dopodiché sarà fatta una revisione del catalogo, così da tenerlo sempre mediamente aggiornato con i tempi”.
La speranza – concludono – è “poter orientare all’acquisto di regali consapevoli, per contribuire nel proprio piccolo a preservare la biodiversità e la qualità dell’ambiente montano, a tutelare il del patrimonio culturale, lo sviluppo di conoscenze tradizionali e l’identità locale, la cura del bosco e del paesaggio. Perché tutti possiamo diventare #custodidelterritorio”.