Si è laureata in tutta fretta in Economia Politica a Pavia – tre anni al posto dei canonici quattro – e il giorno dopo la fine degli studi era già al lavoro. Giovanna Zucco, 43 anni, ha iniziato in una azienda dei distribuzione farmaci, poi si è trasferita a Chicago, quindi è rientrata in Italia come specialista di prodotto per Johnson & Johnson Medical. «Il mio lavoro consisteva nell’affiancare i chirurghi ortopedici in sala operatoria, per dare un supporto tecnico; una sorta di navigatore stradale, quando si trattava di scegliere fra centinaia di tipologie la protesi più adatta, la tecnica migliore».
Ed è lì che ha notato la differenza fra l’enorme disponibilità di prodotti da utilizzare negli interventi sugli anziani, e l’assenza di una analoga scelta nel caso di operazioni su bambini.
«Ma i bambini non sono dei piccoli adulti, non si può adattare un prodotto ortopedico a un bambino semplicemente rimpicciolendolo»: una convinzione che l’’ha convinta a rimboccarsi le maniche, e a mettere a punto un business plan per i primi due prodotti che ha sottoposto a Trentino Sviluppo. «Quando mi hanno detto: ok, l’idea è buona, te la finanziamo, mi sono detta “e adesso che cosa faccio”? Poi ho pensato: un mestiere che conosco bene ce l’ho, se non mi butto ora non lo farò mai più»
Così è nata nel 2011 Kidcare, con il sostegno del fondo Seed Money-FESR co-finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, oggi accompagnata da Trentino Sviluppo con una serie di servizi pensati per le giovani imprese ad elevato livello di innovazione.
«I bambini – spiega Giovanna – non hanno ossa fragili come quelle degli anziani, per le quali servono prodotti che generalmente non si rimuovono più. I bambini hanno ossa dure e in continua crescita; diversa è la biomeccanica, diversa la densità ossea». La startup ha studiato soluzioni per bambini e ragazzi dagli 0 ai 16 anni; un tipo di paziente in proporzione molto meno presente degli anziani, e proprio per questo meno “remunerativo”: «Ho scoperto una nicchia di mercato alla quale le multinazionali non si interessano. Ho studiato soluzioni innovative dal punto di vista dei materiali, che non devono essere definitivi ma andranno rimossi, e anche delle tecniche, per minimizzare l’impatto».
Oggi l’azienda vende i propri prodotti ai principali ospedali pediatrici: il primo, K.Plate, è una placca a forma di “8” che è già stata utilizzata in 200 operazioni dal Gaslini di Genova al Rizzoli di Bologna, dal Burli di Trieste all’Istituto Humanitas di Milano, e serve a correggere le deformità assiali in età pediatrica “a x” o “a botte” con una pratica poco invasiva, semplice e sicura, e un’incisione chirurgica minima, permettendo ai bambini di tornare a svolgere qualsiasi attività fin dal giorno successivo all’operazione.
L’altra creazione di Kidcare è un chiodo elastico per riparare le fratture delle ossa lunghe, come femore, tibia, radio ulna e omero. Si chiama K.Nail, è sottile come un filo, viene inserito nel canale dell’osso midollare e a differenza di un semplice gesso, consente dei tempi di recupero più rapidi.
La vita nella startup è come la raccontano: «Una volta dormivo otto ore a notte, ora penso e ripenso alle cose da fare. Ma non si può immaginare la passione e la dedizione che c’è dietro a questo mondo. Ho incontrato chirurghi che sapevano raccontare la vita dei piccoli pazienti – racconta Giovanna – e che condividevano le preoccupazioni della famiglia. Questo, in medicina, può davvero fare la differenza». La privacy protegge i piccoli pazienti che per Giovanna sono un numero, un codice: «Non so nulla di più, ed è un bene per non esserne totalmente coinvolta. Ma ho una figlia di 10 anni: impossibile non pensare che i bambini in ospedale sono come lei».
Kidcare sta già marciando, ma qui non ci si adagia sugli allori: «Non ho solo già in mente un nuovo prodotto: già riesco a vedere la confezione, il colore della scatola, è tutto nella mia mente, ma voglio procedere a piccoli passi. Quando il fatturato sarà abbastanza solido, cercherò i finanziamenti per realizzare qualcosa che aiuti i chirurghi ortopedici pediatrici a curare al meglio i nostri figli».