Con la ristorazione praticamente ferma e l’attività, anche da asporto, ridotta ai minimi storici, il settore ittico, una delle filiere trainanti del Paese, è colpito duramente dall’emergenza sanitaria: la domanda è diminuita di oltre il 50 per cento e le flotte lavorano a scartamento ridotto.
Segnala la FAO (Food and Agriculture Organization) che in alcune parti del Mediterraneo e del Mar Nero oltre il 90 per cento dei piccoli pescherecci si è trovato costretto a smettere di lavorare.
Fra chi stringe i denti e si reinventa c’è Alessandro Marcon (in foto), amministratore delegato della veneta Alemar, azienda da 20 anni nel settore della pesca, e ideatore di Itty.Fish, la startup “il pesce a domicilio come la pizza”. E l’idea è nata esattamente così: ordinando una pizza a domicilio. Perché non applicarlo al pesce?
Nel primo lockdown, grazie anche all’iniziativa a sostegno delle regioni più colpite, con consegne gratuite che hanno raggiunto Piemonte e Valle d’Aosta, l’azienda ha registrato circa mille ordini online.
“Fermare il pescatore significava portare in sofferenza una filiera intera – dice Marcon – Di certo con la chiusura o comunque con l’attività ridotta di hotel e ristoranti, tra i nostri maggiori clienti, abbiamo avuto un bello scossone. Prima di tutto eravamo enormemente dispiaciuti per loro, sappiamo quanto sacrificio ci sia dietro queste attività, spesso a conduzione familiare, frutto di grandi fatiche. Di conseguenza, però, anche il nostro settore ha subito quasi una battuta d’arresto”.
Così, come i ristoratori si sono reiventati con l’asporto e le consegne a domicilio, “noi abbiamo pensato di consegnare il pesce a casa delle persone, esattamente come si fa con la pizza. È da lì, infatti, che mi si è accesa la lampadina. Il risultato è stato portare le vendite del pesce su altri canali. I nostri tre negozi di pescheria e gastronomia in Veneto a San Stino di Livenza, San Donà di Piave e Conegliano hanno continuato a lavorare bene, ma non era sufficiente. I dipendenti di Alemar hanno tutti famiglia, dovevamo pensare anche e soprattutto a loro. Così abbiamo ampliato la logistica interna con consegne a domicilio a circa 30 chilometri da casa per ogni negozio, e in tutta Italia con l’ecommerce”.
La riapertura, dopo il primo lockdown, ha portato a un periodo di stasi: “I clienti sono ritornati al ristorante, ma poco dopo il 20 per cento ha ricominciato a ordinare. Attualmente abbiamo una media di 50 ordini settimanali”.
Conservati in atmosfera protetta, i cibi cotti preparati dagli chef di Itty.Fish possono durare in frigorifero dai 5 agli 8 giorni. Tutto è preparato al momento, in base all’ordine del cliente. Il fresco, invece, mantiene le sue proprietà organolettiche per quattro giorni in frigo, altrimenti si può mettere in congelatore.
“Riceviamo molte richieste in questo senso – spiega Alessandro Marcon – quindi abbiamo attivato un servizio telefonico per dare risposte a tutti. Il nostro intento è offrire il prodotto di stagione, salvaguardando gusto e proprietà”.
Una volta ricevuto l’ordine del cliente attraverso il nostro shop online, lo trasmettiamo al nostro team che, sulla base del pescato del giorno, prepara il pacco. Tutto il pesce ordinato viene confezionato in atmosfera protettiva, una metodologia che permette di aumentare il periodo di conservazione dei prodotti alimentari) e successivamente trasportato su mezzi refrigerati in grado di garantire il rispetto della catena del freddo, ovvero una temperatura compresa tra 0-4°C, lungo tutto il tragitto. In questo modo il pesce mantiene la sua freschezza e le proprie caratteristiche organolettiche inalterate fino alla porta del suo destinatario.
Se dovesse capitare che il prodotto ordinato non è disponibile (e le ragioni sono diverse: errore di giacenza, rientro anticipato dei pescherecci causa maltempo, quantità richiesta non più disponibile al momento di conclusione dell’ordine), il Servizio Clienti provvederà subito a contattare l’utente per concordare insieme un prodotto di eguale o maggiore valore, in sostituzione a quello richiesto: “Anche questo tipo di attenzione genera fiducia nei consumatori, che non perdono occasione di dimostrarci la propria soddisfazione con una recensione, un messaggio o un commento”.
Attualmente i 27 pescherecci della compagnia escono in mare quasi ogni giorno. Tutti i pescatori lavorano. Solo nel Nord Italia si parla di 120 persone, senza contare l’indotto. “Solo parte del personale del servizio ristorazione è in cassa integrazione, ma a rotazione, in modo da far lavorare tutti. E poi ci sono i pescatori delle cooperative che lavorano per noi, in Croazia piuttosto che in Sicilia, dove acquisto il gambero rosso, per esempio”.
Così Itty.Fish dà lavoro non solo ai pescatori veneti, ma anche a tutti quelli che, in Italia e non solo, escono in mare sicuri che Alemar acquisterà il loro pescato. “Ora più che mai è importante non solo fare rete – conclude Marcon – ma anche reinventarsi, mantenendo alti gli standard di qualità”.
Gli aiuti alle aziende
Quasi 1 milione e 800mila euro di aiuti di Stato richiesti dalla Regione Veneto sono in fase di erogazione alle aziende della pesca e dell’acquacoltura. Già martedì 22 dicembre, sono stati emessi i mandati di pagamento pari a 600mila euro a beneficio di 100 aziende aderenti al Co.Ge.Vo. di Venezia e al Co.Ge.Vo. di Chioggia a compensazione dei danni causati dagli eccezionali eventi meteo-marini avversi verificatisi nei mesi di novembre e dicembre 2019.
Altri 200mila euro sono stati erogati a 34 aziende di acquacoltura che operano nelle lagune di Caleri e Marinetta nei comuni di Porto Viro e Rosolina a mitigazione degli impatti arrecati dalla eccezionale moria verificatasi nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2020. Infine verranno erogati 991.227,52 euro, completati i necessari adempimenti contabili, a favore di 412 aziende di pesca professionale che operano nelle acque interne e marittime interne per far fronte ai danni diretti e indiretti derivanti dall’emergenza COVID-19 e per assicurarne la continuità aziendale.
La solidarietà fra pescatori
In Friuli Venezia Giulia il presidente del Cogemo (Consorzio Gestione Molluschi), Marino Regeni, esprime grande soddisfazione per la proficua collaborazione creatasi, nel corso del 2020, con la Capitaneria di Porto di Monfalcone nel seguire le attività del Consorzio, in particolare nella gestione della pesca dei fasolari.
Un’attività autorizzata dal Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), tramite il rilascio di un numero definito di autorizzazioni ad altrettante imbarcazioni. Solo chi dispone di questa autorizzazione può pescare e, in regione, si tratta attualmente di 29 imbarcazioni “turbosoffianti” sulle 40 aderenti al Consorzio, mentre le rimanenti si dedicano alla pesca delle vongole e dei cannolicchi.
“Purtroppo nelle nostre acque, probabilmente a causa dei cambiamenti climatici e di alcune condizioni dell’ambiente marino, queste due specie sono in forte diminuzione, tanto da consigliare la sospensione della pesca e la messa in atto di progetti per favorirne il ripopolamento. Però chi pescava queste specie si trova, nel frattempo, senza lavoro. Per venire loro incontro, in un’azione di solidarietà, i pescatori di fasolari nel 2020 hanno deciso, chiedendo l’autorizzazione al Mipaaf, di suddividere le loro quote di pesca con i colleghi più sfortunati, pescando a turno”, fa sapere il consorzio.
«La gestione risulta complessa, in quanto bisogna permettere a tutti di pescare e di ottenere lo stesso reddito, facendo turnare le barche in pesca. Un grosso aiuto ci è stato fornito dalla Guardia costiera di Monfalcone, alla quale rivolgiamo un sentito ringraziamento, che ha dimostrato una grande sensibilità e attenzione nel cogliere l’importanza dell’assicurare a tutti la possibilità di lavorare nel rispetto delle regole – dice Regeni -. Ci ha aiutato nello stabilire le modalità per programmare la turnazione e nell’individuare gli schemi più semplici ed efficaci di comunicazione reciproca, fra Consorzio e Guardia costiera».
La solidarietà fra operatori e l’importante frenata ai consumi dovuta all’emergenza Covid ha portato, però, a una drastica diminuzione del fatturato per tutti: se una barca di fasolari, mediamente, nell’ultimo triennio fatturava 80.000 euro, il 2020 si chiude con una media di circa 45.000 euro.
«La situazione delle risorse non è ancora migliorata e, per questo, abbiamo chiesto al Mipaaf di riconfermare la presente metodologia di lavoro, sperando in un recupero del mercato e, di conseguenza, in un miglior reddito per tutti», conclude Regeni.