La “new economy del vino” dà lavoro a 1,3 milioni di persone, ma non si tratta solo del vino da bere: dai cosmetici green fino ai prodotti alimentari innovativi, grazie anche allo sviluppo delle attività connesse e di servizio, l’impatto del settore si moltiplica nell’economia del sistema Paese.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti diffusa al Vinitaly special edition di Verona dove è stata allestita la prima esposizione sui nuovi esempi di business che conciliano la necessità delle imprese agricole di diversificare le attività e di ottimizzare la gestione delle risorse verso la transizione ecologica con le nuove tendenza di consumo e la voglia di naturalezza post pandemia.
Secondo uno studio della Coldiretti la raccolta di un grappolo d’uva alimenta opportunità di lavoro in ben 20 settori: 1) agricoltura, 2) industria trasformazione, 3) commercio/ristorazione, 4) vetro per bicchieri e bottiglie, 5) lavorazione del sughero per tappi, 6) trasporti, 7) assicurazioni/credito/finanza, 8) accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, 9) vivaismo, 10) imballaggi come etichette e cartoni, 11) ricerca/formazione/divulgazione, 12) enoturismo, 13) cosmetica, 14) benessere/salute con l’enoterapia, 15) editoria, 16) pubblicità, 17) informatica, 18) bioenergie, 19) laboratori di analisi, 20) sostanze enologiche.
L’esercito del vino – sottolinea – spazia, infatti, dai viticoltori agli addetti nelle cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (fecce, vinacce e raspi).
Una new economy di cui sono un esempio le birre di vino – rileva la Coldiretti – come quella fatta in Lombardia con il Moscato di Scanzo (una delle più piccole Docg d’Italia), a partire da mosto d’uva dopo appassimento, o con il moscato giallo, mentre in Sicilia nasce addirittura usando lo zibibbo. La star dei vini italiani all’estero, il Prosecco, rientra invece nell’affinamento di un pregiato formaggio nel Veneto dove si produce anche una squisita caramella all’Amarone.
Ma si arricchisce sempre più anche la linea di prodotti del wine beauty, secondo l’analisi di Coldiretti Donne Impresa. Si va dagli esclusivi profumi ricavati dai vigneti di Soave in Veneto al Piemonte dove si producono crema viso e docciaschiuma partendo dalla Freisa d’Asti. Vino, foglie di vite e parte dei semi dell’uva, i vinaccioli, ricchi di polifenoli, sono usati anche in Umbria per la creazione di una linea di bellezza, così come in Emilia Romagna si trasformano le uve in balsamo labbra anti-age, burro corpo e dopobarba.
Un pregiato fluido corpo viene ricavato in Friuli Venezia Giulia dal Merlot, e anche le vinacce dei “rossi” dell’isola d’Ischia, dal Piedirosso alla Guarnaccia, vengono usate per fare sieri anti age. Shampoo al vino Rosso Piceno ed esfolianti viso corpo al Verdicchio dei Castelli di Jesi sono due esempi di cosmetici che nascono nelle vigne delle Marche. E anche dal Barbera e dalle altre varietà di vino coltivate sulle colline dell’Oltrepò Pavese – conclude Coldiretti – oggi nascono anche creme per il corpo, fluidi dopobarba, saponette naturali, stick per le labbra e bagno doccia nutrienti.