L’azienda che inserisce un giovane in tirocinio si impegna a garantirgli un compenso minimo di 500 euro al mese, ma anche l’accesso gratuito alle prestazioni di mensa-trasporto aziendale ove esistenti. È quanto prevede un accordo formato in Unindustria Pordenone dal presidente Michelangelo Agrusti, dall’assessore regionale a Lavoro, Formazione, Istruzione, Pari opportunità, Politiche giovanili, Ricerca e Università, Loredana Panariti e dalle Organizzazioni sindacali.
Il risultato è un Progetto Pilota per il rilancio dell’occupazione giovanile nel Pordenonese, documento operativo che promuoverà i tirocini e lo scambio di informazioni sui fabbisogni formativi dei territori. Il progetto è costituito da un pacchetto di azioni finalizzate a invogliare le aziende ad assumere giovani dai 18 ai 29 anni: obiettivo esplicito è l’inserimento al lavoro dopo le attività formative in tirocinio di mestiere che diventa premessa per la successiva assunzione, agevolata da una riduzione del costo del lavoro; obiettivo implicito è invece la motivazione dei giovani ad apprendere un lavoro, ad acquisire una professionalità anche in settori differenti da quelli del loro percorso di studio.
Ogni interlocutore aziendale, istituzionale e di rappresentanza – è chiamato a contribuire: l’azienda si impegnerà a inserire un giovane in tirocinio garantendo al “tirocinante” un compenso minimo di 500 euro al mese e l’accesso gratuito alle prestazioni di mensa-trasporto aziendale ove esistenti. La stessa azienda, in aggiunta alla formazione obbligatoria sulla sicurezza, s’impegna a sostenere i costi di un corso di formazione (di almeno 20 ore) dedicato alla acquisizione di competenze trasversali. Unindustria si farà carico di promuovere e raccogliere le opportunità di inserimento in tirocinio dalle aziende, segnalerà le candidature aziendali alla Regione che, in collaborazione con la Territoriale e le imprese, effettuerà la selezione e proporrà i candidati alle Aziende nell’ambito del progetto «Garanzia Giovani» tenendo conto delle caratteristiche dello stesso. Unindustria, inoltre, assisterà le imprese nella redazione dei progetti per l’attivazione dei tirocini.
I sindacati indirizzeranno le RSU a promuovere il progetto nei confronti dei lavoratori e a partecipare a incontri sindacali di analisi ed andamento. I lavoratori – dell’azienda interessata su base volontaria – potranno “donare” una parte (8 ore) dei propri permessi retribuiti annuali rinunciando alla loro fruizione, l’importo conseguente sarebbe messo a disposizione di un Fondo aziendale finalizzato all’integrazione del compenso del tirocinante o all’allungamento del periodo di tirocinio.
Il sindacato inoltre, assieme a Unindustria e alla Regione, assicurerà la partecipazione a una Commissione Territoriale che ha lo scopo di non solo di monitorare l’andamento del progetto pilota ma anche analizzare le tendenze occupazionali con lo scopo anche di indirizzare le politiche di formazione regionale. Secondo Panariti il 33% di quanti hanno frequentato i tirocini sovvenzionati dalla Regione ha trovato occupazione, «credo – ha detto – che il Protocollo potrà garantire ottimi risultati se vi sarà piena coesione tra le parti». Coesione ben sancita dalle firme in calce al documento, «una delle numerose iniziative che – ha aggiunto Agrusti – sono in cantiere. L’investimento sul capitale umano è indispensabile e urgente perché il mondo 4.0 non attende e richiede prontezza di azione, ambizione e capacità di adattamento».
Il protocollo prende le mosse dal fatto che, secondo i dati in possesso della Regione, “nel 2016 il territorio del Friuli occidentale – ha evidenziato Panariti – ha fatto registrare una serie di segnali di ripresa dei mercati e un incremento della produzione industriale pari al 3 per cento. Ciò è indice di una prospettiva positiva per il futuro, con la possibilità di consolidare anche il recupero occupazionale già manifestatosi l’anno precedente. Da qui la volontà – ha concluso l’assessore regionale al Lavoro – di mettere in atto una serie di azioni che
possano accompagnare e sostenere il mercato del lavoro”.