La curiosa epidemia dei soldi trovati nel materasso (Grazie, nonno. E grazie fisco)

Una vera pioggia di colpi di fortuna, e di materassi ben imbottiti. Chi legge questo tipo di notizie, di solito, può solo fermarsi a un sano attacco di invidia. A un occhio un po’ più smaliziato, però, qualche sospetto viene. Quante volte, statisticamente, può capitare di trovare un sacco di soldi nascosti in casa? E se i casi aumentano di botto, in tempi in cui tenere troppi contanti è cosa a dir poco mal vista?

Chi vuol, pensare male, poi, non può non ricordare le ricorrenti polemiche sull’evasione fiscale e i redditi da sopravvivenza di alcune categorie. In laguna, ad esempio, fino a qualche anni fa le entrate dei gondolieri si fermavano a 16mila euro, ora si attestano sui 35-40mila. Clamoroso il caso, pochi anni fa, di un gondoliere che dichiarava poco più di 11mila euro, fino al divorzio; nella causa per gli alimenti la moglie infuriata fece saltare fuori l’agendina della contabilità parallela. Risultato, una sanzione da 103mila euro per tre anni.

Che cosa succede se un bel giorno, squartando il materasso (ma quanti lo fanno?), si trova davvero il malloppo?
Il testo di riferimento è il Decreto legislativo 346/1990 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”). La cifra, naturalmente, va denunciata. E il modo corretto è la dichiarazione di successione. In questo caso, per regolarizzare il possesso, occorre pagare l’imposta di successione, che è variabile fra lo zero (parentela diretta, fino a un milione di euro) all’8% per i parenti più distanti.

Fatto questo, non è detto che si sia del tutto a posto. È possibile infatti che l’Agenzia delle Entrate si chieda come abbia fatto il nonno ad accumulare un tesoretto, magari sproporzionato rispetto a una vita di lavoro da ragioniere, impiegato, commerciante. Il fisco potrebbe sostenere che il nonno fosse un evasore, e di conseguenza fare un accertamento, chiedendo le tasse al defunto con le aliquote ordinarie, e non con quelle più vantaggiose applicate alla "botta di fortuna".

La cosa in realtà è più che altro teorica: è una prova a dir poco difficile quella di dimostrare un’evasione dopo chissà quanti anni e senza documenti a supporto. Il punto è che di questa incongruenza le uniche motivazioni potrebbero arrivare dalla buonanima, decisamente impossibilitata a fornire una qualunque spiegazione. Buonanima che, a sua volta, potrebbe avere vinto una fortuna, averla trovata o averla ereditata a sua volta: tutte faccende che non si possono certo imputare a un nipote baciato dalla sorte.
Qualora infatti l’Agenzia riscontrasse qualche illecito, oltre a (tentare di) tassare l’importo, non potrebbe emettere alcuna sanzione, dato che queste non sono trasmissibili agli eredi. Il presunto evasore sarà infatti sempre e solo il nonno, a meno di non dimostrare la falsa successione.

Ora, vuoi vedere che la buonanima del nonno in qualche caso può diventare anche una formula di “scudetto fiscale” fai da te?
All’Agenzia delle entrate di Venezia 1 l’anomalia dei "colpi di fortuna" è già saltata all’occhio, con tanto di segnalazioni inviate. Si sta gli occhi aperti, per così dire, sui defunti con l’abitudine di nascondere molti contanti in luoghi strani e sui relativi eredi. A buon intenditor…

(Grazie a Nicola Fullin per la consulenza)