Il lavoro e la malattia: prima, durante e, finalmente, dopo

Cinque anni sono una data importante per chi ha combattuto una malattia grave. Alla Keyline, produzioni di chiavi e macchine duplicatrici a Conegliano, Treviso, è un’azienda intera a gioire e stappare una bottiglia. Perché è anche qui, oltre che in ospedale, che la battaglia è stata combattuta. E vinta.

 

Quando il male si è presentato, il medico ha suggerito a tre pazienti una nuova strategia di cura: prima ridurre la massa, poi asportarla. Mentre si svolgeva la prima parte della terapia, il consiglio era quello di mantenere una vita il più possibile normale, buon antidoto alla paura e allo scoraggiamento.
Due aziende su tre hanno rifiutato la responsabilità di far continuare il lavoro a una persona malata. Una ha detto sì. Il ruolo svolto è stato aggiustato, così che un’assenza, un malessere, non diventassero un problema. E nei giorni peggiori, è capitato che Paolo si presentasse comunque in sede. Che cosa ci fai qui? Sono venuto a bere un caffè con voi, a scambiare due parole.
Quando le condizioni sono state quelle giuste, è stato fatto l’intervento. I controlli hanno sempre dato l’esito sperato. Oggi Paolo lo riconosci perché quando l’amministratore lo incrocia in corridoio, la prima cosa che chiede è: hai mangiato bene oggi? Ed è proprio lui a chiedere di raccontare questa storia.

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(Mariacristina Gribaudi e Paolo)

 

CONCILIAZIONE – Sembra una parola riferita sempre e solo a questioni di donne: di più, di mamme che hanno bisogno del part time o del permesso per seguire i figli.
Invece l’esperienza che ha coinvolto la Keyline, durante la malattia di un suo dipendente, è entrata a pieno titolo a far parte della documentazione per l’Audit Famiglia&lavoro, la certificazione introdotta nel 2011 dalla Regione Veneto, prima in Italia dopo la Provincia autonoma di Bolzano. Insieme al pullmino acquistato quando, fatti due conti, si è visto che dallo stesso paese, Villorba, arrivavano in sette, dunque conveniva mettere a disposizione un mezzo comune. Alla biblioteca interna, di recente rinforzata con nuovi volumi a disposizione. E al progetto di centro estivo da mettere su, magari insieme alle aziende vicine, per chi ha figli: mamme e papà, quindi, anche se la mano dietro a questi progetti è femminile (e materna). Mariacristina Gribaudi, amministratrice unica di Keyline, di figli ne ha sei: quando uno di loro si è fatto sospendere da scuola, alle medie, è stato spedito in azienda a pesare e incartare chiavi.

 

IL TOCCO FEMMINILE (IN UNA AZIENDA MASCHILE) – Il primo: via le donne nude dal calendario, non senza le vibranti proteste di buona parte dei destinatari (concessionarie d’auto e officine, fra l’altro).
Il secondo: le macchine duplicatrici, perché non farle colorate oltre che efficienti? Una strategia che ha dato i suoi frutti, «perché le ferramenta dove si fanno le copie sono nella stragrande maggioranza dei casi dei business familiari, e le signore sono spesso silenziose, ma al momento giusto sono loro a dire: il rosso, qui, ci starebbe davvero bene».
Il terzo: una gestione del tutto innovativa dell’azienda. Il ruolo al vertice passa, ogni tre anni, dalla moglie al marito, Massimo Bianchi. Il 31 dicembre 2014 ci sarà il prossimo (il terzo) passaggio di testimone: la dicitura "amministratore unico" nemmeno c’è sul biglietto da visita, non servirà cambiarli. Due stili completamente diversi: lui più riflessivo, lei decisamente diretta.
E ognuno porta qualcosa di peculiare: così non è un caso se fra la ventina di richieste che la fame di lavoro recapita qui ogni giorno, le ultime assunzioni hanno interessato due signore cinquantenni, e se fra i progetti allo studio c’è una giornata di formazione con Telefono Rosa, aperta ai 100 dipendenti, ma anche al territorio cui cui l’azienda dialoga di continuo. Che cosa c’entra la violenza sulle donne con le chiavi? «C’entra che se per tutti, al nostro interno e fuori, alziamo l’asticella, facciamo girare le idee migliori e ci confrontiamo, è un bene per tutti».