Hanno preso tremila wurstel; li hanno infilzati con delle matite, non troppo resistenti nè elastiche, adatte insomma a realizzare le ossa delle dita. Poi hanno mezzo i wurstel nel guanto e ne hanno testato il funzionamento: nessuna amputazione nè schiacciamento irreversibile, quello che normalmente accade durante gli incidenti sul lavoro a chi maneggia forbici pneumatiche. Sofia (Soluzioni operative finalizzate all’innovazione in agricoltura) è l’ultimo spin off dell’università di Udine: da gruppo di ricerca interno a società vera e propria, con il prototipo di un guanto protettivo già pronto e testato con successo.
Nel team della neonata società rientrano tre dottori di ricerca due docenti; con loro un tecnico e due ex tesisti. «Da anni sviluppiamo progetti legati alla sicurezza del lavoro in agricoltura: si cita spesso l’edilizia come settore a rischio, ma è qui che si registra il maggior numero di vittime». Un lavoro a stretto contatto con il territorio: sono le cantine, gli allevatori, i lavoratori della pesca o delle foreste a segnalare i problemi a cui cercare una soluzione.
Prendi i trattori: troppo spesso vecchi e poco sicuri, hanno causato 374 gli incidenti nel 2013 con un incremento dell’11,3 per cento rispetto ai 336 del 2012 (e nel primo trimestre 2014 60 incidenti con 29 morti e 38 feriti): «Basta una app per mettere in rete le autorità di vigilanza, i meccanici e gli agricoltori, e avere dati aggiornati sulla manutenzione e revisione o meno del mezzo», spiega Sirio Rossano Cividino, che per Sofia segue la ricerca e sviluppo. Manco a dirlo la app è già pronta.
Quanto al guanto, ha la dote di essere indossabile senza limitare di troppo i movimenti: potrebbe adattarsi a chi usa forbici (capaci di sviluppare una pressione di 160 chili), ma anche a chi maneggia presse o altri macchinari. La forza del colpo viene assorbita e attenuata, così che il danno grave si riduce a una frattura o anche meno.
L’atto costituivo di SOFìA è stato firmato nei giorni scorsi all’Università di Udine. Il progetto di impresa, divenuto realtà, era già stato presentato al Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI), nell’ambito del Festival della scienza di Genova nel 2013, dopo essere arrivato tra i finalisti della competizione regionale Start Cup, e nel 2014 aveva ottenuto il terzo premio a Start Up Fvg.
Per il rettore Alberto Felice De Toni «un nuovo traguardo nell’azione di trasferimento di tecnologie e competenze multidisciplinari ad alto contenuto innovativo nel tessuto produttivo». La ricerca svolta nei laboratori dell’università di Udine ha finora portato alla costituzione di 37 spin off, di cui 34 attivi, con ricavi che complessivamente hanno superato i 3 milioni di euro. I soci coinvolti in tutte queste imprese sono circa 180 ed è stato creato un centinaio di posti di lavoro.
«Un esempio importante di come l’università sia capace di preparare giovani che creano, e non solamente cercano, lavoro», sottolinea il delegato al trasferimento tecnologico, Giuseppe Damante.