I costi, i ritardi, il rischio sanzioni: l’emergenza rifiuti speciali in Veneto, spiegata dalle imprese

C’è una situazione che rischia di paralizzare l’attività di molte imprese: il sistema di gestione dei rifiuti industriali in Veneto è prossimo al collasso e il problema riguarda filiere strategiche come meccanica, tessile-calzature, gomma-plastica, legno e cartario che sono in affanno per la carenza di impianti in cui smaltire gli scarti di lavorazione, cioè i rifiuti speciali (classificati come “non pericolosi”). E per le regole che paralizzano sia gli impianti sia il mercato, i rifiuti e i materiali da rigenerare non trovano destinazione e si accumulano nei capannoni.

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Costi raddoppiati

Alla Cartotecnica Veneta Spa di San Pietro in Gù (Padova), 90 addetti e 27 milioni di fatturato, produzione di imballaggio flessibile e multistrato per diversi prodotti (anche gli incarti delle caramelle, ad esempio, o le buste delle figurine da raccogliere), il 2018 è stato l’anno del quasi raddoppio dei costi di gestione dei rifiuti dovuti alla restrizione alle importazioni della Cina, ma anche di Germania e Austria. Qui normalmente si smaltiscono 2/3 container da 24 tonnellate a settimana. Fino a oggi si è riusciti a contenere i problemi con il deposito “temporaneo” perché c’è uno smaltitore diretto in azienda. Ma nel 2019 a breve, se la situazione non cambia, ci potrebbero essere problemi anche più seri e ingestibili con il solo deposito “temporaneo” (impianti colmi). “Dall’inizio dell0 scorso anno abbiamo avuto sentore del problema”, dice Mirco Molon, dell’amminisrazione. I rifiuti consistono in carta, film plastici e vernici usate per le scritte delle confezioni: i costi richiesti dagli smaltitori aumentano, “e in questa situazione occorre fare molta attenzione perchè c’è chi si propone con tariffe molto convenienti, ma poi che fine fanno i rifiuti? La responsabilità resta sempre dell’impresa”.

In questo momento, peraltro, è difficile pensare ad alternative ed è diventato diseconomico per una azienda avviare a riciclo una parte dei rifiuti. Ad esempio prima di poteva rivendere la carta alle cartiere, ma oggi non se ne ricava nulla, e lo stesso vale per il legno. Il tutto senza sapere quanto durerà l’emergenza: “Gli stessi smaltitori ci dicono che ci sono molte aziende costrette a tenere il casa i rifiuti, con il rischio di superare i limiti sia temporali che volumetrici per lo stoccaggio temporaneo”. In sostanza hanno le mani legate, ma non possono fare altrimenti.

Due aumenti in un anno

Alla Serigrafic di Arzergrande (Pd) l’attività consiste in stampe digitali/serigrafie per abbigliamento/pelli/calzature, con 18 addetti e 4 milioni di fatturato. Sono presenti nel territorio da 50 anni, come Serigrafic dal 1995.

“Non abbiamo avuto problemi di mancato prelievo, come ci risulta accada per altri codici di rifiuti”, spiega il co-titolare Maurizio Baldan. Però si è passati da 0,165  a 0,19 euro al chilo fino a 0,26. “Abbiamo chiesto lumi su tali aumenti, ci hanno spiegato che gli impianti sono pieni”. Il continuo aumento dei costi di gestione dei rifiuti delle lavorazioni da tre anni a questa parte ha segnato un +40% solo nel 2018.
“In Francia, le aziende affrontano costi dello 0,08 euro al chilo”, segnala l’azienda.

Verso la paralisi

Il sistema della gestione dei rifiuti industriali in Veneto rischia la paralisi. Secondo una indagine che Confindustria Veneto ha affidato a Fondazione Nord-Est – su un campione di oltre 500 imprese – è emerso che quasi il 60% delle aziende intervistate ha registrato nel 2018 difficoltà per il ritiro e lo smaltimento dei rifiuti industriali prodotti. Di queste, il 26% segnala tempi medi di attesa dello smaltitore compresi tra 31 e 90 giorni e il 10% dichiara di attendere addirittura oltre i 90 giorni. Non solo: l’80% delle aziende intervistate dichiara di aver registrato un aumento dei costi nel 2018; il 26% di queste denuncia un aumento medio superiore al 25%.

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Particolari situazioni di difficoltà sono segnalate da intere filiere produttive strategiche tra cui la meccanica/metallurgia, il vetro/ceramica, il legno/arredo. «La situazione ha varie concause – dichiara Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro -. La prima è che, a causa del prevalere della politica del “no”, gli impianti presenti nel Veneto e destinati alla gestione, smaltimento e recupero dei rifiuti prodotti dalle aziende sono insufficienti. Fino a poco tempo fa, a questa carenza si è posto rimedio ricorrendo in larga parte al conferimento dei rifiuti in altre regioni o all’estero. Adesso, purtroppo, gli impianti nazionali sono insufficienti e le soluzioni estere sono diventate sempre più difficili, anche a seguito delle scelte dei Paesi che hanno limitato i conferimenti. Il risultato è che le imprese devono trattenere i rifiuti in azienda e gli impianti sono ricolmi, con il rischio di finire nell’illegalità se si superano le soglie previste per il “deposito temporaneo”».

Per Antonella Candiotto, vicepresidente Assindustria Venetocentro con delega all’Ambiente, «in attesa di un piano strategico sulla dotazione di impianti e di un ripensamento del Piano regionale sui rifiuti che, è evidentemente da rivedere, ci sono alcune scelte che si possono attuare nell’immediato per dare risposte alle aziende e al territorio».

La Regione al lavoro

E la Regione risponde: «Siamo consapevoli della situazione e stiamo cercando di fare tutto il possibile per trovare una soluzione al problema, che è di carattere nazionale», fa sapere l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin.«È uno dei temi nella trattativa con il governo per forme di maggiore autonomia alle Regioni che, come il Veneto, l’hanno richiesta – dice -. Se ci fosse riconosciuta, potremmo dire di no al conferimento di rifiuti speciali provenienti da fuori regione».

Infatti, “per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani – fa presente Bottacin – la normativa prevede che ci sia l’autosufficienza dello smaltimento a livello regionale. Lo stesso non vale invece per i rifiuti speciali per i quali è prevista la libera circolazione in Italia e all’estero. Può quindi accadere, e accade, che rifiuti provenienti da altre regioni vengano smaltiti in Veneto riducendone la capacità di smaltimento complessiva e finendo per penalizzare le realtà locali”.