Il costo umano delle consegne che ci arrivano a casa (e uno sciopero di Natale)

In sciopero contro condizioni insostenibili: 12 ore di lavoro al giorno per recapitare 150 pacchi a testa. Lo scorso 25 novembre la Filt Cgil del Veneto ha proclamato lo stato di agitazione di tutti i lavoratori (cosiddetti driver) degli impianti della Fedex di Padova (80), Venezia (25), Verona (45) e Portogruaro (25).

La ragione è legata all’organizzazione del lavoro, che prevede – tra le altre cose – carichi insostenibili, “che spesso superano i limiti previsti dalla legge per quanto riguarda il peso delle merci movimentate a mano” segnala il sindacato.

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Nel merito della vertenza, su cui la Cgil ha chiesto l’apertura del dialogo, i punti principali sono: l’elemento premiante; l’installazione dello strumento di rilevamento delle ore della prestazione base; la movimentazione manuale di carichi pesanti (oltre i limiti consentiti) senza gli adeguati mezzi; la riduzione dell’impegno legato al carico e scarico di merci. I confronti attivati finora hanno avuto esito negativo.

La Filt Cgil ha reagito con uno sciopero per tutta la giornata lavorativa in tutte le sedi venete, che proseguirà – se non interverranno novità positive – fino a tutta la settimana.

Il comportamento dell’azienda – dice Romeo Barutta della Filt Cgil del Veneto – mette a rischio la consegna di migliaia e migliaia di pacchi e di altrettanti regali natalizi in tutto il Veneto. Siamo nel momento cruciale per l’attività di un corriere espresso. La Fedex è il secondo operatore mondiale, che nel corso degli ultimi anni ha perfezionato l’acquisto della Tnt. L’azienda ha avuto l’opportunità di concentrarsi non solo sul business delle spedizioni estere, ma anche sulle consegne domestiche tra privati e negozi. Nell’epoca in cui l’e – commerce si sta straordinariamente sviluppando, anche questo colosso non riesce a dare risposte all’altezza della sfida e pensa di proseguire spremendo e sfruttando i lavoratori. Parliamo di  un’intensità lavorativa difficilmente riscontrabile in altre mansioni. Per tutti i corrieri espressi, compresa Amazon, l’ultimo miglio è quello di maggior interesse, ma anche il punto di maggior debolezza in quanto – come è noto – non sono i droni a consegnare i pacchi, ma camion e persone che li guidano. In particolare negli ultimi 3 mesi, Fedex ha caricato sulle spalle di quasi 200 lavoratori oltre 150 pacchi al giorno tra consegne e ritiri. E’ impensabile continuare di questo passo. Siamo sulla soglia di una rivoluzione nel settore, come testimoniano le decine di scioperi in tutta Italia. Non si può più risolvere la questione con qualche euro, vanno affrontati con urgenza i temi dell’organizzazione del lavoro, degli orari, della sicurezza e della salute dei lavoratori. Si lavora al limite del rispetto del codice della strada per onorare i tempi. Ormai tutti i driver che abbiamo coinvolto nella protesta superano le 12 ore di lavoro tra carico, scarico e consegna, con una sola pausa al giorno per un caffé. Abbiamo registrato negli ultimi tempi l’aumento di malattie professionali e di infortuni correlati allo stress lavorativo. Non dobbiamo mai dimenticare che dietro ogni dono natalizio c’è un driver che si muove, rischiando ogni giorno la propria salute“.

Un settore a rischio

Un settore sfuggente, fatto di subappalti e cooperative che durano in media due anni: quando spariscono. spesso lasciano stipendi arretrati e buchi di Tfr e trattamenti previdenziali. Ma anche quando il lavoro c’è, troppo spesso ci sono turni infiniti e infortuni. Difficile perfino fare un conto esatto degli addetti, quando si parla di logistica. Sono decine di migliaia di lavoratori nel Veneto che rappresentano la congiunzione tra il sistema della produzione e il consumo.

«Ci riferiamo soprattutto a due ambiti – chiarisce Renzo Varagnolo, segretario della Filt Cgil regionale – Il primo è il più conosciuto, e riguarda camion, furgoni e altri mezzi che consegnano le merci, sia a domicilio, magari a chi ha ordinato su internet, sia ad altri negozi o supermercati. Un aspetto meno conosciuto riguarda chi, nei magazzini che si trovano spesso vicino alle aziende produttrici, prepara le merci aziendali alle spedizioni e le carica». I numeri sono in crescita, vista anche la progressione costante dell’e-commerce. «Un comparto che cova un malessere da troppi anni che, di tanto in tanto, esplode. E quando lo fa chiama in causa direttamente l’azienda principale, quella che ha esternalizzato la logistica e la distribuzione del proprio prodotto, ma che in teoria non è direttamente coinvolta se non per la “responsabilità solidale”. Molte sono le segnalazioni di situazioni irregolari e di sfruttamento nel settore dei corrieri espressi, con filiere di subappalto spinte e pochissime garanzie per i lavoratori dei magazzini dove, molte volte, siamo in presenza di cooperative spurie e non regolari. Pesante la situazione soprattutto per i molti lavoratori stranieri, più facilmente ricattabili e dove il valore della mutualità tra soci è sconosciuto. C’è evidentemente una pesante responsabilità delle committenze che, pur di risparmiare sul costo del lavoro, permettono queste situazioni», aggiunge Varagnolo.

I casi attraversano la cronaca in tutte le province, soprattutto nei luoghi dove sono presenti i grandi siti logistici – Padova, Verona, Venezia, Vicenza, Treviso. È successo in passato allo stabilimento HBC Coca Cola Italia Spa di Nogara, Verona, il più grande d’Europa, bloccato per un giorno e mezzo dai presìdi organizzati ai cancelli e sul tetto dei capannoni per protesta contro un cambio di appalto per gli operatori della logistica. Più recenti gli scioperi indetti contro Movimob, la società in appalto per la distribuzione di Mondo Convenienza; 18 driver hanno organizzato un presidio e volantinaggio prima davanti al magazzino di Cazzago di Pianiga (Venezia), poi, in un sabato mattina di fine maggio, davanti allo showroom di Marcon dove, nonostante la pioggia battente, sono arrivati in segno di solidarietà mogli e figli.

«La Filt Cgil di Venezia ha indetto uno sciopero dei driver perché gli viene applicato un contratto non consono: 400 euro in meno rispetto a quello di riferimento della logistica. Inoltre non vengono segnati correttamente gli orari e mancano le timbrature dei cartellini, così che le ore di lavoro da 12 o 13 o più si trasformano in otto e in busta paga neanche un briciolo di straordinario con evidente elusione dei contributi», ha raccontato Marcello Salbitani, segretario della Filt Cgil di Venezia. «Inoltre – aggiunge non vengono rispettate le norme elementari di sicurezza sul lavoro, infatti la popolazione lavorativa lamenta problematiche invalidanti muscoloscheletriche nonostante la giovane età: quasi nessuno arriva a 40 anni. E se ti spacchi ti lasciano a casa. Solo dopo il nostro intervento l’azienda avrebbe messo a disposizione due montacarichi per circa 80 mezzi, un chiaro aggiustamento di facciata. Inutile dire che ai nostri iscritti vengono riservati dei trattamenti di favore, si fa per dire, quali la sostituzione di lavoro mentre scioperano, lettere di richiamo pretestuose e anche turni di lavoro non concordati e disagevoli. La direzione di Mondo Convenienza si è preoccupata solo di appiccicare un cartello fuori dalla vetrata in cui si scusava per il disagio con i clienti a causa dello sciopero “di una delle cooperative in appalto” invece di interessarsi del disagio dei lavoratori», accusa.

In effetti le aziende committenti finiscono sempre per essere coinvolte dalle proteste. Ma Salbitani chiama in causa anche i clienti: «Abbiamo già avuto modo di vedere nel nostro Paese il fenomeno delle cooperative che spariscono puntualmente dopo circa due anni, con falsi soci che si volatilizzano lasciando debiti enormi per stato e lavoratori. Ovviamente questo sistema giova alla committenza, che scarica il costo del lavoro traendo utili enormi e facendo pagare tutto ciò ai lavoratori e alle loro schiene. Bisogna interrompere questo sistema perverso. Quanto è morale comperare mobili a basso costo sapendo che la differenza la pagano quelli che te li vengono a montare a casa? Filt difende questi lavoratori a oltranza con tutte le forme di lotta disponibili e lecite cercando di mettere ordine in questo mondo e cercando di fare anche una contrattazione di sito».

La situazione è talmente complessa che anche la Regione Veneto è scesa in campo, con il ruolo di chi cerca un dialogo fra le parti: l’Unità di crisi aziendali, settoriali e territoriali – il cosiddetto modello veneto di gestione delle crisi, tre persone altamente specializzate che nel periodo 2012 – 2018 hanno gestito e/o partecipato attivamente a tavoli locali, regionali e nazionali di 197 di crisi aziendali, di cui 45 gestite in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico – ha aperto un tavolo settoriale proprio per la logistica. «Un passo importante, ma ancora non basta – sottolinea Varagnolo – Una proposta di Cgil, Cisl e Uil e delle categorie del settore per un protocollo per la legalità degli appalti esiste già, ed è sostanzialmente condivisa, ma i committenti non la sottoscrivono e non si chiude. Sarebbe un passo significativo per definire chiarezza sulle regole, sulla trasparenza e sul controllo nel settore degli appalti logistici. È necessario che la Regione Veneto rilanci la sua iniziativa sulla regolarità nel settore e crei le condizioni per chiudere la vertenza. Di fatto occorre un maggiore coinvolgimento dei committenti, per i quali esternalizzare i servizi significa scaricare una parte dei costi che non riescono a comprimere in fase di produzione sulla parte più debole della catena, lì dove diventa difficile anche solo organizzare una assemblea fra addetti di ogni parte del mondo in condizioni di totale fragilità. Veneto, Lombardia ed Emilia sono le regioni più esposte in questo senso, in un settore che non è esente da infiltrazioni criminali». A livello nazionale si sono contate anche delle vittime.

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«L’unità di crisi ha scelto di far parlare fra loro le diverse parti: è evidente che le vertenze degli ultimi anni hanno giocato a sfavore dell’immagine di molte aziende, ma hanno anche eroso i vantaggi economici legati alle esternalizzazioni – spiega l’assessore al Lavoro Elena Donazzan – Nessuno può permettersi picchetti e magazzini bloccati per giorni o settimane. La situazione è complessa, ma fanno ben sperare alcune scelte aziendali che vanno nel segno di una nuova assunzione di responsabilità».

I casi positivi

Fra i casi virtuosi c’è quello di Alì supermercati, base a Padova, 3.800 collaboratori e 112 punti vendita fra Veneto ed Emilia Romagna. «In passato la logistica era affidata a cooperative esterne – spiega il direttore generale di Alì Spa Paolo Michelotto – ma quando hanno cominciato a emergere difficoltà, di natura sindacale e anche legate al trattamento economico applicato ai lavoratori, abbiamo scelto di prendere in mano la situazione. Abbiamo acquistato un terreno, costruito un nuovo magazzino e qui oggi lavora personale esclusivamente interno, 160 persone. Altrettante lavorano nel magazzino centrale, dove c’è una parte di assunti internamente, alcuni dei quali provenienti dalla gestione delle vecchie cooperative, e una parte di personale che fa capo a una nuova società di servizi nata sulle ceneri di quella esperienza. Il 17 luglio sono stati due anni da questa svolta, che ci ha permesso non tanto e non solo di consolidare la produttività e l’efficienza, ma soprattutto di coinvolgere maggiormente chi lavora sugli obiettivi aziendali e sull’etica che è uno dei valori sui quali si fonda l’azienda»