Trieste: oltre 10mila ultraottantenni vivono soli nella propria casa, spesso inadeguata. Nella stessa città e in provincia, non mancano i casi di stabili abbandonati in tutto o in parte, senza ascensori ma con abbondanti barriere architettoniche. Il condominio solidale appena inaugurato in città mette insieme i due problemi, con una soluzione.
Il vecchio condominio, nella centrale via Manzoni, doveva essere venduto: e invece è diventato lo spazio adatto a sperimentare quella che Fabio Bonetta, direttore dell’Itis (l’Azienda pubblica di servizi alla persona), definisce una «evoluzione del welfare: abbiamo messo insieme edilizia innovativa, sviluppo tecnologico, e una qualificazione del lavoro di cura».
Con un investimento di 2,5 milioni, ricavati anche dalla vendita di altri spazi che non avevano prospettive di riqualificazione, sono stati creati 18 appartamenti di diverse metrature, di cui due dotati di strutture fisse per la deambulazione di persone con scarsa mobilità, che verranno assegnati tramite bando (www.itis.it/index.php?condominio_solidale).
A seconda delle richieste che arriveranno, alcuni potrebbero ospitare ad affitto calmierato anche studenti: «La definizione di persone fragili non si limita agli anziani – spiega Bonetta – L’idea è di creare qui le condizioni per recuperare un clima di conoscenza e di aiuto fra chi vive accanto, riaprire un dialogo intergenerazionale». I servizi saranno personalizzati, tarati sulle esigenze del singolo, con la possibile coabitazione di diverse generazioni familiari sotto uno stesso tetto, in appartamenti contigui e separati. Anche per questo si è puntato molto sugli spazi comuni, dalla lavanderia alla grande terrazza sui tetti della città. «Trasferire gli anziani in case di riposo, lontane dal contesto in cui hanno sempre vissuto, non può essere l’unica opzione». L’edificio è stato realizzato seguendo criteri di risparmio energetico e sicurezza, e applicando ovunque gli strumenti della domotica (una cucina totalmente automatizzata è stata donata dall’associazione Alberto e Ketty Casali).
A verificarne la piena accessibilità sono stati i responsabili del progetto regionale "Ladi" (Laboratorio regionale sull’accessibilità, la domiciliarità e l’innovazione) e nella sua realizzazione ha avuto un ruolo importante "Helps – Housing and home care for eldery and vulnerable people and local partnership strategies" progetto comunitario della durata di tre anni in cui la Regione Friuli Venezia Giulia ha avuto un ruolo di capofila di 15 partner in otto Paesi diversi.
FAMIGLIE IN RETE – Ovvero famiglie che aiutano altre famiglie: il progetto, sperimentale, è stato avviato nella azienda Ulss 8 di Asolo, Treviso, e da qui si è gia diffuso fino a Padova (Ulss 16): l’idea è mettere in rete nuclei familiari preparati ad affiancare, gradualmente e dopo un processo di conoscenza reciproca, altre famiglie che si trovino in difficoltà, guardando in primo luogo alla protezione e al benessere dei minori. Condividere, supportare, sostenere, essere presenti: anche la Regione Veneto sta investendo sulle "Famiglie in rete" (responsabile scientifico Pasquale Borsellino), per una possibile estensione da altre realtà: finora i numeri parlano di 1.250 famiglie sensibilizzate, 250 formate, 186 progetti di accoglienza.
Altre iniziative stanno nascendo e sono partite spontaneamente: a Spinea, Venezia, ad esempio, il programma "Family Net" è già al lavoro da un paio di anni, e mette insieme scuola, volontariato, esperti e, appunto, famiglie. Quando si è visto che molti bambini passavano da soli i pomeriggi in casa, ad esempio, e finivano per rimanere indietro con i compiti, è bastato trovare dei genitori disponibili a organizzare dei doposcuola insieme.
NEGOZI-NON NEGOZI – L’ispiratore è stato il "Passamano" di Bolzano, dove non servono banconote né monete per prendere ciò che serve. Un non-negozio basato sulla filosofia del recupero e del riutilizzo, dove gli oggetti non hanno prezzo: «Il concetto è mettere a disposizione di altri qualcosa che non serve più, ma che può ancora essere utile ad altri», spiega Monica Saba della cooperativa Servire, che ha dato vita al progetto con il Comune di Preganziol, 17mila abitanti in provincia di Treviso. Non è (solo) un "aiutare" gli altri, nè un baratto: gli oggetti messi in circolo sono quelli che chiunque userebbe (tipico esempio la biciclettina di un figlio ormai cresciuto). Non è previsto che gli oggetti vengano pagati, neppure in maniera simbolica: non è un mercatino, ma un’iniziativa che vuole far riflettere sul consumo delle risorse e gli sprechi evitabili, e sul rispetto per l’ambiente, «ma è anche un buon modo per conoscere altre persone interessate a questi temi, per uscire di casa, per fare due chiacchiere». Per il momento è aperto il sabato mattina, e il progetto ha già catalizzato le energie di tante persone: gli arredi sono arrivati dal Rotary Treviso Terraglio, l’allestimento della vetrina e il materiale promozionale sono stati realizzati in collaborazione con gli studenti dell’Engim Istituto Turazza di Treviso.