La fattoria sociale modello dove si coltivano (e si cucinano) l’inclusione e il lavoro

Nella foto, alla Volpe sotto i gelsi – la fattoria sociale di San Vito al Tagliamento, Pordenone, considerata una innovazione a livello nazionale – si raccoglie la lavanda.

Il raccolto della lavanda alla Volpe sotto i gelsi

Il raccolto della lavanda alla Volpe sotto i gelsi

È solo una delle tante attività che si svolgono qui. L’obiettivo, ora, è mettere in filiera le diverse strutture che nel tempo si sono aggiunte al progetto, per realizzare una piccola rivoluzione: l’azienda sanitaria locale, che si riforniva a una mensa classica, ha scelto una fornitura di pasti che impegna quotidianamente nel lavoro sei pazienti psichiatriche e utilizza prodotti a chilometro zero, biologici e anche di agricoltura sociale.

Se non ci fosse stata l’alluvione a svolnvolgere i programmi, l’esperienza della Volpe sarebbe stata raccontata alla prima Biennale della Prossimità di Genova (www.prossimita.net).
Nella convenzione firmata nel 2009 con la Regione autonoma Friuli VG, il progetto La volpe sotto i gelsi nasceva per sostenere percorsi riabilitativi, di inclusione lavorativa e di integrazione sociale con un’attenzione particolare a cittadini in condizione di fragilità psico-sociale. Capofila è la cooperativa sociale Il Piccolo Principe di Casarsa della Delizia (che aderisce a Confcooperative Pordenone), cui fanno riferimento altre cooperative sociali della zona.

L’attività è rivolta a soggetti in situazione di difficoltà: persone in carico al dipartimento dipendenze, cittadini segnalati dal Servizio sociale dell’Ambito Socio-assistenziale di San Vito al Tagliamento e persone diversamente abili. Nel 2013 sono stati attivati 22 percorsi di integrazione lavorativa; alcune persone sono diventate socie della cooperativa.

Il Comune di San Vito al Tagliamento ha messo a disposizione a titolo gratuito il terreno agricolo e due serre. L’Ambito sanitario ha contribuito con a titolo gratuito con un’altra serra grande, un prefabbricato e attrezzi agricoli. Mercoledì 8 ottobre, all’annuale festa della zucca, è stato presentato il progetto di ristrutturazione e ampliamento del casale della Volpe: l’ultimo tassello di un progetto di sviluppo realizzato negli ultimi sei anni grazie ad una partnership forte tra pubblica amministrazione e privato sociale: «Questo ha reso possibile arrivare dove siamo, un piccolo passo dopo l’altro, aggregando risorse, fondamentalmente condividendo un sogno di sviluppo di comunità», raccontano in sede.

Se la Volpe sotto i gelsi è il luogo di produzione – dal semino alla piantina alla melanzana – le Fratte, struttura da un anno presa in gestione a Fiume Veneto, è il luogo della trasformazione dove gli ortaggi vengono utilizzati per preparare i pasti a 35-40 tra utenti psichiatrici e operatori dell’azienda sanitaria e della cooperazione sociale, struttura che da novembre verrà ampliata per fornire pasti ai centri diurni per disabili dell’azienda sanitaria per un totale di 180 pasti al giorno.

La fattoria didattica

La fattoria didattica

Nel 2012 la Volpe sotto i gelsi ha ottenuto il riconoscimento di Fattoria didattica regionale, è ora accoglie scolaresche in visita. L’attività di produzione agricola è biologica e sinergica, anche con la vendita di piantine da orto. A ristoranti della zona sono stati forniti ortaggi (cetrioli, insalata, piselli…), piante aromatiche, fiori e piante verdi per abbellire i tavoli e allestire banchetti.
I prodotti agricoli vengono anche venduti direttamente a privati nella sede della cooperativa, che prova a recuperare specie tradizionali e ormai non diffuse sul territorio (anche la lavanda).

Al centro socio-occupazionale per disabili del Piccolo Principe che gestisce la mensa interna per operatori e utenti (una media di 20-25 coperti al giorno) vengono forniti frutta e verdura stagionali; in prospettiva l’idea è mettere in rete le esigenze dei centri semi-residenziali e delle strutture residenziali pubbliche e private del mandamento del Sanvitese, e poi delle mense scolastiche (ad esempio scuole materne parrocchiali), perché questo potrebbe aumentare ancora le possibilità di integrazione lavorativa secondo un modello che potrebbe essere esportato.