È Marsilio editori l’azienda più twittata a Nordest negli ultimi 90 giorni con 1.059 tweet: seguono Benetton (710), Melegatti (613) e Diesel (353). La casa editrice veneziana è anche la più social, grazie agli interventi collezionati sia su Twitter che su Facebook (296); in questo caso la seconda in classifica è Selle Royal (145) e la terza Fiera di Bolzano (123).
A che cosa serve questo genere di informazione? Alle aziende stesse in primo luogo, e anche alle loro concorrenti.
Il monitoraggio viene svolto da Atoka News, un servizio della startup SpazioDati (con sede a Trento e a Pisa) che dal 2013 opera nei settori big data e semantica. La sua mission è “utilizzare i dati per rendere la conoscenza accessibile“: lo fa come aggregatore di notizie grazie al quale sarà possibile essere sempre aggiornati sul mondo del business italiano.
Vengono monitorate 2mila aziende italiane (prossimamente saranno 6 milioni) su oltre 414 testate nazionali e locali. Per gli imprenditori, potenzialmente, uno strumento prezioso per sapere chi fa cosa, e – guardando alla nuova comunicazione – sapere cosa si twitta o scrive su Facebook di questa o quella azienda, scoprire quali sono le imprese più citate e twittate, visionare diagrammi delle fonti e grafici delle tendenze sui social media in modo «semplice, facile e ordinato».
Un passo oltre la semplice rassegna stampa, insomma: «Le informazioni sono attinte da testate sia nazionali che locali: sappiamo bene, infatti, quanto sia strategica la cosiddetta informazione di territorio, regionale, perché questo Paese è al 90% provincia», spiega Gabriele Antonelli, presidente di Spaziodati.
Atoka News – precisa – è ancora una beta, con possibili bug e in fase di aggiustamento, «e la sua analisi al momento è limitata a 2mila tra le principali aziende italiane; in futuro, quando sarà disponibile la suite di business intelligence Atoka, le aziende in questione saranno 6 milioni. Si tratta di informazioni soprattutto commerciali ed economiche, visto che si tratta di aziende. Come per qualsiasi altro aggregatore di notizie, alcune delle informazioni prodotte potrebbero non essere direttamente collegate all’azienda, se non in modo vago, ma poi qui sta all’utente capire cosa gli serve e cosa no».
D’altra parte Atoka News è pensato per piccoli imprenditori, i professionisti e gli artigiani. In particolare gli imprenditori e gli artigiani digitali, gente cioè che per essere competitiva ha bisogno di essere sempre aggiornata, perché opera nel mercato, dove l’informazione è tutto: «Il Nordest ci sembra molto adatto, considerando le peculiarità del suo tessuto produttivo».
A cosa servono i dati ottenuti?
«Occorre analizzarli, come tutte le cose, cum grano salis. Se, ad esempio, un’azienda è molto twittata, le ragioni di ciò potrebbero essere le più disparate: hanno magari lanciato un nuovo prodotto molto innovativo, o magari il loro amministratore delegato si è dimesso ed è andato a lavorare per la concorrenza. In ogni caso, una forte attenzione da parte dei social media è sempre degna di nota, nel bene come nel male. È un indice di realtà. E un imprenditore non può prescindere da questo fatto».
L’attenzione di Atoka News per i social media nasce dalla considerazione che «oggi l’informazione non è più solo quella istituzionale, i social media i blog e così via meritano attenzione perché essi stessi sono fonti di informazione. Naturalmente è sempre imprescindibile il fattore umano, sia esso il professionista dell’informazione che aiuta a decifrare la notizia, sia l’imprenditore che colloca la notizia in un contesto più ampio, basandosi sulle sue conoscenze di dominio».
C’è una relazione fra la presenza sui social e la dimensione aziendale o entrano in gioco altre capacità?
«Di certo le grandi aziende godono, nel bene e nel male, di una forte attenzione da parte dei social. Se la multinazionale (anche tascabile) con sede a Treviso o a Belluno fa qualcosa, ha automaticamente tutti gli occhi addosso, a prescindere da quanto essa stessa sia attiva sui social. In questo senso i brand più noti possono contare su una rendita social che le Pmi non hanno».
Ma le dimensioni non sono tutto: «Naturalmente le dimensioni non solo l’unico fattore importante. Un’azienda anche molto piccola, se dedica risorse ed energie ai social, inevitabilmente ottiene visibilità. In questo caso contano variabili come la sensibilità a un nuovo tipo di comunicazione, la presenza di personale dedicato, lo stile del management – perché spesso la comunicazione risponde alla direzione dell’azienda -, il prodotto/servizio offerto, il settore dove si opera, e ovviamente le strategie di marketing. Ad esempio le case editrici e i gruppi editoriali sono molto attivi sui social, vuoi perché si stanno re-inventando più in fretta di altre aziende attive in settori meno toccati dalla crisi (che invece morde il comparto libro e quello news), vuoi perché il loro prodotto – l’informazione, la conoscenza – si presta a essere comunicato sui social assai più dell’azienda che, ad esempio, vende marmo.
PS: Le aziende nordestine più citate, sempre negli ultimi 90 giorni, sono Assicurazioni generali (27), seguite da Actv, l’azienda di trasporti veneziana (metà probabilmente sono le mancate coincidenze segnalate dalla sottoscritta, peraltro senza mai ricevere risposta) e Banca Popolare di Vicenza, al centro dell’attenzione prima e dopo l’assemblea.