“No farmers no party”: è il motto del Padiglione Expo (ingresso sud, inizio del Cardo sul lato opposto all’albero della vita) dove Coldiretti ha inaugurato la prima mostra dei gioielli del Made in Italy “nati per caso”. La storia è piena di invenzioni nate per caso anche nel cibo: prodotti alimentari italiani frutto della casualità o addirittura nati da errori grossolani, che hanno prodotto specialità apprezzate in tutto il mondo. Il Gorgonzola, per esempio.
La sua origine sembra risalire all’879 d.C., quando, in un caseificio di Milano, un mandriano lasciò per una notte in un contenitore del latte cagliato, per poi aggiungervi per sbaglio dell’altro latte cagliato ed accorgersi qualche giorno dopo di aver creato un formaggio dalle venature verdi che risultava molto appetitoso. Secondo un’altra leggenda, il gorgonzola – racconta la Coldiretti – sarebbe nato da un errore di valutazione di un oste della cittadina di Gorgonzola (in provincia di Milano) che sbagliò la modalità di conservazione di alcune forme di stracchino fresco regalategli da alcuni pastori con lo sviluppo delle caratteristiche muffe verdi.
Anche l’origine dell’Amarone sarebbe dovuta a un errore: le uve vennero lasciate appassire e poi pigiate in inverno e fatte fermentare a basse temperature, creando uno dei vini più famosi al mondo. Circa 70 anni fa, i lieviti naturali presenti nel vino di una botte di Recioto dimenticata nella cantina sociale Valpolicella, hanno iniziato a fermentare e a trasformare tutto lo zucchero in alcool. Alla fine, il capo cantina, ha pensato che il Recioto fosse ormai perduto e diventato molto più che amaro, “Amarone” nel vero senso del termine.
L’ipotesi più accreditata fa invece risalire l’origine del formaggio Imbriago alla prima guerra mondiale, grazie – sostiene la Coldiretti – all’ingegnosità dei produttori agricoli che per nascondere i formaggi fatti in casa agli affamati soldati austroungarici, li coprivano con le vinacce di scarto.
Nati per caso sono anche le peschiole campane (nate dal fallimento di un innesto del pesco coltivato), il grano arso pugliese, i vini muffati e anche il leggendario brodo di giuggiole sembra aver origine da una scoperta casuale dovuta alla tradizione di utilizzare la frutta in abbinamento alla grappa. La pianta importata dalla Siria dai Romani è ancora coltivata nel Basso Garda (Desenzano, Maderno), nel Vicentino e lungo i pendii collinari di in un piccolo comune di Padova, Arqua’ Petrarca (dove il poeta ha vissuto ed è tuttora sepolto). Si narra di questo sapore dolce talmente gradevole che fece innamorare anche la sua musa Laura che quando gustava il liquore andava “in brodo di giuggiole” una espressione proverbiale dovuta al successo e alla fama del liquore, tale da fare uscire quasi di sé dalla contentezza. La tecnica di concentrazione “a fuoco diretto” dei mosti di uva è nata casualmente nel tentativo di eliminare i fermenti nocivi con il calore diretto del fuoco e ha portato alla nascita del cosiddetto vino cotto. Il prodotto concentrato così ottenuto era di sapore gradevole, fruttato e zuccherino e si è cominciato ad utilizzarlo in molte ricette, come salsa dolce per prodotti da forno o per condire pietanze e carni.