Non volevamo fallire  - Storie del Nordest da chi le ha vissute e per chi viene dopo #romanzocollettivo

Parte oggi un progetto nuovo, e aperto alla collaborazione di tutti: lo abbiamo chiamato romanzo collettivo.

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E’ una idea nata da tre persone (ma nuovi ingressi sono ben accetti):  una imprenditrice, un professore di organizzazione aziendale, una giornalista — e con tre sguardi completamente diversi vediamo — e viviamo — ogni giorno l’impresa del Nordest.

Crediamo che valga la pena raccontare e salvare il grande cambiamento di questi anni, quello che abbiamo — tutti — perso e quello che in qualche caso abbiamo ritrovato, perché serva da memoria, e magari possa aiutare qualcuno.

Ma i nostri tre sguardi non bastano: per questo vogliamo solo dare il via a un romanzo collettivo, in cui chiunque abbia qualcosa di sensato, utile e onesto da dire possa farlo. Siamo a disposizione per dare una mano a chi non è abituato a prendere la penna (o il pc) e scrivere, ma ogni storia sarà autentica, senza filtri o interpretazioni.

Queste sono le regole che ci siamo dati:

  • Pubblicheremo su un blog e su un sito le storie che andranno a comporre il romanzo collettivo, saranno gratuitamente accessibili e potranno essere fatte circolare in ogni modo
  • Non chiederemo di esporsi con nome e cognome a chi non vorrà farlo: ci basterà sapere che stiamo veicolando una storia autentica
  • Non ci interessano i numeri, i fatturati, le dimensioni: crediamo che spesso siano le realtà più piccole quelle che hanno dovuto, e saputo, reinventarsi nella lunga crisi
  • Non ci interessano le opinioni o le posizioni personali, politiche, religiose o di qualunque genere
  • Non ci interessano le qualifiche: a raccontare una azienda può essere il suo presidente, l’impiegato, l’operaio, perfino un figlio, un marito o una moglie di chi ci lavora
  • Non racconteremo la crisi: finita o meno che sia: è stata parte del quadro, ma non la protagonista
  • Ci interessa costruire, non distruggere: le nostre esperienze ci hanno mostrato che raccontare le diverse situazioni, studiarle, accendere le luci sulle difficoltà può servire a cambiare, in meglio, le cose

Il primo capitolo lo scriverà Serenella Antoniazzi , che proprio partendo da un libro — “Io non voglio fallire”, scritto pensando a suo figlio e all’importanza di spiegargli questi anni che hanno rischiato di travolgere anche l’impresa di sua madre — e dall’infaticabile lavoro di informazione portato avanti sulle regole che hanno fatto fallire anche chi non aveva né colpa né pena, è riuscita a far inserire nella legge di Stabilità un fondo per le imprese vittime dei mancati pagamenti. Il fondo Serenella.

Ciascun autore potrà poi passare idealmente il testimone — in altre parole invitare — altre persone che sa portatrici di una storia che merita di essere conosciuta. Altrettanto liberamente ci si potrà offrire di scrivere il proprio capitolo, a due o più mani, inviando una mail a romanzonordest@gmail.com o chiamando questo numero (041 5093071). Se serve una mano per riordinare il materiale o raccontarlo, basterà chiederla.

 

 

  • Barbara Ganz |

    molto volentieri Marina, ci scriviamo? le mando messaggio, grazie

  • Barbara Ganz |

    molto volentieri Marina, ci scriviamo? le mando messaggio, grazie

  • Marina Pezzoli |

    Bellissima idea. Il romanzo collettivo porta con se’ una grandissima forza e vitalità. Mi piacerebbe contribuire dal mio osservatorio di una persona che lavora in un grosso ente di formazione.

  • Marina Pezzoli |

    Bellissima idea. Il romanzo collettivo porta con se’ una grandissima forza e vitalità. Mi piacerebbe contribuire dal mio osservatorio di una persona che lavora in un grosso ente di formazione.

  • Gianni De Cecco |

    Ringrazio Barbara Ganz per la sensibilità e disponibilità che ha sempre avuto per chi, come me, ha vissuto da imprenditore le conseguenze delle Primavere Arabe. E’ una delle poche giornaliste che hanno dato voce alle nostre richieste anche se, purtroppo, non hanno raggiunto “la stanza dei bottoni”. L’idea del romanzo collettivo è fantastica perché consentirà di conservare le esperienze degli imprenditori che in silenzio hanno creato e creano sviluppo e lavoro in Italia e all’estero.

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