Da 5,8 mesi del 2014 ai 4,8 del 2015: la buona notizia nel Rapporto Outplacement di Umana è che c’è una tendenza delle imprese ad apprezzare i profili senior. Dalla loro parte c’è l’esigenza delle imprese ad assumere figure con esperienza, ma anche con attenzione all’innovazione, e quindi veloci nell’inserirsi in nuove dinamiche produttive. Per buona parte dei profili ICT che investono in rinnovamento professionale il tempo medio di ricollocazione è dell’ordine dei 2 mesi.
Ma – c’è sempre un ma – si abbassa il valore economico della loro nuova posizione lavorativa.
L’outplacement (supporto alla ricollocazione professionale) è quell’attività che individua o genera percorsi capaci di rimettere in gioco i lavoratori – sia singolarmente che collettivamente – dopo una fermata condivisa o dopo un allontanamento forzoso da una azienda, facendoli rientrare nel circuito occupazionale.
Il Report 2015 di Uomo e Impresa, la società di Outplacement del Gruppo Umana, è una indagine d’ambito nazionale sul supporto individuale alla ricollocazione di figure professionali adulte. “Le aziende apprezzano le persone che sappiano coniugare la loro esperienza pregressa con la necessità di innovazione che caratterizza il mondo del lavoro”, si legge. “Questo favorisce la continuità di carriera all’interno della propria azienda e anche, dall’altro lato, accelera il rientro in azienda di uomini e donne over 50 che nell’ambito della missione di outplacement valorizzano la guida al rinnovamento costruttivo che ricevono”.
Sul fronte dello stipendio, prosegue il report, “è segno di realismo da parte delle persone capire l’attenzione ai costi da parte delle aziende e la selettività dei criteri di assunzione, e quindi confrontarsi talvolta con un’accettabile riduzione del livello retributivo. Starà poi alla persona recuperare nel tempo, consolidando la posizione”.
Chi sono le persone interessate? Hanno fra i 40 e i 55 anni, sono in prevalenza uomini; impiegati, quadri, dirigenti, semplici operai; arrivano prevalentemente dal settore dell’Ict (oggi caratterizzato da un elevato turn over) o da aziende metalmeccaniche. Spesso con una ottima professionalità o un curriculum di rilievo, non giovani ma certo non ancora pronti per la quiescenza, si ritrovano a doversi ricostruire un futuro, rimettersi in discussione. Devono reinventarsi una professione attraverso un percorso che passa anche dal superamento di resistenze emotive e psicologiche; e questo è forse uno degli aspetti più delicati e complessi del lavoro nell’outplacement.
L’indagine fornita dal Report 2015 di Uomo e Impresa registra delle novità significative.
Diminuiscono gli over 50 che perdono il lavoro – L’attività di outplacement 2015 ha registrato sul 2014 un decremento delle prese in carico degli over 50 di 9 punti percentuali (dal 35% del 2014 al 26% del 2015). Per contro, aumentano gli ingressi dei giovani di 6 punti percentuali (dal 19% del 2014 al 25% del 2015). È una conferma del trend registrato nelle ultime rilevazioni Istat: aumenta la perdita di posti di lavoro delle figure giovani, mentre invece diminuisce quella dei più anziani. Se ne deduce la valorizzazione delle figure anziane come depositari di esperienza e di identificazione nell’impresa.
Si accettano impieghi di minor valore economico – Se nel 2014 il valore della nuova posizione lavorativa era paragonabile o superiore alla precedente per l’86% dei casi complessivi (36% superiore, 50% paragonabile) oggi il dato si abbassa al 60% (42% paragonabile, 18% superiore). Chi perde il lavoro è disposto ad accettare un impiego “minore” rispetto al precedente. Il dato è economico: le aziende faticano ad uscire da una lunga crisi che le ha colpite e sono disposte a pagare stipendi di minor entità.
Più donne alla ricerca di un nuovo lavoro – Nel 2015 aumentano le donne che usufruiscono del servizio Outplacement (dal 36% del 2014 al 44% del 2015) spostando l’equilibrio di 8 punti percentuali. Un segnale che indica un acuirsi della problematica occupazionale di genere che negli ultimi anni si è riscontrata quale fattore negativo negli indici statistici.
Aumentano i rapporti a tempo indeterminato – Nei nuovi rapporti si registra un consistente aumento di posizioni a tempo indeterminato (dal 12% del 2014 al 30% del 2015). Una tendenza, confermata dagli ultimi dati sull’occupazione, che può essere letta come il segnale di una seppur embrionale ripresa economica, ma anche quale frutto della politica di incentivazione attivata dal Governo che ha inciso sulle dinamiche occupazionali, soprattutto nella seconda parte dell’anno.
“Ogni persona che ha svolto attività lavorativa possiede un suo livello di ricollocabilità– commenta Giorgio Paladin, amministratore delegato di Uomo e Impresa – . Ognuno, infatti, ha accumulato valori personali e professionali ed ognuno ha la potenzialità di rinnovarsi integrando vecchi e nuovi valori: serve mettersi in gioco e farlo con metodo. Sia chiaro, trovare un nuovo lavoro è difficile, molto”. L’efficacia dei processi di supporto alla ricollocazione si fonda su un principio cardine dell’outplacement: “Fin dagli anni ’80 del secolo scorso, ma oggi più che mai – continua Paladin – invitiamo le persone a non muoversi con l’atteggiamento da cercatore di lavoro, ma come portatori di valori e di soluzioni. Non basta il “curriculum vitae”, che è utile aver elaborato, ma che riflette solo l’immagine del passato. Ci vuole, andando oltre, l’“anticurriculum”: non un documento strutturato e non un’antitesi al curriculum, bensì uno stato mentale della persona, un “guardare avanti” che si riflette sul saper comunicare in modo concreto il proprio valore a chi effettivamente lo può apprezzare”.