Per maturare la pensione minima con i voucher servono 126,5 anni: dal Veneto la campagna anti abusi #1Maggio

Non prevedono indennità di malattia, No Naspi e Asdi, No assegni familiari, No maternità.

E per maturare i requisiti minimi per la pensione con il sistema contributivo, lavorando solo con i voucher, servono 126,5 anni di lavoro (la pensione maturata sarà di 673 euro al mese). Un augurio di lunga vita, o l’evidenza che una vita non basta. Sono i dati della campagna contro l’abuso dei voucher che parte dalla Cisl del Veneto. Perché in Veneto? Perché questa è la regione che registra i numeri maggiori: in valore assoluto viene prima la Lombardia, ma se a Milano e dintorni in proporzione viene venduto un voucher ogni 7,9 lavoratori dipendenti, a Venezia si passa a 12,5.

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Il sindacato ha raccolto in un video le storie, anonime, in un video: la parrucchiera, il pizzaiolo 50enne pagato con pochi voucher e il resto in nero, alcuni lavoratori dell’edilizia, e l’operaia carteggiatrice di 43 anni, un figlio, che con 30 anni di esperienza prende 7,50 euro all’ora.

Il valore minimo del voucher è 10 euro: 1,30 vanno come contributi previdenziali all’Inps, 7% all’Inail come contributi assicurativi, 5% sono costi del servizio, il 75% è la remunerazione del lavoro: 7,50 euro.

Nel 2003 la legge Biagi li aveva introdotti per disciplinare le prestazioni occasionali di tipo accessorio, nel 2008 si è avviata la sperimentazione dei voucher per la vendemmia. La Finanziaria 2010 li ha estesi al lavoro domestico, alle ripetizioni, al porta a porta; poi, nel 2012, la legge Fornero ha eliminato i vincoli sulle attività e il riferimento alla occasionalità. Infine, il Jobs Act ha alzato i limiti dei compensi in voucher.

A ogni provvedimento di legge è corrisposto un aumento dell’utilizzo, fino all’attuale boom: da meno di 200mila nel 2008 a quasi 6 milioni nel 2013, e ora 15 milioni (2015). Stando ai primi mesi del 2016, si potrebbe superare – a fine anno – quota 20 milioni.

voucher

I sindacati hanno posizioni diverse: la Cgil sta raccogliendo le firme – già 3mila – per abolirli tramite referendum. La tesi è che qui si annidi una vasta area di “lavoro grigio” che rende difficile ogni controllo, e produce una categoria di lavoratori di serie B senza diritti.

La Cisl invece non è contraria di principio ai voucher: l’obiettivo della campagna anti abuso è regolarne l’uso, “che oltretutto riduce le entrate contributive all’istituto di previdenza e dunque la tenuta del sistema pensionistico”, sottolinea Vanna Giantin, che rappresenta la Cisl nel Comitato Regionale Inps del Veneto.

Oggi, in Veneto, i lavoratori pagati in voucher sono uno su 27 nell’impiego domestico (dove avrebbero dovuto essere molto usati), uno su tre in agricoltura, uno su sei nel commercio, uno su quattro nel turismo. La proposta è di ripristinare il concetto di occasionalità, tracciarli (giorno, orario, luogo) come ha proposto lo stesso ministro del Lavoro Poletti, portare i contributi Inps al 27% e avviare un monitoraggio permanente. Un monitoraggio che inizia con la creazione di un numero verde – 800 995 035 – per segnalare, anonimamente, la propria storia.

L’appello è “ai lavoratori e alle istituzioni, ma anche alle stesse imprese che lavorano in regola, e che soffrono la concorrenza sleale di chi abusa di questo strumento, o lo usa per “coprire” infortuni sul lavoro, e frammenta la forza lavoro suddividendola fra tante prestazioni”, dice il segretario Cisl Onofrio Rota. In una parola rendendo occasionale il lavoratore, più del lavoro.