Giove 13 luglio, via della Chimica, Porto Marghera. Il giovane tassista non riconosce il nome Vinyls, anzi, ex Vinyls, e cerca su google maps. Dispositivi di sicurezza per tutti, ma nessuno li indossa: qui è tutto fermo da anni. Clima cupo nonostante la tavola apparecchiata, salatini e dolcetti, fra le consolle datate e le foto di come era l’impianto veneziano del Pvc. Davide è uno dei pochi che lavorava qui ad assistere: fa parte della manciata di dipendenti che ancora supportano le imprese che si occupano di smantellare quel che resta: “Una brutta giornata, qui avevamo un mercato, rispettavamo le regole, e oggi il Pcv lo importiamo”.
Poi un’ora di ritardo sul programma, e quando alle 19,30 esplode il botto la torre CV 22 resta al suo posto, immobile anche dopo che il fumo si è disperso. “E le torce sono ancora lì, dure a morire come gli operai”, scrive su Twitter Nicoletta Zago, entrata appena finita la scuola come perito chimico in azienda quando un posto a Marghera era una garanzia per il futuro, una sicurezza. “Marghera dura a morire, neanche con la dinamite. Disponibile a rinascere”, twitta Gianfranco Bettin, ex prosindaco, grande conoscitore del Petrolchimico e di tutte le sue tormentate vicende.
Ma ha comunque dato un messaggio a chi lo ha voluto vedere, e ha ritardato il collasso della seconda torcia, CV24, quella simbolo delle manifestazioni degli operai, saliti una prima volta a novembre 2009, nel freddo e con il vuoto (è un traliccio di metallo), “quasi a prefigurare il vuoto lavorativo che ci aspettava”, dice ancora Nicoletta. Erano in 250. Tutti altamente specializzati, pure troppo per ritrovare lavoro in un settore in cui mancano le alternative.
La mattina dopo, venerdì 14 luglio, Torviscosa, Udine. Una città di fondazione, cioè una di quelle “nuove” nate in Italia negli anni Trenta nel Novecento nei territori di bonifica, caratterizzate da architetture di regime. Una città fabbrica, anche, perchè legata a doppio filo a una azienda italiana, la Snia Viscosa che le ha pure dato parte del nome, impegnata nella produzione di fibre tessili artificiali ricavate dalla cellulosa in questa parte di pianura friulana dove l’esperimento consisteva nel lavorare su larga scala canna comune da cui ricavare la materia prima da lavorare nello stabilimento industriale.
Il nuovo impianto del cloro soda utilizza un processo a membrane, il più ecologico: solo acqua distillata, sale ed energia elettrica. In un anno produrrà 24mila tonnellate di cloro, oltre 26mila di soda caustica oltre a idrogeno. E a proposito di energia: la rete interna della centrale Edison consentirà di avere costi inferiori del 25-30% rispetto a quelli di altri insediamenti industriali. Un modo per rendere Torviscosa davvero attrattiva e competitiva.