Viviamo in un periodo storico in cui il mercato del lavoro si è trasformato e richiede nuove attitudini e competenze. E in un contesto di forti cambiamenti, alcune persone trovano difficoltà nel risalire la vetta di un’occupazione stabile.
Un lavoro equivale all’espressione del nostro valore e quando viene a mancare è la scintilla che abbassa l’autostima, di più ancora se hai una famiglia “alle spalle”. Capacità personali, esperienze e conoscenze acquisite, rappresentano l’unicità di ogni persona. Ed è questa a venire offuscata quando uno perde la sicurezza lavorativa.Vi sono però alcune caratteristiche frequenti fra le persone senza occupazione: una è il senso di inadeguatezza, nascosto in una vocina interiore “È colpa tua se sei a casa, forse non vali molto”, l’altra è la percezione che sia colpa di qualcuno o qualcosa (il governo, la crisi) che “tanto non si può fare nulla perchè ho già inviato 1000 curriculum e non mi chiama nessuno”. In questi momenti, i pensieri ci mettono poco a trainare la mente nella solitudine e nello smarrimento più totale. Perdere il lavoro è un vero e proprio lutto e come tale necessita di essere elaborato.
La cognizione del tempo è connotata inoltre dal forte e incalzante bisogno di tornare il prima possibile alla normalità, così come è urgente il sentirsi parte di un contesto nel quale riconoscersi.
Questo è un post della serie VRUm (Vere Risorse UMane), scritto da Gigliola Camponogara, formatrice, che a Vicenza si occupa di comunicazione, social media e risorse umane.
Il primo passo è prendersi cura di sè, ascoltarsi. Per farlo è necessario instaurare nel quotidiano buone abitudini che lasciano da parte gli autoconvincimenti suggeriti dalla moda del “Se vuoi, puoi”, rischiosa soprattutto nei confronti di persone che non hanno strumenti personali per accendere un percorso di riconoscimento dei propri talenti.
Buone abitudini da mettere in pratica fin da subito:
- alzarsi presto e concedersi una camminata;
- fare ogni giorno qualcosa di diverso (anche percorrere una strada non abituale);
- riordinare la casa: mettere ordine fra le cose allena il riordino delle idee;
- trovare qualcuno con cui parlare per condividere la propria preoccupazione: ci si sente meglio e si può ripartire meno carichi emotivamente;
- coltivare buone relazioni: aiuta ad affrontare e vincere il senso di isolamento, rappresenta inoltre la possibilità di avvicinarci alle offerte lavorative dato che sì, l’80% delle possibilità passa proprio attraverso le persone che conosciamo.
Ripartire è dare vita ad una strategia e per riuscirci serve sapere chi siamo prima ancora del dove dirigerci. Non da soli o, almeno, non completamente. Chiedere aiuto può rivelarsi decisivo.
Un esercizio utilissimo da fare su un foglio bianco è questo, chiedendosi: “cosa so fare? In cosa sono bravo?”, fa emergere desideri personali e rinforza l’autostima. Scrivere anche quello che non si vorrebbe, così si evita di collezionare attività poco gratificanti che non solo non portano beneficio ma impediscono la continuità. Mettere a fuoco i sì e i no, legati ai nostri limiti e alle nostre possibilità, qualunque sia il mestiere che vogliamo intraprendere, aiuta a far emergere il potenziale unico e irripetibile di ognuno. Solo se ci sono chiare le nostre attitudini e conoscenze è possibile comunicarle anche agli altri.
L’esercizio si rivela utile prima di sbarcare sui social network: piazze digitali dove tutto viene amplificato e non smettiamo di essere persone. Internet ha introdotto la reputazione digitale e in poche parole, ciò che pubblichiamo viene notato anche da un potenziale datore di lavoro! Divulgare su Facebook una foto che ci ritrae in situazioni imbarazzanti, non è una buona strategia. Se proprio c’è, meglio custodirla altrove o alzare il livello della privacy.
Pericoloso il “Mi adatto a tutto, farei qualunque lavoro”: perchè non è realistico. Ognuno di noi nasce con qualità e predisposizioni specifiche. Esplorare tutte le competenze anche quelle non legate ad altre esperienze lavorative, ci sorprenderà e ci farà esplorare abilità trasversali che concorrono a pieno titolo alla nostra peculiarità. E se non lo facciamo noi, parliamoci chiaro, nessuno lo farà al posto nostro.
Si è rivelato molto utile, all’interno del progetto diretto da Juri Devigili, Cercando il lavoro, per cui collaboro, il percorso individuale di counselling. Ovvero, la possibilità di essere ascoltati da chi ha competenze relazionali e ha il compito di coadiuvare la persona a ritrovare le proprie risorse. Per i casi più complessi, è suggerito un supporto di tipo psicologico.
Fare chiarezza quindi è un grande vantaggio e permette di attuare un piano che consiste nella ricerca delle aziende potenzialmente interessate alle nostre competenze.
Cercare un lavoro è una vera e propria professione, a tutti i livelli e a tutte le età. Fare una ricerca attiva vuol dire mettersi in gioco senza stancarsi, sperimentando idee. Senza la paura di ascoltare le proprie intuizioni. Fare tentativi, senza mollare. Mai. Finchè l’obiettivo non è raggiunto.
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