Quelli che rimettono la periferia al centro e vendono al mondo: tre storie di aziende di montagna

Oggi, venerdì 23 marzo, nasce a Cortina la “Confindustria per la Montagna”, una rete composta dalle associazioni territoriali e dalle federazioni regionali interessate a promuovere lo sviluppo delle “terre alte”. Se ne parla già da tempo, grazie anche ai risultati – l’innovazione, l’export in tutto il mondo, il ruolo anche sociale contro lo spopolamento – di queste imprese capaci di fare del contesto in cui lavorano un punto di forza.

In questi stessi giorni la città di Tolmezzo, Udine, ospita gli eventi di Innovalp, il festival di idee per la montagna, con un messaggio chiaro: ripartire dal dibattito e dalla condivisione, per parlare di politiche di sviluppo e reagire alla diffusa cultura “del piagnisteo, dello spopolamento e della crisi”.

Ci sono naturalmente, anche le aziende: e queste sono le loro storie.

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Modulblok, i magazzini

che sfidano (anche) il terremoto

Un po’ mare (Pagnacco, dove c’è il quartier generale) e un po’ montagna (Amaro, zona industriale, dove si produce). Modulblok realizza magazzini “su misura” per le esigenze di ciascuna azienda. 150 addetti e molta automazione robotica, spesso interamente progettata al proprio interno. Nell’ultimo anno l’export è cresciuto del 70% (+56% il mercato interno). Dice Mauro Savio, amministratore unico: «Abbiamo una media di 3.000 commesse l’anno da 2.000 euro a 6 milioni di euro. Per affrontarle abbiamo adottato il lean thinking e una automazione di processo globale che supporta la produzione».

modulPeccato che manchi la banda larga, e che per fare comunicare i due stabilimenti l’azienda abbia dovuto affrontare costi significativi per mettere a punto un proprio sistema di trasferimento dati: un ponte radio. Eppure, mai avuta la tentazione di delocalizzare qualcosa: “Potrebbe servirci per avvicinare nuovi mercati: produciamo sistemi complessi, dobbiamo restare entro un raggio di mille, 1.500 chilometri perché il trasporto sia sostenibile. Ma qui troviamo le competenze che ci servono, al di là delle considerazioni sul costo orario: persone solide, sane, serie, gran lavoratori insomma”. In una azienda di montagna ci sono operai che arrivano da paesi vicini, “e magari sono 50 chilometri di strada”, ma la logistica che penalizza è la stessa che in 40 minuti ti fa arrivare in Austria, e ce n’è abbastanza “per far finire un certo vittimismo da periferia no?”.

Intanto Modulblok ha messo in opera piani di adeguamento della zona produttiva, oggi di 18mila metri quadri, avviando un progetto di ampliamento della sede di Amaro di ulteriori 4mila metri, lavori che saranno ultimati in due anni. A completamento, questo sviluppo porterà anche un incremento della forza lavoro, con la stabilizzazione di oltre 30 interinali già in azienda: uno dei primi a essere confermato è un ragazzo che non ha fatto studi tecnici, ma di Agraria: “Ha 19 anni, motivato, serio, pronto a imparare: noi cerchiamo questo. Sappiamo che nessuno arriva in azienda pronto, c’è sempre un ruolo di formazione e di investimento sulle persone da parte nostra. Al lavoro si passano otto ore al giorno, cerchiamo gente felice di stare qui: quando ci sono questi ingredienti, il sale ce lo mettiamo noi”.

Accanto ai reparti produttivi ci saranno nuovi ingressi anche negli uffici tecnici nei quali la presenza femminile è cospicua, ed è una donna la responsabile dell’ufficio tecnico. Un nucleo altamente specializzato è quello che progetta scaffalature antisismiche: qui, nella regione che è rinata da un terremoto devastante (1976) mettendo al primo posto il ritorno al lavoro e la ricostruzione delle fabbriche, e che si è messa immediatamente al lavoro anche collaborando alla stesura di normative aggiornate dopo il sisma che in Emilia ha colpito duramente proprio il sistema produttivo.

Plan 1 Health, “se ci sono le idee

puoi farle crescere ovunque”

Ha lavorato all’estero, poi in grandi aziende del posto, “ma quando ho deciso di creare qualcosa di mio poteva nascere solo qui, in Carnia, Credo nel ruolo sociale delle imprese: tenere sul territorio parte del lavoro e della ricchezza che si crea”. Mario Zearo è amministratore unico di Plan 1 Health, spinoff di Lima (la multinazionale delle protesi in 3D) che sviluppa, progetta, produce e vende prodotti medicali impiantabili di lungo termine, cioè destinati a rimanere nel corpo umano per un periodo superiore ai 30 giorni su due principali linee di prodotto: i sistemi totalmente impiantabili per l’infusione di farmaci e i prodotti per l’implantologia dentale.

interni5Se gli scaffali di Modulblok sono alti fino a 25 metri, “i nostri prodotti non superano i 15 grammi. Potremmo produrli ovunque, se non ci fosse un legame con questo territorio”. Da qui i dispositivi viaggiano poi per raggiungere tutta l’Europa (hanno il marchio CE per la libera vendita in tutti i Paesi dell’Ue) e i sistemi di infusione sono stati registrati anche presso Paesi extraeuropei come Corea del Sud, Cina, USA, Canada, Arabia Saudita, India. L’export vale il 65% del fatturato; quindici gli addetti, altissima specializzazione e un costante investimento in ricerca grazie anche alle collaborazioni con le università come Udine e Trieste (ma anche Politecnico di Milano, Università di Genova e Chieti, le Università di Roma la Sapienza e Tor Vergata, l’Università di Milano e centri privati di ricerca).

Zearo cita gli altri imprenditori carnici che hanno investito qui, creando realtà come l’azienda che produce i fanali per le grandi case automobilistiche, l’attuale Magneti Marelli Automotive Lighting che nel 2016 ha inaugurato nel comprensorio produttivo di Tolmezzo un nuovo padiglione dedicato alla produzione di elettronica per fanali posteriori a LED per auto. “E il tempo che è passato ci ha rimessi ancora più al centro: sono caduti i confini, quelli che per andare nella ex Jugoslavia richiedevano il passaporto, e siamo a due passi da una delle aree più ricche dell’Europa, la Baviera. Altro che periferia”.

Bodino e la seconda vita dell’azienda fallita (salvando le competenze)

Si chiamava Stratex, e produceva strutture in legno lamellare e case in legno. Dichiarata fallita nel 2016, è entrata (anche con il proprio marchio) nel gruppo torinese Bodino, un general contractor che realizza chiavi in mano (progetto, costruzione, fino all’arredo) opere in tutto il mondo con un sistema di Industrie Integrate che comprendono facciate, strutture speciali, musei ed allestimenti fieristici, fino appunto alle costruzioni in legno, il tutto per il 90% all’estero.

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Claudio Genero è il direttore tecnico dello stabilimento di Sutrio, ed è anche uno degli ex dipendenti della Stratex assorbiti nell’operazione di restart. “Lo stabilimento è stato rilevato l’anno scorso, gli impianti sono stati rimodernati e adesso, nel 2018, siamo pronti per ripartire e soprattutto abbiamo già, in casa, le competenze”.

La strada per Sutrio non è delle più facili; fino a 15 anni fa per arrivare a Tolmezzo c’erano anche alcune gallerie da attraversare, e ora che si parla di lavori importanti sulla viabilità “il timore è per il tempo che richiederanno. Ma alla fine ci sarà un miglioramento”. Non è l’unica difficoltà: anche qui manca la banda larga, e si fatica a trovare personale specializzato, perchè i neolaureati preferiscono la città”. Però c’è la vicinanza alla materia prima, “e purtroppo mi riferisco ai boschi dell’Austria e della Germania, non a quelli locali: la filiera del legno in Italia è trascurata da anni, oltreconfine è gestita come una industria mentre le nostre segherie si riducono di dimensioni e qualità”.

Il futuro appare comunque roseo nell’azienda pronta a ripartire: “Nella grande crisi dell’edilizia di questi anni, la costruzione di edifici in legno è sempre stata in controtendenza. E anche nel nostro caso l’appartenenza al Friuli che ha conosciuto i danni del terremoto ha un significato: le strutture in legno sono le più sicure, altamente dissipative della scossa. Ricordo che ai tempi del sisma in Emilia avevamo una casa in costruzione: è rimasta in piedi, quelle di fronte sono crollate, e la famiglia si è trasferita nel garage prima ancora della fine dei lavori. E il fatto di provenire dal Friuli ci dà anche una maggiore credibilità e autorevolezza; quando parlami di scosse sappiamo di che cosa stiamo parlando no? Se questo settore riceverà la giusta attenzione potrà crescere ancora, e l’azienda potrà riassorbire altro personale della azienda fallita”.