Nell’aria c’è profumo di menta, sul pavimento sacchi di fagioli borlotti. Al piano terra del Noi Techpark, il parco scientifico e tecnologico di Bolzano, due giovani tecnici alimentano l’impianto pilota di Mirnagreen, la startup nata a Trento, accelerata da Industrio Ventures, di Rovereto, e ora insediata qui.
L’ha fondata Roberto Viola, un “cervello di rientro”: trasferito in Gran Bretagna dopo la laurea e da lì è rientrato nel 2005 per costituire e dirigere il Centro Ricerche della Fondazione Mach (Fem) di San Michele all’Adige, storica istituzione specializzata nel settore dell’agroalimentare e della nutrizione. Grazie a un brevetto internazionale, l’impianto estrae dalla materia prima vegetale il microRna: «Si tratta di una sostanza presente in ogni pianta – spiega Viola -. Ne stiamo testando diverse, dall’ortica ai legumi, per creare una banca dati completa, ma non sembra esserci una grande differenza qualitativa. L’importante è la quantità: siamo riusciti a ottenere una resa fino a cento volte superiore a quella che si riteneva possibile».
(nella foto Viola con Monia Zuntini, responsabile Ricerca e sviluppo e socia)
MirnaGreen riesce a ottenere attualmente un chilo di estratto al mese: è quello che serve per le prime applicazioni in ambito terapeutico e per gli studi sugli effetti ottenuti nelle principali malattie degenerative. La piattaforma tecnologica sviluppata dalla startup ha un’altra caratteristica: ha un approccio alimentare, nel senso che il prodotto finale può essere usato (e certificato) come alimento, privo di sostanze nocive come solventi o pesticidi. L’estrazione avviene con un metodo naturale, non servono sostanze aggressive. «Finora nei laboratori non si è badato molto alla qualità dell’estrazione, per guardare soprattutto alla sequenza del MicroRna. Noi abbiamo intuito che, a fare la differenza, è invece la quantità. Ci sono studi di livello internazionale che riconoscono il microRna vegetale come uno fra i più efficaci immunomodulanti e anti infiammatori, a supporto del sistema immunitario» aggiunge Viola.
Così il MicroRna vegetale diventa un integratore «nel senso che va a integrare quello che nella moderna alimentazione si è perso. Noi vogliamo sviluppare un prodotto di élite, ma largamente accessibile, disponibile in diverse forme: può essere la classica compressa, ma anche un additivo aggiunto in preparazioni alimentari come il pane». Oltretutto, la ricerca più recente indica il microRna come una molecola molto stabile. Dopo l’estrazione da biomasse vegetali, un ulteriore passaggio rende ancora più concentrato il liquido ottenuto; ancora, solventi organici e biologici trasformano il liquido in una polvere che è 10mila volte più ricca di contenuto rispetto al punto di partenza.
Parallelamente Mirnagreen lavora sull’approvvigionamento, per arrivare a una produzione nel segno dell’economia circolare: «Abbiamo esaminato i sottoprodotti di diverse lavorazioni, come la sansa di olive (quello che rimane dal processo di estrazione dell’olio ). Uno scarto che può diventare la nostra materia prima, con un vantaggio sia per noi che per il produttore. Un primo accordo è già stato firmato con un frantoio». In una regione come il Trentino -Alto Adige, fra vigneti, mele e produzioni di vini, grappe e succhi di frutta, si apre una fonte di approvvigionamento praticamente infinita: «Significa ottimizzare e aggiungere un passaggio di valore alle produzioni locali» spiega Viola.
MirnaGreen è arrivata a Bolzano dopo avere partecipato a un bando della Provincia. Funziona così: sono previsti finanziamenti alla capitalizzazione di nuove imprese innovative o da costituire, che abbiano un elevato contenuto tecnologico e che creino valore aggiunto in Alto Adige. La dotazione finanziaria è di 1,5 milioni per gli anni 2019-2020-2021, «allo scopo di rendere l’Alto Adige una destinazione interessante per imprese innovative nuove o da costituire e per coloro che hanno come obiettivo lo sviluppo di un’idea innovativa, che deve essere descritta dettagliatamente in un business plan triennale. Sono concessi aiuti compresi tra 40mila e 200mila euro per ogni beneficiario». Fra investitori e business angels, la startup ha già raccolto 800mila euro. E quando arriveranno i fondi provinciali, sarà possibile avviare una produzione di quantitativi maggiori. Perché inventarsi una nuova vita da imprenditore dopo anni nei laboratori di ricerca? «Perché lo sforzo è enorme, ma la soddisfazione è altrettanto grande» sorride Viola.