Un ateneo, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, e una startup innovativa italiana con base a Trento, Delphinus Biotech: nasce da questa collaborazione nella ricerca e sviluppo di un disinfettante resistente in grado non solo di eliminare batteri e virus (coronavirus compresi), ma anche di mantenere sulle superfici sulle quali viene spruzzato una protezione attiva per diversi giorni.
Basta pensare alle applicazioni possibili nelle pulizie degli ospedali, o nella sanificazione dei mezzi pubblici, ad esempio. Il tutto grazie a una molecola antivirale di origine vegetale, a lunga resistenza e non tossica per l’uomo che la startup ha sviluppato in Italia negli ultimi otto mesi per un potenziale utilizzo in agricoltura, ma che si potrebbe rivelare molto utile per la lotta al coronavirus.
L’idea di applicarla all’emergenza sanitaria nasce mesi fa, quando il problema sembrava limitato a una regione cinese: “Questa startup rientra in un ecosistema di aziende e strutture che si dedicano all’innovazione in diversi settori, dal medicale alle energie alternative, fra Israele e Inghilterra ed Italia. Un nostro team di ingegneri stava lavorando su un progetto per ricavare energia dalle maree e correnti del mare o fiumi, collaborando con l’università cinese a Chengdu. Sono stati i primi a segnalarci questo problema emergente e quanto fosse potenzialmente rapido a espandersi”, spiega Enrico Fiore, Chief Advisory Board.
La squadra di ingegneri ha allertato i colleghi della ricerca scientifica, e si è pensato di dirottare gli studi in corso sulle proteine vegetali che avevano già dimostrato specifiche proprietà. “La proteina del fiore di Loto, fatta arrivare dal Giappone, si comporta come una cera: rende una superficie impermeabile, ed è impossibile penetrare all’interno. Nelumbo nucifera è il nome scientifico della pianta di loto: le foglie sono ricoperte da un tipo speciale di cera, l’”efetto loto” riguarda foglie e fiori che sono super idrofobici, tanto che qualsiasi struttura entri in contatto con questo cristallo scivola via. Utilizzando una tecnica di biologia molecolare, mediante una proteina di fusione, si ottiene una molecola nuova. Il risultato della fusione, è l’innovazione messa a punto. L’abbiamo chiamata “Bellerofast” ed è indicata per uccidere i virus ed i batteri, compresi i batteri gram+, che ne entrino in contatto. Il virus – semplificando il meccanismo – rimane in superficie ed entra in contatto con una seconda sostanza il cui effetto potremmo paragonare a quello di una mina antiuomo: danneggia, rompe, apre dei varchi nel virus, che è quattro volte più piccolo, sottolinea la ricerca.
La molecola è stata studiata per essere un “super-disinfettante” con la caratteristica di rimanere attiva sulle superfici per diversi giorni anziche’ poche ore come succede agli attuali disinfettanti a base di alcool o cloro presenti sul mercato. La caratteristica principale è la durata sulle superifici e la lunga protezione contro virus e batteri. Durata che dipende dalla concentrazione del prodotto da applicare e dalla quantità applicata.
Bellerofast va applicata a qualsiasi tipo di superficie da contatto. Uccide i virus ed i batteri presenti sulla superficie ed estende la sua durata molto a lungo. Questo significa che, anche dopo giorni dalla sua applicazione, la molecola continuerà a svolgere la sua azione battericida e antivirale: così permette di ottenere una barriera protettiva continuativa, riducendo i numero dei trattamenti di sanificazione. Consideriamo che a oggi un disinfettante si ossida o evapora, quindi perde la propria capacità antibatterica e antivirale, nell’arco di tre o quattro ore mentre Bellerofast dura qualche giorno. Maggiore efficienza, e anche minori costi.
La molecola ha dato risultati più che incoraggianti: a questo punto servono i test, anche con il virus stesso: molte però sono le strutture chiuse in diverse regioni, o con un livello di sicurezza non abbastanza elevato. Cercando uno spazio idoneo, la startup ha contattato Ca’ Foscari. Ora il team dell’azienda collabora con il gruppo di ricerca in biotecnologie guidato dal professor Alessandro Angelini, nell’edificio Beta del Campus Scientifico di Mestre, per produrre le molecole da utilizzare nei successivi test con il virus SARS-CoV-2.
Il laboratorio cafoscarino di biochimica è dotato di tutta la strumentazione necessaria per produrre la molecola, una proteina ricombinante di fusione, a partire da due frammenti di DNA di origine vegetale che vengono clonati e uniti nella nuova proteina che poi deve essere riprodotta e depurata.
“L’obiettivo comune di affrontare il virus con la ricerca scientifica e l’innovazione ci ha permesso, nel giro di poche ore dalla richiesta dell’azienda, di arrivare alla firma della convenzione e i biologi sono già in laboratorio a lavorare”, afferma Pietro Riello, direttore del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari.
Alessandro Paparella, biologo della Delphinus Biotech spiega: “La molecola, chiamata Bellerofast, non evapora come avviene per i comuni disinfettanti basati su alcol o cloro. L’obiettivo è creare una trappola biologica che isoli il virus e ne distrugga la membrana esterna. Le nostre simulazioni ci dicono che il sistema funziona. Nel giro di qualche giorno saremo in grado di testare Bellerofast sul virus vero e proprio in laboratori specializzati a Padova e Trieste, per poi avviare la produzione”.
Delphinus Biotech, afferma l’amministratore delegato Marco Cappellaro, “intende essere parte attiva nella lotta contro il coronavirus, pertanto, in caso di successo dei test, concederà al governo italiano la licenza di produzione fino alla fine dell’emergenza sanitaria nazionale”. Perché l’obiettivo è arrivare rapidamente alla fase dei test e poi della produzione, che si immagina su larga scala: “Puntiamo a concludere la prima fase in una decina di giorni – spiega Fiore – per poi arrivare alla validazione finale: abbiamo già l’accordo con due laboratori di virologia internazionali. La produzione, possibilmente sotto forma di spray, dovrà essere adeguata alle esigenze, a cominciare dai reparti di terapia intensiva dove il personale entra in contatto con cariche virali molto elevate e ripetute per poi arrivare ai grandi centri commerciali, aerei, navi, aeroporti, stazioni, scuole, abitazioni private. L’effetto del gel a base di alcol è istantaneo, quella alla quale vogliamo arrivare è una protezione durevole. Non si sono controindicazioni: potrebbe perfino essere usato su uniformi e mascherine, un’arma in più – interamente vegetale – per fermare la diffusione del virus“.