“Il versante veneto della Marmolada è accessibile e sicuro. Le nostre attività sono aperte e gli impianti perfettamente funzionanti. Le decisioni prese dagli enti locali trentini, per quanto legittime e comprensibili, se non adeguatamente chiarite e comunicate, corrono il rischio di creare confusione nel pieno della stagione e, alimentando una cattiva comunicazione, di creare disorientamento nella platea degli ospiti delle nostre valli. Sempre nel rispetto assoluto di quello che è successo il 3 luglio, le imprese turistiche, nonché tutto l’indotto che esse generano, hanno il diritto/dovere di poter lavorare”.
Così la società Marmolada, che gestisce gli impianti di risalita sul versante bellunese del massiccio, interviene alla luce dell’ordinanza del comune di Canazei, con cui si amplia l’area in cui vige il divieto di accesso sulla Marmolada, comprendendo anche la sponda del lago di Fedaia che si trova in corrispondenza del seracco crollato all’inizio del mese.
“Non entriamo nel merito delle valutazioni, non è di nostra competenza, quello che deve essere chiaro è che la parte bellunese, come la strada di collegamento tra la val di Fassa e l’Agordino attraverso il passo Fedaia, non sono minimamente interessate da questi provvedimenti di chiusura e limitazione. Sarebbe opportuno che le stesse Istituzioni bellunesi e venete lo ribadissero a loro volta con una comunicazione mirata per non fare del male a questi territori che vivono soprattutto di turismo. Molti nostri visitatori sono convinti che sia tutto chiuso e prediligono altre mete: non ce lo possiamo permettere dopo tutto quello che abbiamo passato negli anni contrassegnati da pandemia, incertezza e limitazioni”.
“Quanto successo il 3 luglio scorso ha provato tutti noi, operatori e comunità, ma solo una montagna usufruibile è una montagna viva e sicura. Ai vicini amici trentini chiediamo di evitare fughe in avanti e di coinvolgere anche gli operatori. Il momento è delicato e non possiamo compiere passi falsi”, conclude Marmolada Srl.
L’area rossa
Sul fronte trentino, la potenziale instabilità della nicchia di distacco del ghiacciaio e l’allargamento di alcuni crepacci posti sui cambi di pendenza della Marmolada hanno portato ad una ridefinizione dell’area rossa sul massiccio, dopo i tragici fatti dello scorso 3 luglio.
Sulla base della relazione tecnica del Servizio prevenzione rischi e Cue della Protezione civile del Trentino, lo scorso martedì 26 luglio il sindaco di Canazei ha firmato un’apposita ordinanza che vieta l’accesso al versante nord della montagna, a tutela della pubblica incolumità. Con l’istituzione della nuova zona rossa, continuano ad essere accessibili la diga del lago di Fedaia e l’omonimo passo, mentre viene parzialmente chiuso il vecchio percorso che costeggia il lago in sinistra orografica, a partire dal ponte sul canale di Gronda.
Sono ora sospese le attività dei rifugi Capanna ghiacciaio e Cima Undici. Il divieto di transito e di accesso alla zona interclusa vale anche per alpinisti e arrampicatori che dovessero percorrere le vie alpinistiche della parete Sud-Ovest della Marmolada. Sarà dunque denunciato chiunque si addentri nell’area compresa tra: prossimità Villetta Maria sentiero E618-E619, prossimità Rifugio Dolomia sentiero E618-Altavia n. 2-E606, prossimità rifugio seggiovia, sentiero E618 dal bivio E604 fino alla diga, sentiero E606 dal bivio con il sentiero E610 direzione forcella Marmolada, la vecchia strada che porta alla diga di Maria al lago fino a prima della casa guardiani dell’Enel civico 9, pista da sci denominata “Sas de Mul-Fedaia”.
All’indomani della tragedia erano state installate a 2.700 metri di quota delle apparecchiature di monitoraggio in tempo reale, costituite da due interferometri e un radar doppler, necessari per valutare anomali e improvvisi spostamenti della porzione di ghiacciaio instabile. Inoltre, attraverso i rilievi realizzati con i droni si è potuto ricostruire il fronte interessato dall’evento.
I monitoraggi hanno riguardato sia l’area del crollo, sia le due lingue di ghiaccio che lo delimitano in destra e sinistra orografica. Come previsto, a causa delle alte temperature che caratterizzano il territorio in queste settimane, le lingue glaciali nel loro movimento hanno prodotto l’allargamento di alcuni crepacci. In particolare, quello che si è evidenziato domenica 17 luglio che taglia l’intera lingua glaciale in destra orografica (ossia a sinistra del distacco per chi osserva la montagna da valle) viene costantemente monitorato per osservarne l’evoluzione.
“Lo studio della morfologia dell’area ha permesso di identificare i percorsi potenziali delle masse ghiacciate che dovessero staccarsi anche da queste due lingue. Tale analisi ha di fatto confermato un percorso di scorrimento che si adatta molto bene a quello delle valanghe storiche cartografate e di quelle simulate nell’ambito della redazione della Carta delle pericolosità (adottata dalla Giunta nel settembre 2020, ndr)” si legge nella relazione. È stata valutata anche l’ipotesi che un eventuale distacco possa arrivare a lambire o entrare nel bacino artificiale della diga di Fedaia: “Dalle valutazioni svolte (…) l’effetto di un eventuale afflusso al lago con il livello d’invaso attuale, risulterebbe contenuto all’interno dell’invaso senza interessare direttamente il coronamento della diga e/o il piano stradale della SS 641”.