Il governo che verrà dopo le elezioni, qualunque sarà, dovrà affrontare anche il tema della programmazione delle risorse destinate agli strumenti per la gestione delle crisi aziendali. Uno fra questi è la cassa integrazione straordinaria per cessazione che, in diverse occasioni, è stata utilizzata anche in Veneto con buoni risultati, a supporto del modello regionale – esportabile – da applicare nei casi in cui una multinazionale sceglie di lasciare un territorio.
Questo strumento è destinato – salvo proroghe – a scadere a fine 2022. “Rispetto alle vertenze in corso che coinvolgono multinazionali in uscita, anziché percorrere la suggestione del poter comminare eventuali sanzioni, abbiamo scelto una via diversa: prendendo atto che è impossibile trattenere chi, in un contesto globale, sceglie di dismettere un investimento in Italia, lo facciamo sedere attorno ad un tavolo e cerchiamo, insieme alle Parti sociali coinvolte, la strada per non lasciare che il sito dismesso diventi un deserto industriale. Occorre trovare nuovi investitori, che siano dello stesso settore o altri. Ma serve il tempo, e a questo è servita anche la cassa integrazione per cessazione. Sarebbe un grave danno perdere questo strumento”, dice Elena Donazzan, assessore al Lavoro del Veneto.
Può funzionare? I fatti dicono di si, a cominciare dall’ultimo, che riguarda Ideal Standard (ne aveva parlato anche il papa). La multinazionale belga di accessori per il bagno aveva comunicato al Ministero dello Sviluppo economico, nell’ottobre 2021, la volontà di chiudere a Trichiana, Belluno. Una «giornata drammatica per l’intera industria veneta», l’aveva definita l’assessore Donazzan. Il confronto – a volte duro – è iniziato quasi subito e ha portato a un accordo tra le Parti costruito in sede regionale e divenuto un vero e proprio modello.
L’azienda non solo ha aperto al subentro di un nuovo investitore, assumendosi l’onere di incaricare un advisor per valutare offerte e manifestazioni di interesse guardando alle prospettive industriali e al mantenimento dell’occupazione (450 persone); ha anche messo a disposizione una dote che ha incluso la cessione a un prezzo simbolico (un euro) dello stabilimento, del marchio (valore 2,5 milioni), dei macchinari, e una parte in finanza (10 milioni), per un totale di impegno che può raggiungere i 15 milioni. Nessuna preclusione nemmeno al subentro di un concorrente, ovvero un operatore che producesse, ancora, ceramica. In realtà alla fine è stata una cordata di imprenditori veneti composta da Banca Finint, Delfin, Luigi Rossi Luciani e Za-Fin – a rilevare Ideal Standard dando una nuova vita al marchio “Ceramica Dolomite”.
“La multinazionale non era obbligata a collaborare – chiarisce Mattia Losego, Dirigente dell’Unità crisi aziendali regionale di Veneto Lavoro, struttura nata dopo gli anni della crisi più acuta (quella dl 2008) con funzioni di gestione delle crisi e supporto alle reindustrializzazioni – lo ha fatto a fronte di un rapporto costruttivo con tutte le parti in causa, e comunque finalizzato a concretizzare l’uscita già programmata. Tutti hanno messo in gioco impegno e competenze, considerato il numero di posti di lavoro in gioco, con la regia delle istituzioni e un sindacato convintamente orientato alla salvaguardia industriale e occupazionale del sito”.
Gli strumenti
Quali sono stati gli strumenti in campo? “La cassa integrazione ha dato il tempo di ricercare un nuovo investitore mantenendo, e questo è fondamentale, i lavoratori legati al sito. Perché chi subentra sa che deve poter contare su competenze consolidate. Nel caso Ideal Standard sono bastati pochi mesi”.
Nelle tante crisi aperte l’esperienza veneta può essere di supporto al potenziamento del modello nazionale di gestione delle crisi? “Sì, occorre ragionare su come coordinare gli interventi nazionali e regionali; come sostenere e incentivare chi è pronto a reindustrializzare anche innovando la normativa sugli aiuti di Stato” conclude Losego.
Non c’è solo Ideal Standard nell’esperienza veneta: si possono considerare successi quelli di Socotherm di Adria, Rovigo, dove è subentrata Grimet, azienda familiare del veronese specializzata nella produzione di barre e tubi cromati, che opera con processi produttivi e tecnologie affini e complementari a quelle dell’impianto in chiusura, e Esoform, portato a termine nell’estate 2020: l’uscita di Ecolab production, multinazionale del trattamento acqua e igiene con due siti in Italia, a Rovigo e nel Milanese, ha visto rinascere la vecchia Esoform, in passato acquisita di chi poi ha dismesso l’investimento e avviato il licenziamento collettivo per oltre 100 persone. La nuova società oggi produce liquidi per lenti a contatto con lo storico marchio Esoform, ottenuto con la trattativa che ha portato alla cessione a condizioni di favore anche di sito e macchinari. Il tutto con la regia di Confindustria Venezia Rovigo e, ancora una volta, dell’Unità crisi aziendali della Regione.
E ancora le ripartenze del sito Unilever di Sanguinetto, Verona, con il subentro di Menz&Gasser, sempre nel settore alimentare, che dalla multinazionale in uscita ha ottenuto anche una commessa che ha garantito parte dei livelli di produzione necessari.
Fra i casi ancora in attesa di soluzione c’è quello di Alternapak Production srl di San Pietro in Gu (PD), che opera nel settore della produzione di imballaggi alimentari in cartone accoppiato. La multinazionale è olandese, la cassa per cessazione è già stata avviata. La ricerca di un nuovo investitore prosegue e ci sono state alcune visite nello stabilimento. La Regione del Veneto ha confermato l’impegno ad agevolare l’individuazione di eventuali strumenti economico-finanziari per il sostegno di un nuovo progetto industriale, anche in raccordo con il Ministero dello Sviluppo economico.
(le foto si riferiscono a manifestazioni per Ideal Standard e Acc, a Borgo Valbelluna)