La vitalità delle imprese straniere: a NordEst lo è una su 10 (in crescita)

L’imprenditoria di origini straniere è un dato strutturale del nostro sistema produttivo: a confermarlo sono i numeri del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio riferiti al periodo 2018-2022 elaborati da Unioncamere-InfoCamere sulla base di Movimprese, l’analisi statistica sull’andamento della demografia delle imprese italiane, che testimoniano una grande dinamicità. Per imprese di stranieri si intende l’insieme delle imprese in cui la partecipazione di persone non nate in Italia risulta complessivamente superiore al 50%, mediando le composizioni di quote di partecipazione e cariche ricoperte.

Una su dieci

Alla fine del 2022 le imprese con una prevalenza di soci e/o amministratori nati al di fuori dei confini nazionali sfioravano le 650mila unità, poco più del 10% dell’intera base imprenditoriale del Paese (appena sopra i 6 milioni di unità). Una «stabile presenza si accompagna a un dinamismo anagrafico sconosciuto alle imprese avviate da persone nate in Italia. Negli ultimi cinque anni, l’imprenditoria straniera ha fatto segnare una crescita cumulata del 7,6% a fronte di un calo delle imprese di nostri connazionali del 2,3%. In termini assoluti, queste dinamiche non riescono a compensare la scomparsa di attività italiane: dal 2018 a oggi, le imprese di stranieri sono aumentate di 45.617 unità mentre le non straniere sono diminuite di 126.013 unità, cosicché il totale complessivo della base imprenditoriale del paese si è ridotto di 80.396 imprese».

A NordEst

In Veneto al 31 dicembre 2022 le aziende straniere erano 53.413, una percentuale pari all’11,3%, dunque oltre la media nazionale; in quattro anni, dal 2018, sono aumentate di 3.437, mentre quelle italiane sono calate di 17.405. Un aumento del 6,9%, in linea con quello registrato dal Friuli Venezia Giulia (+6,7%) dove le imprese di stranieri sono 12.864, e pesano per il 13,1%. Numeri anche più significatovi come incremento sono quelli del Trentino Alto Adige, dove nel quadriennio si raggiunge +21,8% che porta il totale al 31 dicembre 2022 a 9.116 (l’8,1% delle imprese presenti). Solo a Bolzano dal 2018 al 2022 la crescita è del 22,2%.

Il caso Venezia

Nei territori di Venezia e Rovigo al 31 dicembre 2022 erano presenti 10.848 (di cui 8 8651 a Venezia e 2197 a Rovigo) imprese straniere attive, in crescita di 166 unità (+1,6%) rispetto al 2021 e di 444 (+4.3%) rispetto al 2019. Nel 2022 le imprese straniere rappresentano, nelle due province, il 12,1% delle sedi d’impresa attive in costante crescita negli ultimi anni (nel 2014 erano il 9,2%).

Per il 74% si tratta di imprese individuali, per il 16% di società di capitali e per il 9% di società di persone. I primi tre settori di attività sono il commercio, le costruzioni e i servizi di alloggio e ristorazione. «Spesso le aziende straniere vedono opportunità in settori trascurati dagli imprenditori italiani: questo fa capire che l’Italia resta un Paese appetibile per le iniziative private», osserva Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto.

Il caso Svizzera

Considerando le nazionalità prevalenti all’interno delle imprese, il Friuli VG mostra una differenza rispetto all’Italia, dove la maggioranza di persone in aziende straniere è romene, con un primato delle aziende svizzere. A influire in questo caso è la cosiddetta “immigrazione di ritorno”: la Svizzera registra nell’imprenditoria regionale 1.903 persone, pari al 9,5% del totale delle persone straniere registrate nelle imprese, seguita da Serbia e Montenegro (1.410, 7,0%), Romania (1.337, 6,6%), Cina (1.294, 6,4%) e Albania (1.278, 6,4%). In classifica seguono poi Francia, Germania, Marocco, Kosovo e Serbia, tutte al di sotto del 5% come incidenza percentuale.

Gli impatti economici

Università Ca’ Foscari Venezia e Fondazione Leone Moressa riflettono sugli impatti economici dell’immigrazione, con l’obiettivo anche di studiare iniziative mirate di collaborazione in grado di contribuire ai processi di integrazione come parte sempre più importante dello sviluppo economico e culturale del nostro territorio. Al centro ci sono i dati del XII Rapporto sull’Economia dell’Immigrazione, integrato con gli ultimi dati aggiornati al 2023; una base per comprendere «non solo l’importanza che l’immigrazione ha assunto nell’economia del Paese, ma anche come una politica migratoria seria e lungimirante sia oggi un’azione necessaria per consolidare la ripresa e fornire prospettive di crescita in un contesto demografico e geopolitico molto più difficile del passato», Enrico Di Pasquale, ricercatore della Fondazione Leone Moressa.

Migrazioni ed economia

L’imprenditoria immigrata rappresenta «uno dei fenomeni economici più interessanti legati alla presenza straniera in Italia – sottolinea il ricercatore. Anche negli anni di crisi economica (2008, 2011, 2020), l’imprenditoria immigrata ha sempre registrato trend di espansione. Il fenomeno rappresenta, da un lato, la prosecuzione di un percorso di integrazione, generalmente dopo alcuni anni di esperienza nel lavoro dipendente. Al tempo stesso, però, la scelta imprenditoriale rappresenta una soluzione dovuta alle scarse opportunità di crescita nel lavoro dipendente». Non solo: «In molti casi esiste un “effetto sostituzione” nei confronti di imprese italiane, spesso con una perdita di produttività e capitale sociale. Monitorare il fenomeno è quindi utile per capire le caratteristiche di questa componente e stimolare le sinergie e le collaborazioni con le imprese locali». Di fatto «la crescita dell’imprenditoria immigrata non è più una sorpresa. Il trend prosegue anche negli anni di crisi: il fenomeno può essere un’opportunità anche per le imprese italiane, ma sono ancora poche le sinergie», conclude.

Il fenomeno

A partire dai dati, Fondazione Leone Moressa fotografa la situazione al 31 dicembre 2022, con 761.255 imprenditori nati all’estero (10,1% del totale) e 575.673 imprese a conduzione prevalentemente straniera (11,2%) in Italia. La graduatoria dei principali Paesi di nascita offre una panoramica sulle dinamiche in corso. I primi due Paesi per numero di imprenditori sono Cina (77.541) e Romania (75.801), che insieme rappresentano un quinto degli imprenditori immigrati in Italia.

Nell’ultimo anno le comunità con gli aumenti più significativi sono state Albania (+7,4%), Egitto (+3,9%) e Pakistan (+3,5%). Stabile invece il Bangladesh, che negli ultimi dodici anni aveva registrato un raddoppio dei propri imprenditori (+136,8%). Confrontando gli imprenditori per ciascun Paese con la popolazione in età lavorativa nata nello stesso Paese , è possibile calcolare il “tasso di imprenditorialità” per ciascuna comunità. Tra i nati in Italia, gli imprenditori sono il 20,9% rispetto alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni). Tra i nati all’estero, questo valore è decisamente più basso (13,8%). Tuttavia, tra i nati all’estero la situazione è molto variegata: il record spetta alla Macedonia, con un tasso del 51,3%. Superano il 30% anche Russia e Cina, mentre sono fortemente al di sotto della media Albania (12,9%), Romania (8,8%) e India (7%).


Il settore con più imprenditori nati all’estero è il Commercio, con 235 mila imprenditori (31,0% del totale). Seguono Servizi e Costruzioni, rispettivamente col 24,2% e il 22,4% del totale. La prima regione per numero di imprenditori stranieri è la Lombardia, con poco più di 160 mila unità (oltre un quinto del totale nazionale). In questo caso, la componente immigrata rappresenta il 12,0% dell’imprenditoria complessiva. La seconda regione è il Lazio, con quasi 85 mila imprenditori. Seguono poi tre regioni con oltre 60 mila imprenditori stranieri: Emilia-Romagna, Toscana e Veneto. E nelle prime 10 province per imprenditori immigrati in numeri assoluti figurano Verona e Treviso. Se si guarda all’incidenza sul totale, invece, si trovano Trieste (seconda) e Gorizia (ottava).

(foto via Pixabay)