Dalla frutta fresca alla frutta secca: un cambiamento indotto dalla perdurante crisi di mercato. È stato quando, alcuni anni fa, gli hanno pagato le susine tre centesimi al chilo che Raffaello Mantovani, agricoltore polesano che fa capo a Confagricoltura Rovigo, ha deciso di tagliare susini e peri, investendo in nocciole. Una scommessa vinta dal produttore, che oggi conta cinque ettari a noccioleto a Villanova del Ghebbo e l’anno prossimo intende raddoppiare, arrivando a dieci ettari.
Investimenti contenuti, poca manodopera e trattamenti ridotti: così riassume la sua scelta Mantovani, titolare dell’omonima azienda agricola, che produce anche insalata e orticole nella sede principale di Lusia e pomodoro da industria e cereali a Lendinara. “Nel Polesine, per decenni, susine, mele e pere sono state piante molto diffuse e redditizie – spiega -. Poi la concorrenza dei Paesi stranieri, la siccità, le fitopatie e la crisi economica innescata dal conflitto russo-ucraino hanno dato la mazzata definitiva al settore. Ho chiuso annate a redditività zero. Ed ho capito che dovevo cambiare strada, se non volevo soccombere. Così ho cominciato a sostituire susini e peri con i noccioleti, piante rustiche che danno più sicurezza di portare a casa un reddito. Ho ancora sette ettari di pere e cinque di susine, ma ogni anno c’è un problema: una volta manca la produzione, un’altra i prezzi che ci pagano sono troppo bassi, l’altra ancora c’è il problema delle fitopatie, contro le quali non abbiamo quasi più armi di difesa perché ci hanno tolto tutti i principi attivi. Così il prossimo anno tirerò via una decina di ettari di frutteto e pianterò altri noccioleti”.
Domanda in crescita
Le noccioline sono molto richieste: l’Italia, infatti, è deficitaria del 70% rispetto alla domanda. “Industrie come Loacker e Ferrero chiedono prodotto italiano, perché da Paesi come la Grecia, la Turchia e l’Algeria arriva merce di qualità inferiore – dice Mantovani -. Questo mi sta spingendo a investire ancora di più su questo fronte. Quest’anno ho prodotto 40 quintali di nocciole, ma quando le piante saranno al 100% della produzione le rese arriveranno a 20-25 quintali all’ettaro e il raccolto sarà foriero di soddisfazioni. Nel frattempo, ho acquistato una macchina per la raccolta e una per la pulitura, così sono riuscito a risolvere il problema annoso della carenza di manodopera. Il prossimo anno acquisterò un essiccatoio. Adesso ho iniziato a confezionare anche i sacchetti di nocciole natalizie, con l’aiuto di moglie e figli. Magari in futuro si potrà meccanizzare pure questo, se le cose continueranno ad andare bene. Nel 2022 il prezzo pagato a noi produttori per le nocciole è stato soddisfacente: 320-330 euro al quintale. Si prevede che salga a 350 euro al quintale. Perciò tengo ancora la frutta secca in magazzino, per attendere il momento giusto, quando ci sarà più richiesta dall’industria”.
Le varietà pregiate
In Veneto sono circa un migliaio gli ettari coltivati a nocciolo. Le varietà più pregiate e richieste dal mercato sono la Tonda Gentile Trilobata (ex Tonda Gentile delle Langhe), la Tonda di Giffoni, la Tonda Gentile Romana e Nocchione. In Polesine parecchie aziende di seminativi e frutticole stanno piantando noccioli per differenziare le colture, da Badia Polesine a Ceregnano, con il supporto dei tecnici di Confagricoltura. I costi sono contenuti: 3.500-4.000 euro a ettaro, comprese la preparazione del terreno e la messa a dimora. “Si punta a creare un punto nocciola in Veneto ed Emilia – informa Mantovani -. La mia azienda e altre due sono capofila in Polesine per produttività, ma altre stanno seguendo il nostro esempio perché la coltura potrebbe rappresentare una valida alternativa produttiva ed economica”.
Si parla di #AziendeaNordest. Potrebbe interessare anche:
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