L’acquaponica è una tecnologia ‘verde’ che combina acquacoltura e idroponica. Reende possibile, ad esempio, produrre lattuga e trote nella stessa serra, usando sempre la stessa acqua, senza terra e senza pesticidi. Nota ma non ancora diffusa, sarà un ‘must’ dell’agroalimentare del futuro.
Nel frattempo, diventa oggetto di studio e sperimentazione con un progetto, Bluegrass, guidato dall’Università Ca’ Foscari Venezia, finanziato dalla Commissione europea attraverso il programma di cooperazione territoriale Interreg Italia-Slovenia. L’obiettivo è far conoscere e diffondere la tecnologia agroalimentare sostenibile tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Capodistria.
Un impianto di acquaponica è un sistema in cui l’allevamento dei pesci serve a produrre ortaggi. L’acqua proveniente dalla vasca dei pesci, infatti, viene filtrata e porta nutrienti alle piante adagiate nei loro letti di coltura intensiva, per poi riprendere il ciclo. Un piccolo impianto può produrre in un anno 500 chilogrammi di pesce e 4,6 tonnellate di insalata. Oltre alle verdure a foglia, possono essere coltivate anche zucchine, melanzane, pomodori o persino alberi da frutto. Nell’altra metà della serra, possono contemporaneamente crescere trote, carpe, tinche e quasi tutte le specie ittiche d’acqua dolce.
Il progetto prevede un’analisi di mercato, la realizzazione di impianti pilota in Italia e in Slovenia, il coinvolgimento di allevatori e agricoltori che possono essere interessati a innovare le proprie tecnologie produttive, la comunicazione al consumatore attraverso attività di didattica e dimostrazioni.
Grazie all’acquaponica piccole aziende agricole possono ampliare e diversificare la produzione. Piace ai giovani per il contenuto di tecnologia e innovazione. Può facilmente coinvolgere addetti con disabilità. Inoltre, offre al consumatore prodotti a ‘chilometro-zero’ e sostenibili.
“La tecnologia è interessante per lo sviluppo di un’agricoltura urbana – spiega Daniele Brigolin, ricercatore che coordina il progetto – e può rivelarsi un’opportunità per le aree dei paesi in via di sviluppo in cui è cruciale aumentare la produzione agroalimentare in modo sicuro, intensivo e con ridotto consumo idrico”.
Il team cafoscarino, composto da Brigolin, dal professor Roberto Pastres e dai ricercatori Andrea Alberto Forchino e Elio Cannarsa, ha già realizzato nei mesi scorsi un impianto pilota di acquaponica nell’Oasi WWF di Valle Averto, producendo tinche e lattuga.
Da questa esperienza è nata l’idea del progetto Interreg, che sarà condotto dal Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari in collaborazione con l’Università di Lubiana, l’Unione Territoriale Intercomunale del Noncello (Pordenone), KZ-Agraria di Capodistria e la cooperativa sociale Shoreline di Trieste.
Il progetto durerà 30 mesi.