Tutti concentrati a polemizzare sui bio-sacchetti al reparto ortofrutta del supermercato, ma l’obbligo di pagamento per quei sacchetti – leggerissimi con spessore sotto i 15 micron – non riguarda solo loro. Una particolarità della legge impone la cessione a titolo oneroso di tutti i bio sacchetti che vengono consegnati da commercianti e artigiani al cliente. E tra questi anche i calzolai, e non solo.
“Dobbiamo far pagare un sacchetto che prima, nella maggioranza dei casi, davamo gratis? Ebbene sì. È un obbligo, ce lo impone la legge” spiega un esterrefatto Eugenio Moro Presidente regionale veneto dei calzolai di Confartigianato, che precisa: “Oltre al danno (per il consumatore) la beffa è per noi calzolai.n base infatti a quanto contenuto nel Decreto del Presidente della Repubblica 21.12.1996, n. 696 (Regolamento recante norme per la semplificazione degli obblighi di certificazione dei corrispettivi), molte delle nostre botteghe sono esenti dalla emissione dello scontrino, che ora dovremmo comunque fare per un importo di pochi centesimi. Incredibile!”
“E non è finita – prosegue Moro -. Dalla norma non è, ad oggi, nemmeno chiaro se sia possibile, per il cliente, recarsi dal negoziante con la propria sportina di plastica senza rischiare di far incorrere il negoziante in una sanzione”.
Per i trasgressori, sono infatti previste sanzioni pesanti. La vendita delle borse di plastica non rispondenti alle caratteristiche previste dalla normativa è infatti punita con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 2.500 a 25mila euro. Sanzione che può persino essere aumentata fino ad un massimo di 100mila euro. Non è addirittura possibile fare ‘promozioni’ per abbattere il costo del sacchetto. Sarebbero infatti considerate pratiche elusive. E scatterebbero multe.
“La soluzione a questo punto è abbandonare la plastica – afferma Moro – e passare alle borsine o sacchetti di carta o in tessuto, realizzati in vero materiale ecologico e che non impongono (per legge almeno) una spesa per i consumatori. Ma per i negozianti e artigiani sì. Già i margini di guadagno sono bassi, se poi ci aggiungiamo l’obolo obbligatorio per legge al sistema bancario per il POS e adesso anche gli shopper più costosi, allora è meglio chiudere bottega”.
Cosa prevede la normativa? La normativa prevede che le borse di plastica devono essere biodegradabili e compostabili – cioè di composizione tale da poter essere conferite nell’umido nella fase di raccolta dei rifiuti. A ciascuna attività spetta la verifica della conformità delle buste alla normativa. Il controllo può avvenire con qualsiasi modalità, anche attraverso il rilascio da parte dei fornitori di una dichiarazione che ne attesti la rispondenza alle caratteristiche previste dalla legge. La legge precisa, inoltre, che il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto dei prodotti. L’importo può essere deciso dal singolo esercente.
A proposito di raccolta dell’umido e riutilizzo dei sacchetti: a Bolzano l’Agenzia provinciale per l’ambiente ha risposto ai dubbi insorti fra i cittadini sulla possibilità di impiego nella raccolta differenziata dei sacchetti biodegradabili in uso per gli alimenti negli esercizi commerciali. Ebbene, non si può: “Essi non sono adatti per il conferimento dell’organico in territorio altoatesino. Si tratta dei sacchettini ultraleggeri, a pagamento, con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi come pane, ortaggi, frutta. Questi cosiddetti sacchetti biologici hanno tempi di abbattimento inadeguati agli impianti di compostaggio e fermentazione in uso in provincia di Bolzano per il trattamento dei rifiuti organici. In questi impianti i rifiuti bio grazie ad apposita tecnologia vengono trasformati in biogas e compost, ma i tempi di degradazione dei sacchettini influirebbero in modo negativo sul processo di trattamento dell’organico. Altro aspetto negativo: spesso i sacchetti bio si incastrano tra gli ingranaggi degli impianti con guasti al sistema”.