Il 2018 sarà l’anno della svolta per i grappaioli italiani. La sfida è questa: in un mercato dove si beve sempre meno Grappa bianca e dove il trend di consumo è orientato verso le invecchiate e le barricate, si rende necessario trovare una via per far conoscere il distillato di vinacce nel mondo attraverso due linee guida: la prima è il suo utilizzo da parte dei bartender di fama, la seconda è elevare gli standard qualitativi dei prodotti monovitigno e delle produzioni di nicchia invecchiate per anni in botte.
È questa la linea decisa in un summit tra undici produttori organizzato a Visnà di Vazzola, nella sede dell’omonima distilleria di Roberto Castagner, a margine di un incontro sul filone di “La Grappa ricerca il suo futuro”.
Seduti attorno allo stesso tavolo c’erano le distillerie Castagner, Bertagnolli, Bonollo Umberto, Branca, Casoni, Franciacorta, Marzadro, Nardini, Segnana, Stock Italia e Zanin. Assieme, rappresentano il 70% del mercato della Grappa. Per lo più, sono produzioni leader di mercato. “Abbiamo voluto questo incontro per capire quali obiettivi si debba dare la Grappa per i prossimi anni per vincere una sfida che oggi esce dai confini nazionali” dice Castagner.
I numeri della Grappa sono importanti. Va precisato che il consumo in termini assoluti è in calo: nel 1974 era di 39 milioni di litri, nel 1999 erano 21 milioni, poi saliti a 30 nel 2008 e quindi scesi ad oggi a 23. I consumatori abituali di Grappa in Italia, dove se ne consumano sette bicchieri su dieci, sono circa otto milioni di persone che ne bevono due bottiglie all’anno, sei volte su dieci in casa. A presentare i trend del mercato al vertice trevigiano Stefano Paolillo, business insight director Iri, Valerio Frascaroli, buyer di Conad e Lucio Roncoroni, direttore del Cda, Consorzio distributori alimentari. La sintesi delle loro relazioni sul mercato nazionale evidenzia una Grappa in leggero calo di consumi, ma in continua crescita nei prodotti premium, ed anche un sempre maggior interesse per la Grappa da parte di quella fascia di consumatori colti e benestanti che amano solo i prodotti di alta qualità e di tendenza.
La Grappa – hanno detto – rimane quindi per gli italiani il distillato simbolo, ed oggi, grazie ai grandi sviluppi qualitativi al fine di rendere la Grappa sempre più elegante e morbida, è amata anche dalle donne e dalle generazioni più giovani.
All’estero la Grappa sta crescendo, soprattutto nel mercato tedesco che oggi vale il 70 % di tutto l’export, meno bene invece la crescita nel mercato Usa e Asia dove la sfida sui distillati internazionali richiede grandi investimenti sulla rete vendita e sulla comunicazione.
La Grappa – si è detto al summit – in questi nuovi mercati potrà crescere solo se i produttori di Grappa insieme troveranno condivisione per un progetto che dia alla Grappa un’immagine bella ed univoca, facile da capire, legata al “made in Italy”, all’Italian style.
Per creare nuove tendenze oggi, nel mondo, servono grandi risorse finanziare di cui oggi nessun produttore singolo dispone, ma per un gruppo coeso forse sì, ecco lo scopo principale dell’incontro di Vazzola, mettere insieme tante aziende per un progetto di sviluppo del settore sui mercati internazionali.
Interessante anche l’opinione dello svizzero Dieter Messmer, amministratore delegato di Glen Fahrn, una delle Aziende più importanti di distribuzione spirits in Svizzera.
La Svizzera è il secondo mercato di esportazione della Grappa; le buone performances di vendita sono legate al cambio di qualità che per fortuna la Grappa ha avuto negli ultimi anni e alla scelta delle barrique per l’invecchiamento, che hanno trasformato da “spirito dei poveri” a distillato premium. “Le distillerie italiane hanno spesso carattere famigliare o sono piccole imprese e quindi faticano a competere coi player mondiali dei distillati”, dice Messmer. “Serve che i grappaioli si uniscano e creino una comunicazione univoca rivolta all’estero. Manca ad esempio una carta geografica delle distillerie, che favorirebbe il turismo degli appassionati, e sono tanti quelli che amano viaggiare e visitare le produzioni di vini e spirits.”
Da queste analisi, le prospettive per il futuro vengono tracciate dal moderatore dell’incontro Ottavio Cagiano de Azevedo, direttore di Federvini.
La linea è questa: serve ispirarsi a cognac, rum e whisky, con prodotti premium, cosiddetti “brown spirits”, mentre per la Grappa bianca sarà indispensabile entrare nel mercato dei cocktail perché il futuro è nei miscelati. “Per fare questo sarà indispensabile condividere tra i produttori un progetto comune”.
“Se perdiamo questo treno rischiamo che la Grappa non riesca mai a collocarsi nel mercato internazionale, e questo non deve succedere”, conclude Castagner, già ottimista per essere riuscito a realizzare con successo questo primo incontro.