Il food delivery – la consegna a domicilio dei piatti ordinati nel ristorante preferito – piace alle donne. Alla vigilia della festa che si celebra oggi, 8 marzo, a Foodracers (startup nata a Treviso nel gennaio 2016 da un’idea di Andrea Carturan e 100% italiana in un settore dominato da organizzazioni straniere) hanno fatto due conti. Saranno stati i messaggi informali e spigliati via Facebook – stile “metti via le padelle, stiamo arrivando” – o il passaparola nei gruppi femminili sui diversi social, fatto sta che fra i clienti spiccano le donne: nella fascia dai 25 ai 34 anni sono quasi un terzo più degli uomini. “Studentesse, donne che lavorano, giovani mamme sono lo zoccolo duro delle nostre clienti – spiegano nel quartiere generale della app, che è attiva in 21 città.
“Abbiamo scelto di portare il servizio in tutti i capoluoghi di provincia italiani, spesso trascurati dai colossi internazionali del food delivery, diventando così un punto di riferimento a livello territoriale e nazionale. A due anni dal lancio della app siamo soddisfatti della nostra crescita – spiega Andrea Carturan, fondatore della startup assieme a Matteo Fabbrini e Luca Ferrari – Questo modello ci ha permesso di crescere senza investimenti esterni. Il movimentato si aggira attorno ai 4 milioni di euro e puntiamo a espanderci ancora: l’obiettivo per il 2018 è raggiungere il numero di 50 città servite da Foodracers”.
L’età media di dipendenti in sede è 30 anni, quella dei racers – chi consegna adomicilio – è di 35 anni. Foodracers non è stata toccata dalle contestazioni su orari e compensi che hanno riguardato servizi simili (come Foodora e altri): chi consegna non ha vincoli di orario o reperibilità: “I nostri racers non sono dipendenti e non hanno orari. Sono persone che mettono a disposizione il loro tempo libero in pieno stile sharing economy. Una persona può decidere di effettuare una sola consegna a settimana, oppure fare le consegne tutti i weekend oppure tutti i giorni. Molto spesso sono studenti universitari che arrotondano, o persone che hanno altri lavori”.
L’ordine permette di farsi recapitare a casa, ma anche in ufficio, pranzi e cene, ordinando dai menù di diversi ristoranti. Sono oltre 130mila gli ordini consegnati nel 2017, 21 le città servite, 300 i “racers” attivi e 650 i ristoranti coinvolti. Nei suoi primi due anni Foodracers ha aumentato il numero di dipendenti da 4 a 15 elementi, ha una nuova sede operativa e ha visto il fatturato crescere del +145% in 12 mesi.
La scelta di premiare le città italiane, anche quelle minori, sta dando risultati positivi, tanto è vero che grandi catene come Roadhouse Grill, Old Wild West, Zushi, I-Sushi o Grom hanno già stretto con Foodracers rapporti di collaborazione a livello nazionale. Le città su cui è già attivo Foodracers sono: Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Forlì, Lucca, Mestre, Montebelluna, Padova, Parma, Pavia, Piacenza, Pordenone, Ravenna, San Donà di Piave, Trento, Treviso, Trieste, Udine, Varese, Vicenza.
Per i ristoratori non ancora affiliati a Foodarcers, c’è una sezione apposita nel sito per chiedere di essere ricontattati e iniziare subito ad avere maggiore visibilità e ad offrire ai propri clienti un nuovo servizio senza nessun costo fisso. Per candidarsi invece come “racer”, senza nessun turno richiesto, qui si possono trovare tutte le informazioni.
La app è disponibile gratuitamente su AppStore e PlayStore.
Una curiosità: Foodracers è nata da un’idea di Andrea Carturan, che aveva già avviato un’altra startup innovativa di food delivery di successo, Te-le-trasporto, di due suoi amici storici, Matteo Fabbrini e Francesco Poloniato; questi ultimi sono a loro volta fondatori di Maikii, azienda leader nel settore dell’elettronica di consumo. Due giovani imprenditori che probabilmente hanno qualcosa a che fare con la chiavetta Usb che state usando (soprattutto se ha la faccia di un supereroe, o di uno stracchino).