Sei giovani (cinque sono ragazze) hanno accettato la sfida di imparare l’arte della tessitura come si faceva una volta. Hanno alle spalle esperienze diverse – chi una qualifica professionale, chi una laurea: c’è anche una laureata in giurisprudenza (non ha fatto esame di stato) – e stanno studiando su macchine storiche dell’industria tessile italiana, che così tornano a produrre anche nuove opportunità di lavoro.
Il corso, iniziato dopo l’estate, è stato organizzato e gestito da Unis&F, società di formazione degli industriali di Treviso e Belluno, con l’obiettivo di fornire agli allievi “una conoscenza del tessuto su più livelli, avvicinandoli sia alle manifatture manuali artigianali sia a quelle industriali con un taglio conoscitivo sia tecnico che manuale e creativo”.
Una Work Experience – che unisce aula e formazione sul campo – di tipo specialistico per formare la figura professionale di sviluppatore di prodotti tessili, in grado di eseguire la progettazione di prodotti tessili e la loro realizzazione attraverso l’uso del telaio nell’ottica di tramandare cultura e tradizione attraverso l’artigianato locale “made in Italy”.
Nello specifico si è trattato da un lato di conoscenze e tecniche relative alla progettazione tessile, principi della creazione di una collezione di moda, progettazione e realizzazione di un tessuto, dall’altro sono state fornite le basi tecniche della tessitura e della tintura naturale secondo i principi della sostenibilità.
A completamento della fase di aula è stato prevista un periodo di “tirocinio extracurriculare” – un po’ rallentato causa Covid e appena terminato – per permettere ai giovani di applicare le conoscenze acquisite in un contesto aziendale e poter attestare un’esperienza professionale. Alcuni di loro hanno già una proposta concreta di occupazione.
E non a caso l’idea è nata direttamente nelle imprese che hanno affiancato la formazione fin dall’inizio: a mettere a disposizione le aule per il percorso formativo è stata la sede della Tessitura la Colombina a Badoere di Morgano (Treviso): “Nasciamo come filandieri in Lombardia, poi ci siamo spostati nella zona di Badoere negli anni a cavallo degli anni Quaranta.
Nel 1940 termina la costruzione della filanda di Badoere, Treviso (foto in basso), che diventa la prima grande azienda della zona con oltre 120 filandiere – racconta Carlo Colombo (in foto), architetto nato e cresciuto fra i telai che, dopo una professione al di fuori dell’azienda di famiglia, ha voluto riavviare le macchine ferme dalla metà degli anni Novanta – E’ stato necessario fare qualche intervento, sostituire le parti in legno a maggiore rischio di usura, ma senza snaturarne il carattere. Di qui le prime collaborazioni con le scuole e i primi corsi di tessiture, per non far scomparire una tradizione che un tempo era di buona parte delle famiglie venete, quando il corredo si tesseva in casa. Con il vantaggio di vedere rivivere lavorazioni proprie di una fabbrica più lenta, ma che nessun telaio meccanico può riprodurre”.
Lo stesso Carlo, da piccolo, aiutava le ragazze nel lavoro e “a passare i pettini”; a rivedere quelle macchine della prima metà dell’Ottocento ferme “piangeva il cuore”. Qualche miglioria, qualche pezzo sostituito, perfino i led per far lavorare meglio e con meno fatica l’operatore (un aggiornamento a telaio 2.0): una fabbrica lenta per definizione, ma che consente lavorazioni impossibili per un macchinario meccanico.
Le macchine sono ancora nella sede trevigiana, dove otto anni fa è nata l’idea di farle ripartire. La Work Experience di tipo specialistico per i giovani è stata pensata per stimolare in loro l’interesse per un mondo ed un “saper fare” che corre il rischio di perdersi, ma che sono stati e saranno il plus valore che ha sempre caratterizzato la nostra penisola.
“Il percorso formativo si inserisce nella direzione che abbiamo intrapreso negli ultimi anni, come azienda Tessitura la Colombina, di valorizzazione delle unicità e della creativitá caratteristica del made in Italy, del “custom made” e della produzione con il telaio a mano, nel nostro specifico caso. La ”scuola” ha portato i frequentanti all’interno di una realtà produttiva, a stretto contatto con le fasi creative, di sviluppo e produzione dei tessuti e delle collezioni. L’idea è replicare il corso, magari rendendolo annuale”, conclude Carlo. Quali doti servono? “Pazienza, attenzione, creatività ma soprattutto curiosità ed attenzione a tutte le ispirazioni che ci circondano”.
Fra i docenti del corso: Patrizia Polese (Fiber artist e docente presso IUAV Venezia), Annamaria Rosin, Prisco Zanardi e Donatella Michelon (docenti ed ex. presso il Liceo Artistico “P. Selvatico” di Padova), Veronica Zuccolin (Project Manager ed esperta di Processi di Filiere naturali e sostenbilitá di Verona) ed Annaclara Zambon (docente presso il Liceo Artistico “B. Munari” di Vittorio V.to)