Sono stimate in circa 73.300 le specie di alberi presenti sulla Terra, il 14 per cento in più di quanto ritenuto finora. Circa 9.200 di queste specie sarebbero sconosciute, ancora da scoprire. È il risultato di uno studio condotto “sul campo” da centinaia di ricercatori in tutto il mondo, tra cui un team del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine.
L’inventario planetario degli alberi si è svolto in una novantina di Paesi e ha raccolto informazioni su più di 38 milioni di alberi in oltre un milione di punti inventariali. Si tratta, secondo gli studiosi impegnati nella raccolta dei dati e nella loro successiva elaborazione, della prima stima “scientificamente credibile” della diversità arborea a scala globale.
La ricerca
Il lavoro di raccolta e omogeneizzazione dei dati, derivati da inventari nazionali e specifiche campagne di misura, è stato promosso dalla Purdue University (Stati Uniti) ed è cominciato nel 2015. Lo studio ha coinvolto, oltre all’Ateneo friulano, diverse università ed enti di ricerca di tutto il mondo (https://gfbinitiative.net/). Alcuni dei risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale “Prooceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS – https://www.pnas.org/content/119/6/e2115329119) in un lavoro coordinato dal professor Roberto Cazzolla Gatti dell’Università di Bologna.
La distribuzione planetaria
Circa il 43 per cento del totale delle specie arboree stimate si trova in Sud America, il 22 per cento il Eurasia, il 16 per cento in Africa, il 15 per cento in Nord America e l’11 per cento in Oceania. Inoltre, quasi un terzo delle specie ancora da scoprire è raro, ha un piccolo numero di esemplari e una limitata distribuzione territoriale.
La vulnerabilità
Lo studio ha anche messo in evidenza la vulnerabilità della biodiversità forestale globale: le specie più rare, secondo la ricerca, si trovano nelle foreste tropicali dove sono più a rischio di scomparsa per il cambiamento climatico e la deforestazione. Quest’ultima, secondo gli scienziati, è in gran parte determinata da tre fattori: uso del suolo per la produzione di alimenti consumati dall’uomo e dagli animali (carne, olio di palma, soia), incendi e, ancora, il cambiamento climatico.
«Conoscere e descrivere le foreste a scala globale – spiega il coordinatore del gruppo di lavoro dell’Università di Udine, Giorgio Alberti, professore di assestamento forestale e selvicoltura – è come comporre un grande mosaico. Solo grazie all’impegno degli enti territoriali e nazionali che conducono periodicamente inventari su larga scala, rendendo poi disponibili i dati agli enti di ricerca, e all’impegno congiunto di questi ultimi, è possibile aumentare la nostra comprensione di questi ecosistemi così fondamentali per l’umanità e quantificare la loro risposta ai cambiamenti globali in atto che tanto ci preoccupano. In questo caso, siamo riusciti a comporre una parte del mosaico, raffinando la nostra conoscenza sulla diversità custodita all’interno delle foreste. Lo abbiamo fatto insieme come una squadra, condividendo ciascuno la propria tessera».
(faggi secolari nelle foto di Luca Cadez, università di Udine)