Una cordata costituita da nove aziende friulane per un sistema integrato che permette di rimuovere il biofouling, bio-incrostazione dell’ambiente biologico marino e fonte di inquinamento, dal fondo delle imbarcazioni.
La rete
È prodotto interamente in regione il prototipo del progetto GreenHull, l’innovativo sistema verde di pulizia della carena delle imbarcazioni. Il coordinamento è del Cluster COMET, il Cluster della Metalmeccanica, e il progetto “GreenHull – Tecnologie verdi innovative per la pulizia dello scafo delle navi in acqua” (www.ita-slo/greenhull) è sostenuto dal programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia e finanziato dal Fondo europeo di Sviluppo regionale.
Si tratta di due macchinari – l’unità di pulizia ROV (Remotely Operated Vehicle) e l’impianto modulare di trattamento delle acque reflue – che per la prima volta lavorano in abbinata: il sistema permette di pulire le chiglie delle imbarcazioni, raccogliere l’acqua sporca, purificarla e restituirla al mare, tutto nello stesso momento.
Le aziende sono Anoxidall di San Vito al Tagliamento (PN), DLP Waterjet di Lauzacco (UD), Durox di Remanzacco (UD), Easytech di Cividale del Friuli (UD), Friulmek di Cordenons (PN), Idrosystems Snc Pordenone, Meccanica Hi Tech di San Vito al Tagliamento (PN), OMEG di Cordenons (PN) e Time di Fiume Veneto (PN), tutte del comparto metalmeccanico regionale: su progetto della slovena Salvi d.o.o. hanno lavorato in sinergia rendendo possibile la realizzazione del sistema, il cui primo prototipo verrà presentato in anteprima lunedì 30 maggio al Salone Nautico, all’Arsenale di Venezia.
I benefici sono molteplici: la nuova tecnologia verde permette di risolvere in modo ecosostenibile il tema dell’incrostazione biologica degli scafi che navigano nel mare Adriatico, contribuendo a contrastare l’inquinamento dell’area e l’introduzione di specie allogene che gli scafi generano. In secondo luogo, il sistema permette di migliorare le prestazioni delle imbarcazioni e, conseguentemente, di ridurre il loro impatto ambientale. In più, la nuova tecnologia permette di eseguire la pulizia degli scafi dal biofouling senza togliere il natante dall’acqua e, contestualmente, evitando di disperdere sostanze inquinanti nell’ambiente marino circostante.
Per Sergio Barel, presidente di Cluster COMET – portavoce di un comparto che con circa 5mila imprese, oltre 72mila occupati e 6 miliardi di export è il più importante in Friuli Venezia Giulia, «ancora una volta le aziende della manifattura friulana hanno dimostrato una esemplare resilienza e capacità di adattarsi agli altalenanti andamenti del mercato.
Questo sistema sviluppato per il progetto GreenHull ne è un perfetto esempio: non solo le nostre imprese hanno saputo dialogare e lavorare in sinergia per affrontare una sfida condivisa, ma hanno anche sviluppato nuove capacità, come quella di progettare nuove tecnologie, confrontandosi con settori differenti da quelli con i quali sono abituate ad approcciare, come il settore marino. Abbiamo saputo enfatizzare le specifiche capacità delle nostre piccole eccellenze produttive, sapendo far squadra e collaborando come da sempre operiamo come Cluster».
Come funziona il sistema
integrato made in FVG
A differenza dei normali sistemi pulenti che utilizzano spazzole ed abrasivi, il ROV rimuove il biofouling utilizzando getti d’acqua a pressione elevata. Infatti, per effetto cavitazionale, l’acqua marina a 150 bar viene spinta nel modulo pulente, dotato di due elementi con ugelli rotanti. L’acqua ad elevata pressione rilasciata da questa azione produce le bolle caratteristiche della cavitazione che, a loro volta, rimuovono in maniera delicata il biofouling, senza danneggiare i rivestimenti antivegetativi della carena.
Il biofouling rimosso viene immediatamente aspirato insieme all’acqua di mare, condotto nell’innovativo impianto pilota di trattamento degli effluenti, filtrato e sottoposto e a una lavorazione biologica e chimica con disinfezione a lampade UV. Tutte queste operazioni permettono di ottenere seduta stante un’acqua marina pulita, che risponde ai requisiti previsti dalla Legge e può quindi essere immediatamente restituita al mare, in logica circolare.
Cos’è il biofouling
nemico dell’ecosistema marino
Fonte di inquinamento e degrado ambientale, il biofouling, è una bio-incrostazione che minaccia l’ecosistema marino. Esso infatti viene trasportato dalle chiglie delle navi in transito, permettendo agli organismi in esso contenuti di compiere lunghi tragitti e di insediarsi in ambienti nuovi, aggredendo le specie locali, alterando l’ecosistema marino. Non solo: la presenza di biofouling sulla chiglia delle imbarcazioni crea un attrito che riduce la velocità e le performance della nave, un effetto che si traduce in un maggiore consumo di carburante, con conseguente aumento delle emissioni di Co2 e di inquinamento.