Si fa presto a dire dieta Mediterranea: capita che nella sede del primo esportatore italiano di pasta e secondo produttore nazionale, uno dei produttori del Made in Italy più conosciuti all’estero, arrivi in visita una delegazione giapponese e che candidamente, davanti alla domanda sulla ritirata della richiesta di pasta tricolore, risponda: «Anche la pasta turca è mediterranea».
Pasta Zara produce 1.500 tonnellate di pasta ogni giorno, a ciclo continuo. Spaghetti, penne e rigatoni che prendono tutte le strade del mondo partendo dai tre centri produttivi: Riese Pio X (Treviso), che è anche il fulcro direzionale, Muggia (Trieste) e Rovato (Brescia). Tre poli dislocati in maniera strategica nel nord Italia, in modo da permettere trasporti veloci e logistiche mirate, per portare sulle tavole del mondo una pasta completamente Made in Italy con oltre un secolo di storia. L’azienda, che è sempre stata gestita dalla famiglia Bragagnolo, oggi alla quarta generazione, è partecipata da Simest e da Friulia.
«In ogni Paese, dalla Germania alla Francia, c’è un produttore nazionale di pasta, e poi ci sono le importazioni di made in Italy. Ora in alcuni mercati di riferimento del prodotto italiano accade che la pasta turca cerchi di affermarsi, anche giocando sulla provenienza e su stratagemmi quali i colori della bandiera italiana sulla confezione», spiega il presidente Furio Bragagnolo.
I prodotti pasta Zara oggi sono presenti in 106 Paesi (sia con marchi propri, sia con le private label della grande distribuzione internazionale, per le quali è il primo produttore al mondo): il 51% dell’export interessa le nazioni della Comunità europea, il 14% il resto d’Europa, il 12% i Paesi scandinavi, il 10% il Medio Oriente, il 5% il Far East, il 4% l’Africa, il 3% l’America, l’1% Australia e Oceania. Negli ultimi anni è aumentato la presenza nei mercati dell’Est europeo come Russia, Tazhakistan, Tagikhistan, Ungheria e Croazia, nonché in Cina, Medio Oriente e Africa, affrontandone alcuni del tutto nuovi, come Stati Uniti, Giappone, Iran e Iraq.
Recentemente l’azienda ha aperto un ufficio commerciale ad Alessandria d’Egitto per presidiare i mercati del Nord Africa e del Medio Oriente. Urge, però, migliorare la comunicazione, mettere magari da parte il messaggio della dieta Mediterranea e puntare su qualcosa di nuovo, che non crei equivoci, che diventi davvero l’emblema dell’italianità, evitando che il made in Italy favorisca come al solito chi di italiano ha ben poco. «La concorrenza può contare su costi dell’energia e del lavoro inferiori – precisa Bragagnolo – Quindi parte in vantaggio sempre. Inoltre, c’è anche il cous cous che deriva anch’esso dalla semola, ed è fondamentalmente un’alternativa al primo piatto. Sfidarlo non ha senso, difendere la pasta italiana invece è necessario». La soluzione potrebbe essere una comunicazione che punti su un nuovo motivo di convincimento, magari usando il claim “Primo piatto all’italiana”.
Un’azione che per avere l’effetto sperato dovrebbe però essere comune, seguita da altre aziende produttrici che partecipano alla realizzazione di questo primo piatto: sughi, olio, condimenti, formaggio da grattugiare, pomodori. «Pasta Zara ha già iniziato ad adottare questa nuova strategia di marketing internazionale – spiegano nel quartier generale – . Gli imitatori, in questo caso sì, sono ben accetti».