Plastica e ambiente in alta montagna: la svolta green della fabbrica risanata

Nel 2017 era sull’orlo del fallimento. Poi il risanamento e ora nuovi investimenti e progetti di ricerca per film plastici “circolari” e completamente riciclabili

Dopo essersi lasciata alle spalle i fantasmi del passato, Fucine Film guarda avanti con ottimismo nel segno dell’economia circolare. Il 2021 ha registrato un balzo del fatturato fino a 34,6 milioni di euro, con un incremento pari al 44% sull’anno precedente. I dipendenti salgono a quota 80, grazie alle 30 nuove assunzioni finalizzate nell’ultimo triennio, che hanno abbassato l’età media del personale a poco meno di 40 anni.

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Il portafoglio delle commesse conta 250 clienti attivi, in gran parte all’estero dove vengono esportate la maggior parte delle bobine di film plastico prodotto a Fucine, per un valore che equivale circa all’80% del volume d’affari complessivo. Ma la scommessa più importante si chiama innovazione, e non potrebbe essere altrimenti per una fabbrica che produce 50 tonnellate al giorno di plastica in questa piccola frazione del Comune di Ossana, a 982 metri di altitudine, all’imbocco della Val di Pejo. Non è possibile – spiegano in azienda – produrre plastica in alta montagna, a due passi dal Parco dello Stelvio, se non a condizione di mettere l’ambiente al primo posto.

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Eppure appena quattro anni fa, in fabbrica, le linee di produzione erano ferme: mancava liquidità per acquistare le materie prime. Oltre 50 famiglie con il fiato sospeso, lavoratori provati da una proprietà d’oltralpe che in meno di otto mesi aveva svuotato la fabbrica togliendole denaro e valore sul mercato. Quando il management di Eriplast, gruppo industriale di Bassano del Grappa che ne stava valutando l’acquisto, si spinse fino lassù per un primo sopralluogo, in stabilimento funzionava una sola lampadina da 60 Watt. Null’altro.

Il resto è storia recente per l’azienda della Val di Sole con alle spalle quasi cinquant’anni di attività (li festeggerà nel 2025) nel settore dei film per imballaggio di alimenti. Il 26 febbraio 2018 la firma dell’accordo tra Trentino Sviluppo ed Eriplast, società della famiglia Spezzapria, con le quote societarie che passano di mano, un piano industriale innervato da un investimento pubblico pari a 3,5 milioni di euro, finanziati dalla Provincia autonoma di Trento tramite la sua società di sistema, mentre l’imprenditore privato acquirente ne ha investiti oltre 8 milioni di euro per il risanamento e il rilancio dello stabilimento di Fucine. Una nuova linea per la produzione di PET per consolidare il mercato alimentare (investimento da 3 milioni di euro), il completo ammodernamento e rinnovo delle linee di produzione del PVC (oltre 2 milioni), una nuova linea automatica di taglio (oltre 1 milione) e altri miglioramenti industriali completano la lista.

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Oggi nello stabilimento di Fucine si lavorano circa 50 tonnellate di prodotto al giorno, tra PVC (70% della produzione) e PET (30%). Film plastici destinati principalmente al mercato dell’imballo alimentare (70%), del packaging tecnico per l’industria (20%, una grande ditta di sistemi di fissaggio per l’edilizia tra i principali clienti, ma anche produttori di sistemi di refrigerazione e condizionamento dell’aria), del farmaceutico-medicale (10%, tra cui le siringhe monouso).

Una produzione che per l’80% del suo valore salpa per l’estero dal porto di Trieste, destinazione Francia (23%), Regno Unito (15%) e paesi extra Unione Europea (31%) quali Turchia, Ucraina, Stati Uniti d’America e Australia. E sempre più nei prossimi anni la spinta propulsiva sarà rappresentata dall’innovazione, con una serie di progetti già in avanzato stadio di sviluppo che puntano a ridurre il consumo di plastica vergine e a massimizzare l’utilizzo della materia prima proveniente dal riciclo.

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«Di fatto oltre il 70% della plastica ad oggi utilizzata per gli imballi alimentari non può essere riciclata – spiega Lorenzo Montibeller, amministratore delegato di Fucine Film – in quanto “sporcata” dai film di polietilene che vengono accoppiati agli strati in PET (vergine e riciclato). I film in PET possono essere prodotti utilizzando fino all’80% di materia prima proveniente dal riciclo, ma purtroppo l’accoppiamento con PET rende vano questo riutilizzo perché a fine vita i due materiali non sono separabili con i tradizionali metodi di selezione e di riciclo meccanico. Un nostro progetto di ricerca, avviato due anni fa in collaborazione con l’Università di Parma, ci ha portato a realizzare un impianto in grado di produrre un PET 100% riciclabile in quanto l’effetto barriera necessario per la conservazione degli alimenti non è garantito dall’utilizzo del polietilene bensì da alcuni additivi aggiunti direttamente nella miscela di monomateriale».

L’innovazione ha già avuto un primo via libera da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA – European Food Safety Authority) e i primi test realizzati presso un’industria alimentare che l’ha utilizzata per le proprie confetture monouso hanno dato esito positivo. Se tutto procede secondo i programmi con il prossimo autunno il nuovo prodotto potrà essere immesso sul mercato in maniera massiva.

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Sono pochi in Europa gli impianti in grado di produrre film plastico partendo dal 100% di prodotto riciclato e rigenerato, questo anche a scapito di logiche puramente economiche, se si pensa che la materia prima riciclata costa sul mercato circa il 10% in più, provenienti dalle comuni bottiglie di acqua minerale in plastica RPET. Non è trascurabile, ma se si pesa una bobina da 10 quintali e si moltiplica per 15.000, quante ne escono in un anno da Fucine, l’impegno dell’azienda verso l’ambiente diventa significativo.

Ma l’impegno di Fucine non si ferma al solo materiale plastico “pop”, ovvero il PET, ma si estende anche al vecchio e non più così “di moda” PVC. «Abbiamo aperto un ramo commerciale di PVC rigenerato – spiega Daniel Gionta, technical manager di Fucine Film – che vale ad oggi circa 500 tonnellate l’anno. Si tratta di un film prodotto con l’80-85% di scarto, in gran parte recuperato da nostri sfridi di produzione, e in parte lo andiamo a recuperare direttamente dai nostri clienti evitando che questi residui di lavorazione vadano in discarica o smaltiti nella maniera non corretta. Una pellicola monostrato che va da 0,1 ad 0,8 millimetri di spessore e che riusciamo a realizzare grazie all’investimento in un mulino di macinatura e ad un sistema di lavaggio, sanificazione e sterilizzazione».

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Un salto di qualità, nell’economia circolare interna, testimoniato dalla scelta di “togliere” una persona e mezza dalle incombenze della produzione investendole di un’unica mission: minimizzare lo spreco di prodotto vergine, a partire dal flusso di PET che esce a 300 gradi centigradi dal sistema di estrusione, e recuperare il più possibile sfridi e scarti di lavorazione. E contro il “caro bolletta” Fucine Film è la prima firmataria in valle di una petizione per far arrivare fin quassù le condotte del gas metano, svincolandosi dalle attuali provviste di GPL.