Di mezze ore lavorate gratis e accordi anticaldo: la flessibilità (buona) a NordEst

Mezz'ora lavorata in più? Gratis? Il caso Joint & Welding, a Sedico, Belluno – favorevoli i dipendenti, contrari i sindacati – fa ancora discutere (l’azienda è in difficoltà o no?). Accordi simili, e integrativi rivisti al ribasso – di nuovo favorevoli i dipendenti, contrari i sindacati – qui nella stessa provincia ci sono già stati, quando la crisi era appena agli inizi. Qualcuno, oggi, compra pagine di giornale per raccontare che cosa è successo dopo e come è andata a finire.

CINQUE ANNI DOPO, ALLA SEST – Michele Faggioli è uno dei titolari della Sest di Limana, Belluno, come spiega il sito aziendale «azienda leader europea nella produzione di evaporatori e condensatori per banchi frigoriferi». La crisi ha bussato nel 2008 e 2009: «Il contratto di secondo livello stipulato tra azienda e sindacato molti anni prima e non più adeguato ai tempi – racconta -. Era previsto che i turnisti lavorassero 7 ore, retribuite 8, con la rinuncia della mezzora di pausa mensa da parte dei dipendenti e un abbuono di mezzora da parte dell’azienda, che a sua volta poteva richiedere lo straordinario il sabato. Anche se l’adesione allo straordinario era su base volontaria le maestranze dovevano garantire la copertura delle necessità produttive richieste per il sabato. Le ore festive erano regolarmente retribuite come straordinario».
Nel 2008 la Sest aveva un organico di circa 270 dipendenti: circa 40 risultavano in esubero, oltre a 30 interinali da non confermare. «Abbiamo chiesto di rivedere interamente l’integrativo e di adeguarlo alle nuove necessità competitive: i due punti di maggior importanza erano la gestione retributiva dei turni e il legare i premi ai risultati aziendali. In sintesi si chiedeva di lavorare 7 ore e mezza, retribuite 8, e mettere a disposizione la pausa mensa. Le eventuali punte di lavoro, se mai fossero arrivate, sarebbero state gestite con la flessibilità positiva (una sorta di banca delle ore, ndr) ed eventualmente straordinari».
I contrasti con i sindacati sono durati più di un anno. La proprietà (Michele e Pier Luigi Faggioli e Lu-ve) si è impegnata, a fronte della revisione dell’integrativo e della riduzione di organico di mantenere il sito e rilanciarlo.

COME E' ANDATA A FINIRE – E oggi? Sest ha stabilimenti anche in Polonia e in Russia, a Limana i dipendenti sono 200. La produzione è in crescita, alcune squadre sono state allertate sulla possibilità di lavorare durante le ferie, se gli ordini lo richiederanno. «A fronte dei sacrifici fatti, e del felice epilogo, abbiamo acquistato una pagina sui giornali locali per ringraziare pubblicamente i propri collaboratori dell’impegno e della responsabilità dimostrata. Oggi anche il sindacato riconosce la relazione tra azienda, proprietà, collaboratori e sindacato un modello da seguire», conclude Faggioli. E a luglio sono anche ricominciate le assunzioni.

LA FLESSIBILITA’, L’AFA, LE CHIAVI – In Veneto la contrattazione aziendale si dimostra sempre più un laboratorio capace di trovare sempre nuovi spazi e argomenti. Alla Silca di Vittorio Veneto, Treviso, si progettano e producono chiavi di ricambio e macchine per la duplicazione delle chiavi, con un export superiore all’80 per cento. Negli ultimi anni il premio di risultato – in media un migliaio di euro – è sempre stato confermato ai circa 400 dipendenti, che nei giorni scorsi hanno proposto (e ottenuto) il cosiddetto accordo anti caldo. L’inizio dei turni lavorativi è stato anticipato, per consentire a chi è in produzione di operare nelle ore più fresche del giorno. I reparti produttivi sono stati riorganizzati nell’ultimo biennio secondo le regole della "produzione snella", e la regola che si è affermata è la possibilità, per ciascuno, di proporre soluzioni migliorative del benessere in azienda; così, fra impianti di fresatura e tranciatura, sempre su iniziativa dei dipendenti, sono spuntate anche le piante a rendere l’ambiente di lavoro più accogliente.