Le “Possedute di Verzegnis” e il caso di isteria che sconvolse il Friuli: una storia di fine 800 (con una morale alquanto attuale)

Isteria: per Wikipedia «una psiconevrosi caratterizzata da stati emozionali molto intensi e da attacchi parossistici particolarmente teatrali. Nell’immaginario collettivo è sempre stata considerata una malattia appartenente all’universo femminile: il termine stesso deriva dal greco hystera, cioè utero».
Oggi, a Udine, l’università dedica una giornata di studi alle “possedute di Verzegnis”, ovvero il caso di isteria che sconvolse il Friuli di fine Ottocento. E che alle donne di oggi dice, ancora, qualcosa.
La vicenda coinvolse, tra il 1878 e il 1880, una quarantina di donne delle frazioni di Villa e Chiaicis. Avvenimenti che portarono il Friuli alla ribalta europea di allora per episodi di misticismo religioso estremo e credulità popolare, risolti dalla pratica medica di quel tempo che li trattò come una forma di isteria epidemica.
La storia del caso di Verzegnis è contenuta nella relazione del medico dell’ospedale di Udine, Fernando Franzolini. Si pensava infatti che le donne di Verzegnis, che davano in escandescenze alla vista di sacerdoti, luoghi e simboli sacri, fossero preda di una epidemia di possessione, e come tali furono sottoposte a esorcismi nel santuario di Clauzetto. Su indicazione della prefettura di Tolmezzo, i due medici che le visitarono, Giuseppe Chiap e Fernando Franzolini, diagnosticarono invece una forma particolare di isteria, l’istero-demonopatia. La terapia prescritta fu l’isolamento delle donne coinvolte in ospedali o nelle abitazioni di parenti. Essendo una forma di isteria epidemica, e quindi a forte rischio di contagio, furono vietati esorcismi e messe pubbliche per evitare suggestioni collettive.

Una rilettura del caso delle “possedute di Verzegnis” ha lo scopo di gettare nuova luce su quegli avvenimenti, evidenziando gli aspetti filosofici, sociali e culturali e non solo la ricostruzione storica, medica e sociologica (quest’ultima già trattata a livello europeo a fine ottocento). Relatori dell’incontro, promosso dal Dipartimento di studi umanistici, saranno infatti antropologi, psicanalisti, storici della letteratura e storici della medicina italiani e francesi.

Che cosa insegna la storia di Lucia, Margherita, Veronica e le altre “possedute”? I fatti di Verzegnis, che cosa dicono alle donne di oggi?
«La medicina un tempo aveva una forte connotazione di potere: il medico, uomo, aveva il potere di fare ciò che voleva sul corpo della donna, la quale, sotto ipnosi, non aveva alcun controllo su quanto accadeva» spiega Barbara Chitussi, ricercatrice dell’università di Udine e Ginevra, che con Silvia Contarini è coordinatrice scientifica della giornata.
Una situazione, quella del corpo femminile di cui altri dispongono, «ancora attuale, in Italia come in altri Paesi, quando si parla di temi importanti come gravidanza, aborto, ma anche dell’uso delle immagini nella pubblicità».
Oggi non è più, certo, una sottomissione diretta al dominio del «singolo medico, ma sussiste una forma di potere più sottile, che opera a molteplici livelli e si diffonde nell’intera società. E anche se rinnovato e a volte meno riconoscibile, opera ancora il paradigma del’isteria come male tipicamente femminile, che affligge persone considerate più deboli, meno dotate di autocontrollo e prive o quasi di forza di volontà».

Già Charcot, il maestro di Freud, aveva d’altra parte affermato che l’isteria colpisce anche gli uomini. E proprio le carte del caso Verzegnis lo dimostrano: anche un giovane carabiniere, infatti, presentava gli stessi sintomi al solo sentire il suono delle campane. La sua, però, era stata tutta un’altra storia: le autorità si erano limitate a rimandarlo nel paese in cui era di stanza, a Santa Maria Capua Vetere.