Le catene friulane (500 anni di storia) diventano giapponesi: nel piano industriale la parola dipendenti è centrale

“Per realizzare i traguardi prefissati Kito Chain Italia avrà bisogno dell’appoggio e dell’impegno di tutti i dipendenti, nonché del sostegno di tutto il gruppo Kito. Saremo fieri di avervi come colleghi e membri della famiglia. Siamo entusiasti di lavorare con tutti voi”.

Oggi, 9 febbraio, il gruppo giapponese – 2.500 dipendenti nel mondo, stabilimenti produttivi in Giappone, Cina, Usa, India e Tailandia – ottiene ufficialmente in consegna Weissenfels Tech Chain, storica azienda di Tarvisio, Udine. Storica nel vero senso della parola: anno di fondazione 1462, ma negli anni più recenti un continuo dimagrimento dell’organico (da oltre 400 persone alle attuali 83) e una serie di passaggi di proprietà. Kito se l’è aggiudicata all’asta, unica offerta sul tavolo. Ai lavoratori ha presentato un piano industriale nel quale le parole famiglia e dipendenti sono ripetute un numero consistente di volte.

kitoKITO – così si presenta – è una società finanziariamente solida e redditizia. Il suo obiettivo è quello di aumentare in modo significativo il proprio fatturato attraverso la crescita interna ed acquisizioni strategiche”. Ad oggi solo il 3% del fatturato viene generato in Europa, dove c’era solo una filiale commerciale in Germania, a Dusseldorf. Il settore è quello delle catene per sollevamento, utilizzate in diversi settori. Fin dalla prima pagina del piano si spiega la relazione azienda-dipendenti: “Dei 14 dirigenti in carica, l’86% ha lavorato con KITO per più di 10 anni. Per quanto riguarda il resto degli attuali addetti in Giappone, più della metà, il 52%, lavora con KITO da più di 10 anni, con una media generale di 15 anni. La filosofia di KITO è quella di allevare e formare i propri dipendenti, facendoli entrare nella propria famiglia e lavorare insieme come una squadra al fine di portare avanti la propria mission aziendale”.

storica

Tutti gli 83 dipendenti rimasti alla Weissenfels in verranno assunti: “Kito necessiterà di un periodo in cui reintegrare il personale a scaglioni. Sfortunatamente, le condizioni generali del mercato sono cambiate rispetto ad un anno fa; il prezzo del petrolio è meno della metà di quanto era in quel periodo. Il rallentamento dell’economia cinese ha avuto un impatto significativo in importanti settori come quello minerario. Di conseguenza, anticipiamo la necessità di attivare la Cassa integrazione ordinaria per alcuni dipendenti a rotazione”. La cig ordinaria sarà richiesta “per fare ponte per 30-40 giorni mentre aspettiamo una risposta alla richiesta per Cig straordinaria: per cautela chiederemo un periodo di 12 mesi, con l’intenzione di richiamare tutti i dipendenti entro quel periodo e  magari prima”.

La prospettiva è comunque la crescita: per l’esercizio 2016 la stima delle vendite è di 10,5 milioni di euro, nel 2017 12,8, e nel 2018 15,3 milioni. Con l’aumento del volume d’affari, KITO sarebbe in grado di ampliare l’impianto di produzione con nuovi macchinari e assumere ulteriore personale: “Essendo l’Europa il maggiore mercato di catene ed accessori “Alloy” di tutto il mondo, è sensato che il maggiore produttore di paranchi del mondo diventi uno dei leader del mercato anche in Europa”.

Ed è per questo che il testo del piano si conclude con una sorta di appello: per realizzare i traguardi prefissati ci sarà bisogno dell’appoggio e dell’impegno di tutti i dipendenti, nonché del sostegno di tutto il gruppo KITO.

kito3Del nuovo personale dipendente fa parte fin da subito Steve Lister, amministratore delegato, pronto a trasferirsi di conseguenza in Friuli. Un ritorno, più che un debutto: Lister ha lavorato per 30 anni in Weissenfels S.p.a. compreso il periodo dal 1991 al 1994 in cui ha ricoperto la carica di amministratore delegato su richiesta di Carlo Melzi; era andato in pensione il 31 Dec 2015, “però ho detto sì alla richiesta di Kito di fare capo della Squadra che rilancerà la nostra storica attività di produzione di catene ed accessori”, spiega. Sul sito di Tarvisio verranno investiti 11,2 milioni fra modernizzazione degli uffici, soluzione dei problemi ambientali e di sicurezza, riparazioni e manutenzioni, sostituzione di macchine inefficienti o inadatte.

Lister è americano, ma a Fusine ha vissuto e lavorato dal 1973 al 1976 come export manager di Weissenfels Spa, per la quale dal 1977, tornato negli Usa, aveva aperto la filiale Weissenfels Inc. Presto lo raggiungerà la moglie Loredana, originaria del Friuli e lei stessa ex dipendente di Weissenfels Spa in passato. Si sono sposati 39 anni fa ad Udine: era il 1976, l’anno del terremoto.