La ricerca universitaria trasferita sul campo (letteralmente): salverà i kiwi

Ecco “un esempio virtuoso di ricerca applicata trasferita sul campo, che dimostra come sia possibile spendere bene i soldi  coniugando l’eccellenza universitaria con le esigenze del mondo produttivo”. Parola del prorettore dell’università di Verona Antonio Lupo, che ha presentato con l’assessore all’Agricoltura Giuseppe Pan il progetto promosso dalla Regione Veneto con il dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo scaligero. Obiettivo, salvare i kiwi, di cui l’Italia è il primo produttore al mondo. Sorpresi? Il frutto esotico, originario della Cina, ben acclimatatosi in Nuova Zelanda, è diventato a tutti gli effetti una delle produzioni vincenti dell’export tricolore.

Il gruppo ricerca Univerona

Il gruppo ricerca Univerona

 

“La Regione ha investito oltre un milione di euro – ha spiegato l’assessore Pan – per valorizzare una coltura nella quale il Veneto è leader: con 55mila tonnellate annue, mille produttori e 3.200 ettari coltivati, di cui 2.500 nella sola provincia di Verona, il Veneto rappresenta circa il 15 per cento dell’intera produzione nazionale“. Un frutto della salute e del buonumore, attaccato dal cancro batterico.

ConfstampaKIWI-2Il progetto ha messo in campo saperi, competenze e ricerche del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona per capire, prima di tutto, caratteristiche e apporto nutritivo del frutto.

A un anno dall’avvio degli studi ecco i primi risultati, divulgati da Flavia Guzzo, ricercatrice dell’università scaligera e coordinatrice del progetto di valorizzazione: “Il kiwi, tra le tante proprietà benefiche, contiene anche sostanze neuroattive, come serotonina e melatonina, che sono i neurotrasmettitori del ‘buonumore’ e contribuiscono al benessere del cervello umano. Inoltre il kiwi – anticipa la biologa – contiene anche altri ‘co-fattori’ antiossidanti e inibitori di specifici enzimi, che hanno un ruolo di agenti ‘protettori’ rispetto alla degradazione ossidativa ed enzimatica dell’organismo”.

Ma l’oro verde’ delle campagne veronesi da alcuni anni è sotto scacco per una violenta infezione batterica che rischia di compromettere colture e fatturati. Sono quasi 900 gli ettari colpiti dall’infezione batterica o dalla morìa del kiwi, altra grave patologia attribuita ai terreni e ai sistemi di irrigazione, da studiare e curare. I produttori veronesi son i più colpiti: “Nel corso del 2015 – calcola Fausta Bertaiola, presidente dell’organizzazione dei produttori del Consorzio Ortofrutticolo padano – la produzione di kiwi nel Veronese ha registrato un calo del 25 per cento. E’ sempre più urgente individuare terapie per salvare le nostre colture”.

kiwi-cover-homeDa qui la seconda direzione imboccata dal progetto di ricerca. “Abbiamo analizzato i geni del batterio e cercato di capire perché la batteriosi aggredisca proprio il kiwi – spiega Annalisa Polverari, patologa vegetale dell’Università di Verona – Grazie ai fondi della Regione abbiamo ricostruito la mappa dei geni del batterio e stiamo cercando le sostanze meno tossiche per inibire il contagio. Stiamo testando la somministrazione di nanoparticelle ad alta affinità con i tessuti vegetali in modo da curare la pianta con una semplice irrorazione, anche se già contagiata dal batterio-killer Psa (Pseudomonas Syringae actinidiae)”.

Virtù alimentari e difesa sanitaria del kiwi sono ora oggetto anche di una specifica campagna di comunicazione, veicolata dal sito www.okkiwi.it, rivolto a produttori e consumatori. Le pagine web, online da oggi, documentano i progressi della ricerca e insegnano ai produttori metodi e strumenti per contrastare l’infezione batterica. Ai risultati della ricerca si abbinano appositi contenuti e materiali didattici rivolti ai consumatori, agli studenti, per coinvolgere ragazzi e genitori, in modo semplice e accattivante, nella scelta del ’frutto giusto’ per una alimentazione sana.

La ricerca ora prosegue e i prossimi step sono dedicati e rendere disponibili per gli agricoltori i mezzi di contrasto naturali più efficaci per limitare la batteriosi.