Si chiama selacofobia: paura degli squali. Un terrore alimentato da libri, pellicole, cartoon, videogiochi e letteratura per l’infanzia nei secoli, da Plinio a Spielberg. E anche oggi la paura prevale sulla crescente sensibilità verso la conservazione della biodiversità.
Carlotta Mazzoldi è professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e lavora principalmente nella Stazione Idrobiologica di Chioggia, la sede sul campo della biologia marina dell’Università di Padova. Si è occupata principalmente dello studio della biologia, in particolare riproduttiva, dei pesci. Negli ultimi anni, la sua ricerca si è focalizzata sulle specie commerciali, con l’obiettivo di fornire quei dati biologici necessari per lo sviluppo di strategie gestionali mirate per una pesca sostenibile. In quest’ambito, da una decina di anni si occupa anche di squali e razze, studiando le loro caratteristiche biologiche e lo sfruttamento della pesca, e fa parte del Gruppo Ricercatori Italiani su squali razze e chimere. Da alcuni anni Carlotta Mazzoldi si occupa anche di ecologia storica, all’interno del progetto Ocean Past Platform, con particolare riferimento agli ambienti marini.
Gli squali fanno paura: basti pensare ad esempio al nome scientifico dello squalo bianco, Carcharodon carcharias, la cui traduzione suona come dente seghettato/aguzzo identificando già in una parte del corpo tutta la sua pericolosità. E così, via via, si possono elencare “la bocca spalancata, come una voragine, e tre filari di zanne che avrebbero fatto paura anche a vederle dipinte” del Pesce-cane che inghiotte Pinocchio, gli squali che divorano il gigantesco marlin di Santiago ne “Il vecchio e il mare” di Hemingway, i denti aguzzi nella trasposizione spilberghiana del demonio “It” tratto dal libro omonimo di Stephen King, oppure, sempre restando con Spielberg, “The Shark”, film in cui un enorme squalo bianco “banchetta” nelle calde acque dell’immaginaria isola di Amity a Long Island. L’immagine dello squalo non viene nemmeno edulcorata un po’ nei cartoni animati: Bruto nel cartoon ”Alla ricerca di Nemo” ama dire “Questa sera mangio pesce!” e Don Lino in “Shark Tale” è semplicemente il terrore del Reef.
All’interno del Progetto Ocean Past Platform una “rete” vuole salvare lo squalo, dopo anni di cattiva fama: un gruppo di lavoro si sta occupando dei cambiamenti nella percezione, uso e valore degli organismi marini. Oggi molte specie di squali sono a rischio di estinzione. Le loro caratteristiche biologiche, quali il fatto che inizino a riprodursi a grandi dimensioni e dopo molti anni o che producano pochi piccoli in alcuni casi dopo una lunga gestazione, li rendono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento della pesca. E poi c’è il depauperamento di habitat essenziali al loro ciclo biologico può contribuire al loro declino.
«Quindi, più che essere animali pericolosi per l’uomo, è l’uomo oggi a costituire il maggior pericolo per queste specie. Il ripristino dell’integrità degli ecosistemi marini, e quindi di tutte le sue componenti, inclusi i predatori quali gli squali, è oggi considerato essenziale per il mantenimento di quelli che vengono chiamati servizi ecosistemici per l’uomo: dall’approvvigionamento di cibo, alla regolazione delle variazioni climatiche, agli aspetti culturali e ricreativi», spiega Mazzoldi.
«Lo sviluppo di strategie gestionali per la conservazione della biodiversità necessita non solo dell’apporto scientifico, ma anche del supporto del grande pubblico. Questo questionario nasce con l’obiettivo di capire qual è la nostra percezione degli squali e qual è la nostra attitudine nei loro confronti, se ci sono differenze fra aree geografiche, culture, fasce di età. Gli squali ci spaventano, ci affascinano, riteniamo che debbano essere protetti, come parte integrante della biodiversità marina, o eliminati perché pericolosi e feroci?
A tale scopo il Progetto europeo Ocean Past Platform ha realizzato un questionario rivolto alla “gente comune”, dai 10 anni di età in poi, tradotto in 16 lingue che si può compilare online velocemente in assoluto anonimato su questo sito. Il questionario è stato sviluppato da un team internazionale composto dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, che guida il progetto, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, le organizzazioni non governative iSea (Grecia) e Planeta Océano (Perù), il Centro Portoghese di Storia Globale FCSH/NOVA Università (Portogallo), l’Istituto di Scienze del Mare (Spagna), l’Istituto NIWA (Nuova Zelanda).
Il questionario, spiega la biologa «è organizzato in tre parti. La prima parte raccoglie dati di tipo demografico e di frequentazione dell’ambiente marino. La seconda parte costituisce il questionario vero e proprio, è strutturata secondo dei metodi standardizzati messi a punto dal mondo scientifico. La terza parte include poche domande sulle conoscenze del partecipante sugli squali. Questa terza parte permetterà di valutare quanto le conoscenze influenzino la percezione e l’attitudine nei confronti dello squalo. Il presupposto è che per avere un indice attendibile del valore attribuito dalla gente alla conservazione della biodiversità marina si debba, nel campione analizzato, allargare il più possibile il numero delle persone “non coinvolte” in azioni di conservazione di specie animali, stratificandolo per età anagrafica e area geografica».
A pochi mesi dal lancio dell’iniziativa, sono stati raccolti oltre 6mila questionari da 98 diverse nazioni. I risultati attesi a breve termine, continua la biologa «includono la valutazione dell’attitudine della gente nei confronti degli squali, quindi per esempio se questi vengono percepiti come un pericolo, come parte integrante della biodiversità dei nostri mari meritevoli di essere salvaguardati, come creature affascinanti, come attrazione per le attività turistiche, ecc. L’ampia copertura geografica permetterà di confrontare aree e culture diverse, l’ampia accessibilità fasce di età e formazioni diverse. I risultati saranno oggetto di un lavoro scientifico, ma una loro sintesi sarà resa accessibile al grande pubblico sia attraverso il sito web del questionario che attraverso i collaboratori che hanno cooperato alla diffusione. A lungo termine, il progetto mira a fornire le basi per lo sviluppo di campagne mirate alla sensibilizzazione ed educazione del grande pubblico rispetto alla conservazione dell’ambiente marino e, nello specifico, degli squali. I risultati ottenuti, infatti, evidenziando qual è l’attuale attitudine della gente verso questi animali, riveleranno in quali aree geografiche o nei confronti di quali fasce di età sia necessario sviluppare progetti di educazione ambientale per supportare lo sviluppo di strategie gestionali efficaci. La comprensione della percezione e del valore della biodiversità è considerata sempre più importante. Di conseguenza, questionari per la sua valutazione sono stati sviluppati su diversi organismi, quali per esempio nell’ambito marino i cetacei, ma anche su alcuni squali. Tuttavia molto spesso i questionari hanno una diffusione locale e sono focalizzati su poche specie. Questo progetto» conclude Carlotta Mazzoldi «è unico nel suo genere in quanto punta ad avere una diffusione globale, permessa dalla sua disponibilità in molte lingue e dal coinvolgimento di molte organizzazioni, di essere indirizzato a tutte le fasce di età e focalizzato in generale sugli squali, e non su singole specie».
La diffusione a livello globale richiede il coinvolgimento e l’aiuto di diverse istituzioni. E infatti diverse organizzazioni ed enti stanno partecipando alla diffusione del progetto. A livello italiano stanno contribuendo attivamente organizzazioni per la protezione dell’ambiente quali Legambiente, società ed istituti di ricerca sul mare e gli organismi marini, quali la Società Italiana di Biologia Marina con il suo Gruppo di Ricercatori sugli squali, l’Istituto di Ricerca Tethys, l’organizzazione Reef Check Italia, il Centro Studi Squali dell’Acquario Mondo Marino, Picaia-il portale dell’evoluzione, aree marine protette, il gruppo Costa Endutainment, che gestisce diversi Acquari in Italia, tra i quali l’Acquario di Genova. A livello internazionale, stanno collaborando la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e diverse organizzazioni per la protezione dell’ambiente, dalle organizzazioni europee, alle Filippine, Sud Africa, Nuova Zelanda, Cina.
La diffusione avviene attraverso diverse modalità. Un ruolo importante giocano senz’altro i social network, da facebook a twitter, ma poi anche mailing lists, siti web, passaparola. Al progetto partecipa anche Lara Endrizzi, iscritta al terzo anno del corso di laurea in Biologia all’Università di Padova, che, nell’ambito del suo progetto di elaborato di laurea, sta lavorando attivamente sulla valutazione della percezione della gente nei confronti degli squali, in particolare riferita all’ambito italiano.