La campagna pubblicitaria sulla “vendita di asparagi” era iniziata nei giorni scorsi: l’affissione, su spazi privati, mostrava un mazzo di asparagi rivolto verso il volto di una donna di cui si vedevano unicamente il naso e la bocca aperta tinta di rosso.
C’è perfino chi ha raccolto firme – 78 – contro la scelta dell’assessorato di intervenire. E pensare che non è la prima volta: lo scorso anno il Comune di Bolzano ha fatto ritirare dei manifesti affissi su spazi pubblicitari comunali che pubblicizzavano l'”Erotik Messe – Fiera dell’erotico” dislocati sul territorio. Per la manifestazione di quest’anno gli organizzatori dovranno inviare preventivamente al Comune una bozza del manifesto.
Nel caso degli asparagi, il Comune ha fatto presente alla ditta il proprio dissenso anche facendo riferimento alla delibera del Consiglio comunale n. 27 del 2 marzo 2011 “Città libere dalla pubblicità offensiva della dignità della donna”, con la quale ha deciso di aderire all’iniziativa promossa dal Coordinamento Nazionale dell’UDI (Unione donne in Italia) “Città libere dalla pubblicità offensiva della dignità della donna”.
Gli studi in materia non mancano: il 3 settembre 2008 è stata approvata dal Parlamento Europeo la risoluzione n. 2038 relativa all’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini, e la Commissione del Parlamento europeo sui diritti della donna e la parità di genere in una relazione ha indicato come la pubblicità contribuisca ad alimentare e consolidare gli stereotipi, riducendo esseri umani a oggetti.
Anche a Treviso c’è un precedente: allora però non si è trattato di autodisciplina, ma del boicottaggio annunciato nei confronti di una palestra. Ne era uscita anche una proposta, per le aziende capaci di uscire di questo schema, senza sventolare lati B per la propria promozione.